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Fece una pausa, e fissò Vickers con gli occhi azzurri e vivaci che sbirciavano dalle pieghe di grasso come punte di proiettili.

«La signorina Carter,» proseguì, «mi ha detto che al momento lei è molto occupato.»

«È esatto.»

«Un lavoro importante, immagino,» disse Crawford.

«È quello che spero.»

«Quello che ho in mente io sarebbe più importante.»

«Questo,» fece seccamente Vickers, «è questione di opinioni.»

«Io non le sono simpatico, signor Vickers,» disse Crawford. Era un’affermazione, semplice e piatta, non una domanda, e Vickers si sentì ancor più irritato.

«Signor Crawford,» rispose, freddamente, «io non ho alcuna opinione sul suo conto, in questo momento. Mi interessa soltanto sapere quello che ha da dirmi.»

«Prima di proseguire,» gli disse Crawford, «desidero chiarire che tutto quanto sto per dirle è di carattere riservato.»

«Signor Crawford,» disse Vickers, «sono uno scrittore, ma non mi piacciono le storie di cappa e spada.»

«Questa non è una storia di cappa e spada,» disse Crawford, e per la prima volta la sua voce tradì una sfumatura di emozione. «È la storia di un mondo con le spalle al muro.»

Vickers lo fissò, stupito. Mio Dio, pensò, quest’uomo crede davvero a ciò che dice. Crede davvero che il mondo si trovi con le spalle al muro.

«Forse,» disse Crawford, con voce ancora più sommessa, «lei ha già sentito parlare delle automobili Aeterna.»

Vickers annuì.

«Il padrone del garage, al mio paese, ha cercato di vendermene una proprio stamattina.»

«E delle lamette per barba, e dell’accendino, e delle lampadine che durano in eterno.»

«Possiedo anch’io una di quelle lamette,» disse Vickers, «ed è la migliore che abbia mai avuto. Non credo che sia eterna, naturalmente, ma è ottima, e non ho mai avuto bisogno di affilarla, o di cambiarla. Quando si consumerà, ho intenzione di comprarne un’altra.»

«Non avrà mai bisogno di comprarne altre, se non perde quella che ha. Perché vede, signor Vickers, si tratta veramente di una lametta eterna. E l’automobile è una macchina eterna, proprio come dicono. E forse lei avrà sentito parlare delle case.»

«Non abbastanza per poterne dire qualcosa.»

«Le case sono prefabbricate,» disse Crawford, «E le vendono al prezzo netto di cinquecento dollari a vano… stanze già montate. Può dare in permuta la sua vecchia casa, e gliela scontano a cifre fantastiche, superiori ai valori medi di mercato, e le condizioni di pagamento sono generose… molto più generose, posso aggiungere, di quelle che potrebbe mai prendere in considerazione un istituto finanziario ragionevole. Al riscaldamento e all’aria condizionata provvede una centrale ad energia solare, superiore in tutto e per tutto a ogni cosa che sia stata realizzata fino a oggi… le ripeto, a ogni cosa. I costi sono ridottissimi, i guasti inesistenti, l’inquinamento non esiste. Ci sono naturalmente, dozzine di altri particolari rilevanti, ma quanto le ho detto penso le possa già fornire un’idea.»

«Un’ottima idea, direi. Sono anni e anni che si parla di case a buon mercato, di un’abitazione per tutti, di una soluzione al problema degli alloggi. Se quanto lei mi dice è vero, forse questa è la volta buona.»

«Sì, un’ottima idea,» concesse Crawford. «Sarei l’ultimo a negarlo. Ma quelle case, vede manderanno in rovina le aziende elettriche. La centrale solare fornisce tutta l’energia di cui può esserci ragionevolmente bisogno… calore, illuminazione, forza motrice. Quando lei acquista una di quelle case, non ha bisogno di collegarsi alla rete della zona. La centrale solare pensa a tutto. E non si tratta dell’unico settore che verrà messo in crisi da quelle case. Migliaia di carpentieri, muratori, verniciatori edili, finiranno sul lastrico… saranno costretti a rivolgersi alla catena dei carboidrati. Alla fine, l’intera industria del legname andrà in rovina.»

