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«Ma, io… io non so, Jay. Credevo che t’interessasse.»

«Certo che mi interessa,» disse Vickers. «Mi interessa molto.»

«Jay, c’è qualcosa sotto.»

«Calmati, Ann,» disse Vickers. «È come dici tu, sicuro. C’è qualcosa sotto.»

«Ma che cosa c’è sotto, Jay? So che c’è di più di quanto ha detto Crawford. Non so come…»

«Neanch’io lo so, Ann. Ma deve trattarsi di una cosa grossa… una cosa molto più grossa di quanto possiamo affrontare io e te. Devo pensarci sopra. Mi piacerebbe capire.»

«Jay,» disse lei, e la tensione era scomparsa dalla sua voce. «Jay, adesso mi sento meglio. Mi ha fatto bene parlare con te.»

«Certo che ti ha fatto bene,» le disse Vickers. «Domattina esci presto di casa, e comprati un mucchio di quei vestiti da quindici centesimi. Vai presto, prima dell’orario di apertura, prima che arrivi la folla.»

«La folla? Quale folla? Non capisco.»

«Ascoltami bene, Ann,» fece Vickers, con forza. «Non appena la notizia si saprà in giro… non appena la gente verrà a sapere che c’è un negozio nel quale si vendono dei vestiti a quindici centesimi… la Quinta Strada sarà invasa dai cacciatori di occasioni come non era mai successo in passato. Ci vorrà la polizia, per tenere a freno la gente.» Fece una pausa, e poi disse, «Naturalmente, ci saranno degli abiti da donna, ma anche da uomo.»

«Be’, sì, Jay.»

«Vedo.» Dopo un’altra breve pausa, aggiunse, pensieroso, «Forse non basterà la polizia. Forse dovrà venire anche l’esercito.»

«Credo che tu abbia ragione,» disse lei. «Mi telefoni domani, Jay?»

«Ti telefonerò.»

Si augurarono la buonanotte, anche se era ancora chiaro, fuori, e Vickers riattaccò, e rimase immobile per un momento, cercando di ricordare che cosa doveva fare subito. Era stata una giornata faticosa, e c’erano molte cose da fare. Doveva pensare a procurarsi qualcosa per cena, naturalmente, e c’erano i giornali da ritirare, e avrebbe fatto bene a guardare se era arrivata la posta.

Uscì, e s’incamminò lentamente per il viottolo, verso la cassetta della posta, al cancelletto. Tirò fuori la solita manciata di lettere, e le sfogliò in fretta, ma c’era ormai così poca luce che non riuscì a vedere cosa fossero. Per lo più, doveva trattarsi di pubblicità, sospettava. E qualche fattura, naturalmente, anche se era solo l’inizio del mese, troppo presto perché cominciassero a fioccare le fatture. Quelle però non mancavano mai.

Sarebbe strano pensare a un mondo senza fatture, si disse. E senza pubblicità.

Eppure, se Crawford aveva ragione, era quello l’obiettivo che i produttori dei nuovi articoli miracolosi si proponevano. Abbattere l’industria mondiale… era un concetto astratto. Ancora più astratto delle grandi riserve di sapienza tra le stelle, pensò. Il mondo aveva sempre avuto, sotto una forma o l’altra, la pubblicità e le fatture.

Ma nessuno aveva mai venduto degli abiti a quindici centesimi. Neppure quando il denaro valeva molto di più di quanto valesse oggi.

Quindici centesimi erano una cifra ridicola, si disse.

Rientrò in casa, accese la lampada sul tavolo, e posò sulla scrivania il fascio di lettere. Sotto la lampada c’era il mucchietto di tubi e dischi che aveva raccolto dal pavimento la notte precedente. Si fermò a guardarli, cercando di inserirli in un’esatta prospettiva temporale. Era accaduto soltanto la notte prima, ma adesso gli sembrava che fossero trascorse delle settimane, da quando aveva scagliato il fermacarte, dopo avere provato quella gelida, irragionevole sensazione di paura. E poi c’era stato quello spicinio, e quella pioggia di minuti frammenti tintinnanti, quelle piccole cose spezzate che rotolavano sul pavimento.

