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«Ma poi ha scelto Carlo secondo,» disse Sally.

«Precisamente.»

«Il mio,» disse Sally, «è il periodo azteco.»

«Ma il periodo azteco…»

«Lo so,» fece lei. «Non è giusto, vero? Si sa così poco degli aztechi. Ma in questo modo me la cavo meglio, e invento un po’. È molto più divertente.»

George disse:

«È tutta una stupidaggine. Magari andava benissimo pasticciare con i diari e fingere di essere qualcun altro quando non c’era nient’altro da fare. Ma adesso abbiamo da fare, eccome.»

«George ha ragione,» convenne l’altra donna.

«Siete voi attivisti a sbagliare,» sostenne Sally. «La cosa fondamentale, nel Finzionismo, è la capacità di distaccarsi dal tempo e dallo spazio presente, e proiettarsi in un’altra epoca.»

«Stai a sentire,» disse George. «Io…»

«Oh, sono d’accordo che dobbiamo lavorare per questo altro mondo,» disse Sally. «È l’occasione che abbiamo sempre sognato. Ma questo non significa che dobbiamo rinunciare…»

«Piantatela,» disse uno degli uomini, un individuo grande e grosso seduto a capotavola. «Piantatela con queste discussioni. Non è il posto adatto.»

Sally disse a Vickers:

«Stasera abbiamo una riunione. Le piacerebbe venirci anche lei?»

Vickers esitò. Nella luce fioca, vide che tutti lo stavano fissando.

«Sicuro,» disse. «Sicuro. Sarà un piacere.»

Prese la bottiglia e bevve un altro sorso, e poi la passò a George.

«Per un po’, non ci sarà nessuno in giro,» disse George. «Bisogna aspettare che i poliziotti si calmino.»

Bevve un sorso e fece passare la bottiglia.

Un altro mondo dietro l’angolo, e tutti i sogni si concentravano su di esso, pensò Vickers, guardandosi intorno. Un altro mondo dietro l’angolo, e c’era già chi credeva con forza maggiore, e c’erano già coloro che provavano nostalgia per i vecchi sogni. Puristi e attivisti, e ciascuno di loro pensava, sinceramente e onestamente, di essere dalla parte della ragione. E lui era in mezzo a loro, e lo avevano salvato, e desiderava conoscerli meglio, anche se l’intuizione che lo aveva spinto a contare su di loro era già stata dimostrata.

Sarebbe andato alla loro riunione, pensò. Era davvero qualcosa che non pensava di perdere.

46

La riunione stava appena incominciando quando arrivarono Sally e Vickers.

«Ci verrà anche George?» chiese lui.

Sally rise.

«George qui?» chiese.

Vickers scosse il capo. «Immagino non sia il tipo.»

«George è un duro,» disse Sally. «Un entusiasta. Un organizzatore nato. Non so come non sia diventato comunista.»

«E lei? E quelli come lei?»

«Noi siamo propagandisti,» disse la ragazza. «Andiamo alle riunioni. Parliamo agli altri, cerchiamo di accendere il loro interesse. Svolgiamo attività missionaria e reclutiamo i proseliti da mandare a predicare. Quando li troviamo, li affidiamo a gente come George.»

La vecchia signora seduta al tavolo batté con il tagliacarte che usava come mazzuolo.

«Per favore,» disse, con voce irritata. «Per favore. Dichiaro aperta la seduta.»

Vickers prese una sedia per Sally, poi sedette a sua volta. Gli altri tacevano.

La stanza, notò Vickers, in realtà era formata da due camere, il soggiorno e la sala da pranzo, con la vetrata divisoria aperta.

Ceto medio-alto, pensò. Abbastanza elegante per non essere volgare, ma senza la grandiosità e il gusto dei veri ricchi. Veri quadri alle pareti, e un camino provenzale e mobili che probabilmente erano d’epoca, anche se lui non riusciva a identificare i periodi.

Diede un’occhiata alle facce dei presenti e tentò di classificarle. Un tipo dall’aria di dirigente, laggiù… rappresentante di un’industria, avrebbe detto. E quello dai capelli troppo lunghi poteva essere un pittore o uno scrittore, ma non pareva avesse avuto successo. E la donna dai capelli grigioferro e dall’abbronzatura naturale molto probabilmente faceva parte di un giro esclusivo.

