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«La pura verità,» disse Vickers.

«Qualunque cosa sia, l’idea è buona. Troppo buona. Nulla, all’infuori di una guerra, potrà fermarla.»

«Immagino che la definireste sovversiva.»

«È sovversiva!» rispose Crawford. «È cominciata solo da pochi giorni, e ha già dato risultati copiosi. La gente abbandona il lavoro, lascia la casa, getta via il denaro. La miseria, hanno detto, era la chiave dell’altro mondo. Che razza di commedia avete preparato voialtri mutanti, Vickers?»

«Cosa ne è degli individui di cui parla, Crawford? Di coloro che lasciano il lavoro e gettano via il denaro e si accendono a questa nuova religione, a questa nuova predicazione? Lei ha mai controllato che cosa ne è di loro? Lei, o qualcuno dei suoi… associati?»

Crawford si protese un poco verso di lui. Per quel corpo immobile era un gesto di profonda emozione, quello, un gesto che rivelava il turbamento che l’uomo provava.

«È questo che mi fa paura, Vickers. Quegli individui sono scomparsi; sono scomparsi prima che riuscissimo a rastrellarli.»

«Sono andati nell’altro mondo,» disse Vickers.

«Non so dove siano andati, ma so cosa succederà se permetteremo che questo continui. I nostri operai ci abbandoneranno; saranno pochi, all’inizio, ma poi diventeranno sempre più numerosi, e alla fine…»

«Se lei vuole scatenare davvero quella guerra, si affretti ad allungare la mano verso il bottone.»

«Non vi permetteremo di farci questo,» disse Crawford. «Vi fermeremo, in qualche modo.»

Vickers si alzò, si sporse sopra la scrivania.

«Siete spacciati, Crawford. Siamo noi, quelli che non lasceremo continuare voi e il vostro mondo. Siamo noi…»

«Si sieda,» disse Crawford.

Per un momento Vickers lo fissò, e poi lentamente tornò a sedersi.

«C’è un’altra cosa,» disse Crawford. «Solo un’altra cosa. Le ho parlato degli analizzatori di questa stanza. Bene, non sono soltanto qui. Sono dovunque. Nelle stazioni ferroviarie, nei depositi degli autobus, negli atri degli alberghi, nei ristoranti…»

«Lo immaginavo. È così che mi ha rintracciato.»

«L’avevo già avvertita una volta. Non ci disprezzi perché siamo soltanto umani. Con l’organizzazione dell’industria mondiale alle spalle, noi possiamo fare molte cose, e molto in fretta.»

«Lei è stato troppo furbo,» disse Vickers. «Grazie agli analizzatori, ha scoperto molte cose. E, tra queste, ce ne sono alcune che lei non voleva sapere, in realtà.»

«Per esempio?»

L’espressione di Crawford era impenetrabile, ma gli occhi freddi come pezzi di acciaio fissavano duramente Vickers.

«Per esempio, molti degli industriali e dei banchieri e degli altri che fanno parte della sua organizzazione sono in realtà i mutanti che lei combatte.»

«Non le ho detto che dovevo passare la mano a lei, a questo punto? Le dispiacerebbe dirmi come avete fatto a infiltrarli tra noi?»

«Non li abbiamo infiltrati, Crawford.»

«Non li avete…»

«Cominciamo dall’inizio,» disse Vickers. «Mi permetta di domandarle cos’è un mutante, quella cosa che lei sembra temere tanto.»

«Ma… suppongo che sia un uomo normale dotato di facoltà eccezionali, di un’intelligenza migliore, della comprensione di certe cose che il resto di noi non può afferrare.»

«Supponga che un uomo fosse un mutante e non lo sapesse, ma si considerasse un uomo normale: e allora? Come finirebbe? Medico, avvocato, mendicante, ladro? Finirebbe comunque al vertice. Diventerebbe un medico famoso o un grande avvocato o un artista, o uno scrittore di successo. Potrebbe anche essere un industriale o un banchiere.»

Gli occhi celesti, acuti come proiettili, fissavano Vickers.

