E l’impianto antincendio entrò in funzione sopra di lei. Nessun allarme sonoro, nessuna segnalazione per avvertire i vicini di casa o i vigili del fuoco. Ma i getti d’acqua fredda che piovevano dal soffitto erano così energici e fitti che Cathy ansimò, accecata, e fu costretta a tornare di corsa nel soggiorno. Subito l’impianto dietro di lei si spense… ed entrò in funzione quello della stanza in cui era appena arrivata. Allora tornò nell’atrio e prese le scale che portavano di sopra, alle camere da letto. I getti d’acqua si spensero nel soggiorno e cominciarono a inondare le scale.
Cathy capì che l’impianto antincendio seguiva lei: senza dubbio il simulacro la stava monitorando attraverso i sensori di movimento del sistema antifurto, quelli che segnalavano l’ingresso dei ladri. Girandosi riuscì a vedere, attraverso il pulviscolo d’acqua, che il LED del videoregistratore adesso era spento… presumibilmente per evitare un corto circuito che avrebbe messo i bastoni fra le ruote al simulacro.
Esausta e inzuppata, senza nessun modo di sfuggire a quella doccia, Cathy decise di andare nel bagno. Se l’impianto antincendio voleva seguirla, almeno sarebbe piovuto nella stanza dove ci sarebbe stato il danno minore. Entrò nella vasca da bagno e sganciò la tendina della doccia, usandola come ombrello per ripararsi dall’acqua fredda.
Tre ore dopo Peter arrivò a casa. La porta d’ingresso si aprì per lui senza problemi, e la luce si accese. Ma quando mise piede nel soggiorno si accorse che la moquette era inzuppata, e sentì lo sgocciolio dei getti d’acqua in funzione al piano di sopra. Corse su per le scale e spalancò la porta del bagno. In quel preciso momento l’impianto antincendio si spense.
La tendina di plastica che copriva la figura seduta nella vasca si scostò, e sotto di essa apparve Cathy, coi capelli appiccicati alla faccia e una luce furibonda nello sguardo. Peter si affrettò ad aiutarla ad alzarsi in piedi, sbalordito. Ma nel respingere le sue mani la voce di lei suonò rigida di rabbia a stento controllata. — Né io, né qualsiasi versione elettronica di me avremmo mai fatto a te una cosa del genere! — dichiarò. — Fra noi due tutto è finito!
Cathy, piuttosto comprensibilmente, rifiutò di trascorrere la notte in casa. Peter dovette accompagnarla in macchina da sua sorella, che aveva un appartamento in centro. Era ancora irritata, ma pian piano lui riuscì a calmarla e al momento di separarsi lei non rifiutò il suo abbraccio. Tornato a casa Peter andò subito nello studio e s’inserì su Internet. Poi spedì un messaggio per posta elettronica su tutte le Reti:
Data: 15 dicembre 2011, ore 23:11 costa orientale
Da: Peter G. Hobson
A: i miei fratelli
Oggetto: richiesta CTR
Ho bisogno di parlare con tutti voi. Conferenza in Tempo Reale su Internet. Vi prego di contattarmi subito.
Non erano passati due minuti che ebbe la risposta.
— Io sono qui — disse uno dei suoi fantasmi.
— Anch’io. Buona sera, Pete — lo salutò un altro.
— Eccomi. Cosa c’è? — domandò il terzo.
Tutti e tre gli fornivano l’output audio attraverso lo stesso chip vocale, e a schermo c’era soltanto il simbolo della CTR. Se non si fossero identificati non c’era alcun modo di sapere quale dei simulacri stesse parlando. Anche sapere i nodi che usavano non gli avrebbe dato alcun indizio. Poco importava, comunque.
— Voglio informarvi che so benissimo cos’è successo — disse Peter. So che uno di voi ha ucciso due persone, e che ha usato la mia identità in alcune operazioni sulle Reti. Ma questa sera costui ha aggredito Cathy. Questo non lo tollero. Cathy non dev’essere minacciata. Né ora, né mai. Sono stato chiaro?