Ma non importava: e lui lo sapeva. Era una riunione di appartenenti al ceto medio-alto, in un palazzo dal portiere in uniforme, mentre dall’altra parte della città doveva svolgersi una riunione in un caseggiato dove non c’erano mai stati portinai. E nei piccoli villaggi e nelle cittadine si sarebbero radunati nelle case, magari dal banchiere o dal barbiere. E comunque, qualcuno avrebbe battuto sul tavolo e avrebbe dichiarato aperta la seduta, per favore. E in quasi tutte le riunioni c’era un uomo, o una donna come Sally, che attendeva l’occasione di parlare ai presenti, di fare proseliti.

La vecchia signora disse:

«La signorina Stanhope, secondo il nostro elenco, sarà la prima a leggere, stasera.»

Poi si appoggiò allo schienale della sedia, soddisfatta, ora che li aveva fatti tacere e aveva dato inizio alla riunione.

La signorina Stanhope si alzò e Vickers vide che era la personificazione della donna frustrata nella carne e nello spirito. Aveva quarant’anni, a occhio e croce, e non aveva un uomo, e doveva avere un impiego che tra quindici anni l’avrebbe lasciata finanziariamente indipendente… eppure fuggiva qualche suo spettro, e cercava rifugio dietro il manto di un’altra personalità, una personalità del passato.

La voce della signorina Stanhope era chiara e forte, ma con una tendenza alla leziosità; e leggeva tenendo alto il mento, come una studentessa di dizione, e il suo collo appariva ancora più magro.

«Il mio periodo, come forse ricorderete,» disse, «è la Guerra Civile americana, ambientazione nel Sud.»

E lesse:

13 ottobre 1862 — La Signora Hampton oggi mi ha mandato la carrozza con il vecchio Ned, uno dei pochi servitori che le sono rimasti, poiché quasi tutti gli altri sono fuggiti, lasciandola senza aiuto, una situazione in cui si trovano ormai molti altri di noi…

Una fuga, pensò Vickers, una fuga nell’epoca delle crinoline e della cavalleria, di una guerra cui il tempo aveva tolto la sozzura e il sangue e la sofferenza, facendo dei patetici partecipanti, uomini e donne, figure di una pura nostalgia romantica.

La signorina Stanhope lesse… C’era Isabella e sono stata lieta di vederla, poiché era passato molto tempo da quando ci eravamo incontrate in Alabama…

Una fuga, naturalmente. Eppure adesso quella fuga si trasformava in uno strumento per la predicazione del vangelo di quell’altro mondo, la pacifica seconda terra che stava dietro alla Terra stanca e insanguinata.

Tre settimane, pensò. Solo tre settimane e si sono già organizzati, con i George che gridano e corrono e qualche volta muoiono, e le Sally che svolgono il lavoro più discreto.

Eppure, anche con l’altro mondo davanti a loro, con la promessa della vita che sognano, si aggrappano ancora al vecchio rituale nostalgico del passato odoroso di magnolia. Recavano ancora il marchio del dubbio e della disperazione, e rifiutavano di abbandonare il sogno per paura che la realtà, se l’avessero raggiunta, si sarebbe dissolta al tocco delle loro dita.

La signorina Stanhope continuò a leggere: Sono rimasta per un’ora accanto al letto della vecchia Signora Hampton, leggendole La fiera delle vanità, un libro che le è molto caro, poiché l’ha letto lei stessa, e se l’è fatto leggere moltissime volte dopo l’inizio della sua malattia.

Ma anche se alcuni si aggrappavano ancora al sogno profumato, ve n’erano altri, quelli come George, gli «attivisti», disposti a battersi per la promessa che intuivano nella seconda terra, e ogni giorno sarebbero stati più numerosi quelli disposti a riconoscere la promessa e a lavorare per realizzarla.

Avrebbero diffuso la buona novella e sarebbero fuggiti davanti alla polizia al suono delle sirene, e si sarebbero nascosti nelle cantine buie, per uscirne di nuovo quando la polizia se ne fosse andata.