«Lei,» disse Vickers, «ha guidato uno dei migliori gruppi di mutanti esistenti oggi al mondo. Uomini che non potevamo toccare perché erano legati troppo strettamente al mondo dei normali. E che cosa intende fare al riguardo, Crawford?»

«Niente. Non andrò certo a dirglielo.»

«Allora glielo dirò io.»

«No,» disse Crawford, «Perché lei, personalmente, è spacciato. Come crede di avere potuto vivere così a lungo, nonostante tutti i nostri analizzatori, nonostante il modo in cui si è esposto così frequentemente a rischi incredibili, nei momenti meno adatti? L’ho lasciata fare, ecco tutto. In un certo senso, sono stato io a proteggerla.»

«Perché pensava di poter concludere un compromesso.»

Lo fissò negli occhi, e non c’erano dubbi sul fatto che lui avesse colpito il bersaglio. Pensieroso, si domandò quale fosse stato il colpo subito da Crawford, il nemico dei mutanti, quando aveva scoperto che i mutanti si trovavano tra i suoi più stretti collaboratori, tra coloro che lui aveva lavorato per proteggere.

Mutanti naturali, ovviamente, e questa era stata un’altra sfaccettatura dell’intuizione di Vickers. Perché altrimenti non sarebbe stato spiegabile quel parziale successo iniziale, quella forza di opposizione che il gruppo rappresentato da Crawford aveva costituito.

Mutanti naturali, ed erano questi gli avversari da combattere, ed erano in realtà avversari che sarebbe stato necessario contattare e raggiungere. Ma Crawford non lo avrebbe permesso. E Vickers non avrebbe potuto convincerli, neppure se avesse parlato. Aveva pensato di giocare una carta, e ora si accorgeva che quella carta, seppure buona, non era stata vincente.

Crawford stava rispondendo alla sua domanda:

«Forse lo pensavo. Ma ora non più. Una volta lei mi era utile. Adesso è un pericolo.»

«Vuole gettarmi ai lupi?»

«È esattamente ciò che voglio fare. Buongiorno, signor Vickers. È stato un vero piacere conoscerla.»

Vickers si alzò.

«Ci rivedremo ancora.»

«Di questo,» disse Crawford, «ho i miei dubbi.»

49

Mentre scendeva nella cabina dell’ascensore, solo, racchiuso nel cubicolo di metallo e cromo, Vickers rifletteva intensamente.

Crawford avrebbe impiegato mezz’ora circa per spargere la voce che lui non era più protetto, che era selvaggina disponibile, che chiunque poteva sceglierlo come bersaglio.

Se si fosse trattato soltanto di lui, non ci sarebbero state difficoltà; ma c’era Ann.

Senza dubbio, anche Ann sarebbe diventata un bersaglio libero, perché ora il dado era tratto, le puntate erano fatte, e Crawford non era il tipo d’uomo che desiderasse giocare secondo le regole, ormai.

Doveva raggiungere Ann. Raggiungerla e dirle tutto in fretta, impedirle di fare domande e farle capire come stavano le cose.

Forse non sarebbe stato difficile farle capire le cose. Lei già sapeva, in quel modo strano che anche Vickers aveva conosciuto. Lei sospettava da tempo che ci fosse qualcosa di strano, in Vickers e in lei stessa, lo aveva detto. La rivelazione fatta al mondo sull’esistenza dei mutanti era stata un’altra scossa… e lo stesso Flanders aveva detto che Ann subiva delle scosse, anche se non forti come quelle alle quali veniva sottoposto lui, Vickers.

Ann era rimasta, malgrado la paura, e si era aggrappata a lui, e non c’era stato bisogno di molte parole… anche se lei aveva espresso qualcosa che le parole avrebbero impedito di spiegare.

Ma non aveva tempo da perdere.

Al piano terreno, uscì insieme agli altri. Mentre si allontanava, vide il ragazzo dell’ascensore lasciare le porte aperte e precipitarsi verso la cabina telefonica.