E allora lui si era trovato proprio nel punto in cui si trovava adesso, e aveva capito che c’era una spiegazione, da qualche parte, un indizio, se lui avesse saputo dove trovarlo.

Il telefono squillò di nuovo. Andò a risponedere.

Era Eb.

«Cosa ne pensi?» gli domandò subito, senza perdersi in preamboli.

«Non so cosa pensare,» disse Vickers.

«È nel fiume,» affermò Eb. «Ecco dove si trova. L’avevo detto subito allo scereiffo. Cominceranno a dragare domattina, non appena si alzerà il sole.»

«Non saprei,» rispose Vickers. «Può darsi che abbia ragione tu, ma io non credo che sia morto.»

«Perché non lo credi, Jay?»

«Non ho una sola ragione al mondo,» disse Vickers. «Non ho una vera, solida ragione concreta. È solo un’intuizione.»

«Lo sceriffo era molto interessato a questa tua intuizione. Voleva sapere se il vecchio Flanders ti era sembrato strano, quando vi siete visti l’ultima volta, e ha chiesto anche a me se mi avevi raccontato qualcosa. Tu sei l’ultimo che l’ha visto, prima che…»

«Prima che nessuno lo vedesse più.»

«Sì. Proprio così, Jay.» Eb fece una pausa: «Non è per questo che ti ho telefonato, però. Ti ho chiamato perché mi sono arrivate le auto Aeterna. Sono arrivate nel primo pomeriggio. Ho pensato che, magari, avevi deciso di prenderne una.»

«Per dirti la verità, Eb, non ci ho pensato molto. Sono successe tante cose, in queste ultime ore. Però potrebbe interessarmi.»

«Sai cosa ti dico,» fece Eb, «Domattina te ne porterò una a casa. Così potrai provarla con comodo, e rifletterci un poco. Mi dirai che cosa ne pensi.»

«Molto bene,» disse Vickers.

«Allora d’accordo,» disse Eb. «Ci vediamo domattina.»

«Sì, Eb. Grazie.»

Vickers ritornò alla scrivania, e prese le lettere. Non erano fatture. Sei erano annunci pubblicitari; c’erano degli inviti a manifestazioni improbabili, alle quali lui non avrebbe mai partecipato, e alle quali nessuno desiderava realmente la sua presenza; e infine c’era una semplice busta bianca, senza intestazione, con l’indirizzo scritto in una calligrafia tutta appuntita, che pareva il sogno di un professore di geometria. L’aprì. Dentro c’era un foglio di carta bianca, meticolosamente piegato. Lo spiegò, e lesse.

Mio caro amico Vickers,

spero che non sia troppo stanco per la faticaccia che indubbiamente avrà dovuto sobbarcarsi oggi per cercarmi.

Mi rendo perfettamente conto che le mie azioni costringeranno i buoni abitanti di questo eccellente paese a correre qua e là, trascurando i loro interessi, per quanto non dubiti che se la godranno un mondo.

Sento di poter contare sulla sua discrezione perché no parli di questa lettera, né si impegni più di quanto sia necessario per convincere i nostri vicini delle sue buone intenzioni in quella che sarà per forza di cose una vana ricerca del sottoscritto. Posso assicurarle che sono molto felice, e che solo la necessità del momento mi ha spinto a fare ciò che ho fatto.

Le scrivo questo biglietto per due ragioni. In primo luogo, per tranquillizzarla. In secondo luogo, perché la nostra amicizia mi spinge a darle qualche consiglio non richiesto, licenza delta quale presumo lei vorrà perdonarmi.

Da qualche tempo ho l’impressione che lei si stia chiudendo troppo nel suo lavoro, e che una vacanza sarebbe un’ottima idea, per una persona che si trovi nella sua situazione. Potrebbe darsi che visitare i luoghi della sua infanzia, passeggiare per i sentieri che percorreva da ragazzo, valga a togliere la polvere e ad aiutarla a vedere con occhi più limpidi.

Con sincera amicizia,

Suo Horton Flanders.

15

Non andrò, certo, pensò Vickers. Non posso andare. Non vi andrei per nessuna ragione al mondo, ormai. Quel luogo non significa più niente per me, ormai, e io non voglio che significhi più nulla, dopo tutti gli anni che ho trascorso cercando di dimenticarlo.