Silenzio.
— Mi avete capito? Ancora nessuna risposta.
Peter sbuffò, esasperato. — Sentite, è ovvio che Sarkar ed io non possiamo far niente per rimuovervi dalle Reti; ma se questo accadrà di nuovo renderemo pubblica la vostra esistenza. La stampa mondiale impazzirà di voluttà nel sapere che tre intelligenze artificiali, una delle quali colpevole di due omicidi, risiedono nelle Reti. Non passerà un’ora prima che molti governi facciano i passi necessari per togliervi di mezzo.
Dall’altoparlante uscì una voce: — Sono certo che tu hai preso un abbaglio, Peter. Nessuno di noi può aver commesso un omicidio. Ma se lo dichiari pubblicamente la gente ti crederà… dopotutto tu sei il famoso Dr. Hobson, ormai. E questo significa che sarai tu ad essere incolpato o biasimato per questi delitti.
— Non m’importa se la stampa mi attaccherà — disse Peter. — Io farò tutto il necessario per proteggere Cathy, anche se fossi certo d’essere giudicato e condannato per omicidio.
— Ma Cathy ti ha fatto del male — disse la voce sintetica. — Più di chiunque altro al mondo, Cathy ti ha fatto soffrire.
— Far soffrire me non è un crimine da pena capitale — disse Peter. — Non sto scherzando: aggreditela un’altra sola volta, spaventatela in qualsiasi modo, e io farò il necessario perché siate annientati tutti e tre. Scoprirò come riuscirci, statene certi.
— Se ti comporterai così — disse lentamente la voce elettronica, — potremmo liberarci di te, per impedire che tu ci danneggi.
— Questo sarebbe un suicidio, in un certo senso — disse Peter. — O un fratricidio. In ogni caso, so che questa è una cosa che io non farei, e ciò significa che non la fareste neppure voi.
— Tu non avresti ucciso neppure quel bastardo di Hans — disse la voce, — eppure vieni ad accusare uno di noi di averlo fatto.
A Peter non piacque sentirlo parlare del morto come lui continuava a fare dentro di sé.
— Non l’avrei ucciso, ma… ma volevo farlo. Io me ne vergogno, tuttavia so benissimo che volevo vederlo morto. Però non ucciderei mai me stesso, non mi passerebbe neanche per la testa l’idea di provarci… e così so che nessuno di voi mi farebbe del male.
— Ma hai affermato che potresti uccidere noi — replicò la voce.
— Questa è un’altra cosa — disse Peter. — Io sono l’originale. Voi lo sapete. Voi sapete che in fondo al cuore io sono convinto che un simulacro generato dal computer non è vivo come una persona in carne ed ossa. E se ne sono convinto io, ne siete convinti anche voi.
— Forse — disse la voce.
— Ma ora uno di voi sta cercando di uccidere Cathy — disse Peter. — Questo deve finire. Cathy non dev’essere minacciata. Non dev’essere spaventata. Non deve succederle niente.
— Ma lei ti ha fatto del male — ripetè la voce artificiale.
— Sì — disse Peter, esasperato. — Mi ha fatto del male. Ma soffrirei molto di più se la perdessi per sempre. La sua morte mi distruggerebbe.
— Perché? — chiese la voce.
— Perché la amo, maledizione. La amo più della vita. La amo con tutte le cellule del mio corpo.
— Ne sei davvero convinto?
Lui si passò una mano sulla faccia. Cercò di riflettere. Era stata soltanto la sua rabbia a parlare così? Stava buttando fuori parole che non pensava realmente? O erano vere… forse più vere che in passato. — Sì — disse a bassa voce, comprendendo il senso di quella domanda. — Sì, la amo davvero fino a questo punto. La amo più di quanto possa dire a parole.