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Peter premette il pulsante del campanello.

Tese gli orecchi. Nessun rumore di passi, nessuna risposta.

Un penny per sentire la tua voce pensò Peter. Dio, qui dentro sta succedendo qualcosa.

Sulla destra della porta c’era uno stretto pannello di vetro opaco alto fino all’architrave, rafforzato da una grata sul lato interno. Peter lo colpì con la chiave inglese, mandandolo in schegge. Poi abbatté la chiave sulla grata con tutta la sua forza. Il metallo si deformò. Lui introdusse un braccio nell’apertura, trovò la serratura, la fece scattare e spalancò la porta con una spallata.

La sua mente lottò per assorbire in un attimo tutto ciò che vedeva. Una breve rampa di scalini conduceva dall’atrio alla cucina e al soggiorno. A destra c’erano le scale, e sull’ingresso della sala da pranzo c’era un uomo alto e robusto con l’uniforme marrone della UPS.

Nella mano destra stringeva un oggetto che sembrava un portafoglio di plastica grigia rigonfio e bulboso. Distesa sul pavimento dietro di lui c’era Sandra Philo, priva di sensi o morta. Accanto alla giovane donna c’era un grosso vaso, rotto. Il rumore che lui aveva sentito. Doveva averlo rovesciato quand’era caduta al suolo.

Lo sconosciuto alzò come una pistola la scatoletta che impugnava e prese la mira su di lui.

Peter esitò una frazione di secondo, poi…

Scagliò la chiave inglese con tutta la forza che potè. Il pesante oggetto roteò nell’aria.

L’uomo premette un pulsante sulla sua arma, che non emise alcun rumore. Peter si gettò al suolo.

In quell’istante la chiave inglese arrivò a bersaglio e colpì alla fronte l’individuo, che vacillò all’indietro e cadde oltre il corpo di Sandra Philo.

Per un momento tutto ciò che Peter riuscì a pensare fu che doveva fuggire via da lì; ma naturalmente non poteva farlo. Si tirò in piedi e andò sulla porta della sala da pranzo. L’uomo si agitava storditamente sulla moquette, quasi privo di sensi e con la fronte insanguinata. Nel passargli accanto Peter raccolse la sua strana arma. Non aveva la minima idea di come usarla, ma poi vide qualcosa di più riconoscibile: il revolver d’ordinanza di Sandra Philo, in una fondina appesa alla spalliera di una sedia a pochi metri da lì. Peter si mise in tasca l’oggetto di plastica grigia e andò a prendere la pistola. Dal centro della stanza la puntò contro l’uomo, che si stava rialzando lentamente.

— Fermo dove sei! — gli intimò. — Fermo lì, o sparo.

— Ma che diavolo… — Il grosso individuo si tastò la fronte con una mano. — Ehi, se fossi te non farei stupidaggini, amico. Io sono un impiegato della UPS — disse, con accento australiano. — La signora è caduta, e io stavo solo cercando di aiutarla.

Peter si rese conto che non sapeva se la pistola di Sandra Philo fosse carica, e neppure se premendo il grilletto avrebbe sparato subito. Probabilmente aveva una sicura di qualche genere. — Certo, certo. Non fare scherzi, e non muoverti.

— Guarda che stai prendendo un granchio. — L’uomo fece un passo verso di lui. — Avanti, amico… non vorrai rischiare di ammazzarmi, no? Posso farti vedere i miei documenti, se vuoi. Purtroppo questa donna si è sentita male, ma io ti assicuro che…

— Io so che tu hai ucciso Hans Larsen — disse Peter. — Io so che sei stato pagato centoventicinquemila dollari per farlo.

Questo colpì l’individuo, che strinse le palpebre. — Tu chi sei? — disse, e fece ancora un passo verso di lui, lentamente.

— Resta lì! — esclamò Peter. — Resta dove sei, o dovrò sparare. — Abbassò lo sguardo sulla pistola. Sì… quella levetta doveva essere la sicura. La spostò e sentì un click. — Stai indietro, ho detto! — gridò ancora. — Guarda che ti sparo!

— No… tu non hai il fegato di farlo, amico — disse l’altro con un sogghigno duro, e continuò a venire avanti. — Adesso ti dico io cosa…

— Non costringermi a farlo! — gridò Peter.

