La voce di Crawford disse:
«Pronto, Vickers?»
«Richiami la sua muta di cani,» disse Vickers. «Perdono tempo e lo fanno perdere a lei.»
Sentì la rabbia nella voce di Crawford.
«Credevo di averle detto…»
«Si calmi,» disse Vickers. «Si calmi e ascolti. Lei mi ha detto molte cose, ma non ha nessuna possibilità di farmi ammazzare… oppure di paralizzarmi coi gas, in modo da avere un esemplare di mutante impossibilitato a fuggire per i suoi laboratori…»
«Io non…»
«In ogni modo, non ha nessuna possibilità,» disse Vickers, in tono deciso. «I suoi uomini non ci sono riusciti quando mi avevano intrappolato. Quindi, visto che non può eliminarmi, farà meglio a negoziare con me.»
«Negoziare?»
«Esattamente.»
«Senta, Vickers, io non…»
«Ma certo che lo farà,» disse Vickers, «La faccenda dell’altro mondo, ormai, è avviata. I Finzionisti la stanno spingendo e continua ad acquistare forza… è come una valanga, Crawford, che forse si poteva fermare nel momento in cui si staccava dalla vetta, ma è impossibile arrestare quando ha acquistato inerzia e massa e velocità. Ormai il meccanismo in movimento è troppo grande… e voi ne risentite. È ora che lei si decida a ragionare.»
«Sono impegnato con i miei direttori,» disse Crawford.
«Splendido. È proprio con loro che vorrei parlare.»
«Vickers, se ne vada,» disse Crawford. «Non se la caverà così a buon mercato. Non uscirà vivo di qui. Qualunque cosa io faccia, non potrò salvarla, se continua con questa assurdità.»
«Sto salendo da lei.»
«Lei mi è simpatico, Vickers. Non so perché. Non ho nessun motivo di…»
«Sto salendo.»
«E va bene,» disse Crawford, stancamente. «Lei si assume la responsabilità.»
Vickers prese la pizza con il filmato e uscì dalla cabina. C’era un ascensore in attesa: vi si diresse in fretta, con le spalle un po’ curve, come se si aspettasse da un momento all’altro un proiettile nella schiena.
Crawford aveva dato ordine di usare il gas, dunque. Aveva scatenato la muta, e probabilmente aveva saputo che lui sarebbe andato a prendere Ann, eppure non aveva colto l’opportunità per ucciderlo. Lo aveva spaventato e lo aveva indotto ad andarsene. Ma ora non l’avrebbe più protetto. Lo aveva detto. Lui aveva creato un’organizzazione potente, e Vickers aveva sottovalutato in parte quell’organizzazione, ma ora sapeva quale strada scegliere, ed era pronto a correre il pericolo.
«Terzo piano,» disse.
Il ragazzo dell’ascensore non batté ciglio. L’analizzatore doveva avere ormai dato il segnale, ma molto probabilmente l’operatore aveva ricevuto istruzioni particolari, a proposito dei visitatori del terzo piano.
Vickers aprì la porta della North American Research, e Crawford lo stava aspettando in anticamera.
«Venga avanti,» disse Crawford.
Si voltò, e precedette Vickers lungo il corridoio. Vickers consultò il suo orologio ed eseguì un rapido calcolo mentale Andava meglio del previsto. Aveva ancora un margine di due o tre minuti. Per convincere Crawford aveva impiegato meno tempo di quanto avesse immaginato.
Ann avrebbe chiamato tra dieci minuti. Ciò che sarebbe accaduto entro i prossimi dieci minuti avrebbe deciso del successo o del fallimento.
Non del successo o del fallimento di tutto, pensò Vickers. Ci sarebbero state altre strade, certamente. Ma sarebbero state più dure… più difficili. Loro avevano di fronte una resistenza fatta di mutanti, ed era una resistenza dura e implacabile e rabbiosa, e quello che sarebbe scaturito avrebbe creato una catastrofe, e molto sarebbe andato perduto. Per questo lui voleva riuscire.
Dieci minuti, per qualcosa che i mutanti avevano previsto, qualcosa che era stato preparato in vista di una crisi, e la crisi era venuta, e adesso la soluzione era nelle sue mani, nelle mani di Vickers. Tre androidi… Jay Vickers, Ann e il vecchio Flanders, e un destino che era stato preparato, e dieci minuti soltanto avrebbero deciso la situazione.