«Capisco la faccenda dell’energia elettrica,» disse Vickers, «Ma mi pare che non abbia senso quella dei carpentieri e dell’industria del legname. Senza dubbio quelle case saranno fatte di legno, e ci vorranno dei carpentieri per costruirle.»

«Adoperano il legname, infatti, e qualcuno le costruisce, ma il fatto è che non sappiamo chi sia.»

«Potreste accertarvene,» suggerì Vickers, «Mi sembra abbastanza elementare. Deve trattarsi di una grossa organizzazione. Da qualche parte dovranno pure esserci segherie e fabbriche.»

«Esiste una società,» ammise Crawford. «Una società per le vendite. Abbiamo cominciato da lì la nostra indagine, e abbiamo scoperto il magazzino dal quale vengono spedite le unità prefabbricate per la consegna, quando è stata eseguita la vendita. Ma tutto finisce lì. Per quello che abbiamo potuto accertare, quelle case non vengono costruite da nessuna fabbrica. Vengono consegnate da una certa società, di cui conosciamo la ragione sociale e l’indirizzo. Ma a questa società nessuno ha mai venduto un pezzetto di legno. Non risulta l’acquisto di niente… neppure di un cardine, neppure di un chiodo. Non viene assunto nessun operaio. C’è un elenco delle località nelle quali si trovano le sue fabbriche, e le località ci sono, ma le fabbriche no. E, per quello che noi sappiamo, nessuno è mai entrato o uscito dalla sede centrale, almeno dal giorno in cui abbiamo cominciato a sorvegliarla.»

«È una storia fantastica,» obiettò Vickers.

«Certo,» riconobbe Crawford. «Quelle case esistono. Sono fatte di legname e di tutti gli altri materiali che occorrono per costruire una casa. Da qualche parte devono pure esserci gli uomini che le hanno costruite. Il problema è che apparentemente non ci sono.»

Vickers tacque, per un momento.

«Signor Crawford,» disse poi, «mi perdoni una domanda. Perché la cosa le interessa tanto?»

«Be’, ecco,» disse Crawford, «questa è una delle cose che non avevo intenzione di dirle se non in un secondo tempo.»

«L’ho capito: ma me la dica ugualmente.»

«Io desideravo fornirle un quadro generale più particolareggiato, in modo che lei capisse da solo a che cosa miro. Il nostro interesse… direi, anzi, tutta la nostra organizzazione… potranno sembrarle un’assurdità, fino a quando lei non conosce il quadro generale.»

«C’è qualcuno che le fa paura,» disse Vickers. «Naturalmente non vorrà ammetterlo, ma lei ha paura, una paura tremenda.»

«Anche se le sembrerà strano, lo ammetto. Ma non si tratta di me, signor Vickers… si tratta dell’industria, dell’industria del mondo intero.»

«Lei pensa che quelli che fabbricano e vendono le case,» disse Vickers, «siano gli stessi che producono le automobili Aeterna e gli accendini e le lamette e le lampadine.»

Crawford annuì.

«E anche i carboidrati,» aggiunse. «A pensarci bene, è terrificante. Ci troviamo alle prese con qualcuno che rovina le industrie e fa perdere il posto di lavoro a milioni di individui, e poi offre agli stessi milioni di individui il cibo per vivere… lo offre senza tutte le lungaggini burocratiche e gli accertamenti e le difficoltà che fino ad oggi avevano caratterizzato l’assistenza ai disoccupati.»

«Una congiura politica?»

«Qualcosa di più. Noi siamo convinti che si tratti di un attacco perfettamente programmato e preordinato all’economia mondiale… un tentativo deliberato di minare alla base il sistema economico e sociale e quindi, ovviamente, anche il sistema politico. Il nostro modo di vivere è basato sul capitale, privato o pubblico, e sulle retribuzioni che i lavoratori guadagnano con l’attività quotidiana. Se toglie questi due fattori, il capitale e il lavoro, ha stroncato la base stessa di una società ordinata.»

«Noi?» chiese Vickers. «Noi chi?»