— Dammi quella pistola, amico. Poi potrai andartene fuori da qui, e fingeremo di non esserci mai conosciuti.

— Per favore — disse Peter. — Per favore, fermati!

Il robusto individuo allungò un braccio verso di lui.

Peter chiuse gli occhi.

E sparò…

Il rumore echeggiò assordante fra le pareti.

L’uomo cadde all’indietro.

Peter vide che la pallottola l’aveva colpito di striscio alla tempia. Aveva una lunga ferita rossa di sangue sul lato destro del cranio, sopra l’orecchio.

— Oh, mio Dio. L’ho ammazzato… — gemette, sconvolto. — Oh, mio Dio…

L’uomo era lungo disteso sulla moquette, immobile come la giovane donna dai capelli rossi, morto o svenuto.

A stento capace di vedere dove metteva i piedi, Peter gli girò intorno e andò a guardare meglio Sandra Philo. Su di lei non c’era alcuna traccia di ferite. Stava respirando, dunque era viva, ma nel suo torpore c’era qualcosa di comatoso che non gli piacque.

Tornato nell’ingresso Peter si guardò attorno e notò che il videotelefono, su un tavolino, era acceso. Nella parte superiore dello schermo, pieno di numeri, c’era il simbolo della Royal Bank of Canada. Sandra Philo doveva essere occupata in qualche operazione bancaria effettuabile da casa, quando il killer in uniforme da fattorino aveva suonato alla porta. Peter spense il telefono.

Un rumore lo fece voltare di scatto; l’individuo era in piedi sulla porta della sala da pranzo. La ferita sulla sua tempia non perdeva più sangue, e sotto il cuoio capelluto era visibile quello che sembrava metallo luccicante…

Un rivestimento nanotecnologico. Dio.

Un immortale. Un vero immortale. Be’, perché no? Quel dannato bastardo doveva guadagnare abbastanza da pagarsi il trattamento.

Peter aveva ancora in mano la pistola di Sandra Philo. Lo prese di mira.

— Chi sei? — disse l’altro. Nel parlare scopriva denti giallastri.

— Io sono… sono quello che ti ha ingaggiato — disse Peter.

— Balle.

— Sono io. Ti ho contattato per posta elettronica. Ti ho pagato centoventicinquemila dollari per uccidere Hans Larsen, e centomila per questa detective della Polizia. Ma ho cambiato idea. Ho deciso che lei non deve morire.

— Tu sei Vendicatore? — disse l’uomo. — Sei quello che mi ha pagato per castrare quel tipo?

Buon Dio, pensò Peter. Dunque era quella la mutilazione di cui parlavano i giornali. — Sì — disse, cercando di non mostrare la sua ripugnanza. — Sì.

L’individuo si tastò il cuoio capelluto sulla tempia e fece una smorfia. — Dovrei ucciderti per quello che hai cercato di farmi.

— Puoi tenerti i centomila dollari. Ma vattene all’inferno fuori di qui.

— Che i soldi li tengo è dannatamente certo. Il mio lavoro l’ho fatto.

La situazione di stallo si prolungò per alcuni momenti. L’uomo dall’accento australiano era più alto e robusto di Peter, con un volto duro che non prometteva niente di buono; se avesse avuto fra le mani un’arma non avrebbe esitato a tappargli la bocca per sempre.

Peter tenne la pistola puntata. — So che probabilmente non potrei uccidere un immortale — disse. — Ma un paio di pallottole in corpo possono trattenerti qui disteso in terra fino all’arrivo della polizia. — Deglutì un groppo di saliva. — E credo che una condanna all’ergastolo sia molto spiacevole, per un uomo destinato a vivere per sempre.

— Ridammi il mio lanciaraggi.

— Non se ne parla neppure — disse lui.

— Avanti, amico… quel gingillo costa quaranta sacchi.

— Mettilo sul mio conto. — Peter agitò la pistola verso la porta.

L’uomo soppesò le alternative per un momento, poi annuì. — Non lasciare impronte digitali, amico — lo consigliò voltando le spalle, mentre tornava nell’atrio. Poco dopo era fuori dalla casa, e i suoi passi pesanti si allontanarono lungo il vialetto.