Crawford si fermò davanti alla porta, in fondo al corridoio.
«Sa quello che sta facendo, Vickers?»
Non gli era nuova, quella domanda.
Vickers annuì.
«Perché,» continuò Crawford, «basterà un minimo errore, e…» sibilò tra i denti, passandosi un dito sotto la gola.
«Capisco perfettamente,» disse Vickers.
«Gli uomini che si trovano là dentro sono disperati. Ha ancora il tempo di andarsene. Non dirò loro che è venuto qui. È il massimo che io possa fare per proteggerla, Vickers.»
«La smetta di temporeggiare, Crawford.»
«Un momento. Cos’ha lì?»
«È un documentario,» disse Vickers. «Servirà a spiegare meglio quanto ho da dire. Ha un proiettore, là dentro?»
«Quale tipo di proiettore?»
«Un proiettore normale. Non occorrono apparecchiature speciali.»
«Abbiamo molti tipi di proiettori. Mi faccia vedere.»
Sospettoso, quasi temendo un trucco, Crawford osservò per un momento la pizza. Poi annuì, brevemente
«Sì, abbiamo il proiettore. Ma non abbiamo l’operatore.»
«Farò funzionare io stesso l’apparecchio,» disse Vickers. «Ne avrei portato uno io stesso, ma temevo che lei diffidasse… temendo qualche trucco dei mutanti.»
«Lei dice che c’è una proposta di accordo?»
«Una soluzione, Crawford. Una soluzione.»
Crawford non impiegò molto tempo a prendere una decisione.
«Benissimo, allora. Entri.»
Le veneziane erano abbassate, la stanza era immersa nella penombra, e il lungo tavolo intorno al quale sedevano gli uomini presentava una fila di volti bianchi girati verso di loro.
Vickers seguì Crawford attraverso la stanza, camminando sui folti tappeti. Guardò gli uomini seduti intorno al tavolo, e molti di loro erano personaggi pubblici, volti famosi che nessuno poteva ignorare.
Alla destra di Crawford, ora, c’era un banchiere, uno degli uomini che decidevano le sorti dell’economia del mondo, e oltre questo un uomo che veniva spesso chiamato alla Casa Bianca e incaricato di missioni semidiplomatiche per le quali nessun diplomatico di carriera sarebbe mai stato prescelto. E c’erano anche altri che riconobbe, e molti altri che non riconobbe affatto, e alcuni indossavano gli abiti tipici di altri paesi.
Quello, dunque, era il consiglio direttivo della North American Research: della North American Research, e delle organizzazioni che avevano altri nomi, in altri paesi, ma che facevano sempre capo a essa. Quelli erano gli uomini che guidavano il destino dei normali contro la minaccia dei mutanti… gli uomini che i mutanti non potevano raggiungere, gli uomini che implacabilmente difendevano il genere umano dalla minaccia di sopraffazione e di estinzione, gli uomini che si credevano neanderthalensi armati di clava, pronti a combattere l’impari battaglia contro i mutanti armati di lance e di fuoco e di intelligenza superiore.
Quelli erano i disperati di Crawford.
La figura di Crawford era imponente, anche in quella vasta sala. Egli prese la parola:
«È accaduta una cosa strana e inaspettata, signori,» disse. «Una cosa veramente molto strana. Abbiamo un mutante tra noi.»
In silenzio, i volti sbiancati si girarono verso Vickers, esprimendo confusi sentimenti… curiosità, avversione, sgomento, sorpresa… ma soprattutto disperazione, una disperazione fredda che brillava sui loro volti come la luce delle stelle palpitava nel cielo sereno. Lo fissarono, poi distolsero lo sguardo, e Crawford riprese a parlare.
«Il signor Vickers,» proseguì, «è una nostra vecchia conoscenza, una conoscenza di una certa importanza. Ricorderete che abbiamo già discusso di lui. Un tempo avevamo la speranza che lui potesse aiutarci a riconciliare le posizioni contrastanti dei due rami nei quali si è scisso il genere umano. Era una speranza motivata, che si rivelò poi superata dagli avvenimenti.