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«A questo fine, ho preparato due alternative da sottoporre al Presidente. Ho voluto essere sicuro che ciascuna fosse inaccettabile, conoscendo la mentalità e il carattere dell’uomo, in modo che lui mi ordinasse di procedere con il piano originario. Io voglio il futuro!

Chaney domandò: — Scandalizzato?

Un breve cenno d’assenso. — Il Presidente è un uomo religioso: un fedele praticante. Non permetterà mai un lancio sulla scena della Crocifissione, con nastri e pellicole.

— No… non lo permetterà. — Chaney rifletté per un momento. — Ma a causa delle conseguenze politiche, non di quelle religiose. Ha paura del popolo e ha paura dei politici.

— Se questo fosse vero, la seconda alternativa sarebbe più spaventosa.

Sulla difensiva. — Dove… o che cosa?

— La seconda alternativa è Dallas, nel novembre 1963. Io propongo di registrare l’assassinio di Kennedy in una maniera mai fatta prima. Propongo di collocare un operatore al quinto piano di quel magazzino, sopra la strada; propongo di collocare un secondo operatore in quel boschetto sul poggio, per porre fine a ogni discussione; propongo di collocare un terzo operatore… lei… sul marciapiede, accanto all’auto di Kennedy, nel punto preciso in cui egli possa filmare gli spari dalla finestra o dagli alberi. In questo caso avremo un preciso documento fotografico e sonoro del delitto, Chaney.

Capitolo settimo

Il TDV fu una completa delusione.

Brian Chaney ebbe l’irrazionale sensazione di essere stato truffato. Forse si era aspettato troppo; una prodigiosa macchina aerodinamica, lucida e scintillante, un oggetto di cromo e cristalli e smalto, appena uscito dalla catena di montaggio; o forse un mostro meccanico hollywoodiano, un fantastico leviathan irto di cavi, tentacoli elettronici avviluppati e frementi, un gigante che minacciasse di sprofondare nel pavimento, per colpa del suo peso insostenibile. Forse si era lasciato trascinare troppo dall’immaginazione, e per questo la realtà era tanto deludente.

Il veicolo non era niente di tutto questo. Era una specie di fusto di benzina tozzo e sgradevole alla vista, con il numero 2 dipinto su un fianco. Non era per niente romantico. Era squallido e funzionale.

Il TDV pareva un fusto ili benzina troppo cresciuto, fabbricato a mano utilizzando qualche pezzo assortito di alluminio e di plastica… materiali che parevano presi tra i rifiuti, per rappezzare un lavoro semplice e sbrigativo. Chaney pensò subito a una Ford Modello I che aveva visto in un museo, e a un fragile, traballante biplano che aveva visto in un altro museo; quei due pezzi d’antiquariato non gli erano parsi in grado di muoversi di un solo centimetro. Il TDV era una specie di secchio sgraziato di plastica e alluminio, racchiuso in un serbatoio eli acqua polimerica; l’intera apparecchiatura occupava un piccolo spazio in uno scantinato quasi spoglio. Il TDV non pareva capace di muoversi neppure di un minuto.

Il cilindro era lungo circa due metri e dieci, e la circonferenza era appena sufficiente a dare alloggio a un uomo corpulento, che doveva stare disteso; il viaggiatore del tempo doveva andare nel futuro e nel passato restando coricato e supino, disteso su una specie di griglia metallica, con due maniglie situate all’altezza delle spalle, poggiando i piedi su un pedale posto in fondo alla macchina. In alto, c’era uno stretto portello che permetteva di entrare e di uscire. La parte anteriore del cilindro era stata tagliata… apparentemente si trattava di un ripensamento dei tecnici… e l’apertura era stata colmata con una bolla trasparente, che permetteva di osservare la parete, con l’orologio e il calendario. Una telecamera e un compatto cubo metallico, ermeticamente sigillati, erano posti sulla bolla. Diversi cavi elettrici, grossi, come un pollice umano, emergevano dal fondo del veicolo e attraversavano sinuosamente il pavimento del sotterraneo, per sparire nella parete che separava il locale delle operazioni dal laboratorio. Una scaletta era appoggiata al serbatoio di acqua polimerica.

Il congegno era deludente. Pareva costruito in cantina da qualche volonteroso scienziato dilettante della domenica.

— Quell’aggeggio funziona? — domandò Chaney.

— Certamente — rispose Seabrooke.

Chaney scavalcò i cavi, e girò intorno al veicolo, seguendo l’invito di un tecnico. L’orologio e il calendario erano appesi a una parete, protetti da una bolla ili plastica trasparente. Sopra di essi… come avvoltoi appollaiati in attesa della preda… c’erano due piccole telecamere, che inquadravano il sotterraneo. Un armadietto metallico, sistemato accanto alla porta e assicurato saldamente alla parete, era destinato a contenere gli abiti dei viaggiatori Nel soffitto alto delle lampade invisibili mandavano una luce brillante e fredda e fastidiosa. La stanza pareva fredda, ma stranamente asciutta, per essere un sotterraneo; c’era un odore pungente, che pareva di ozono, e uno sgradevole sentore di polvere smossa di recente.

Chaney posò la mano sulla superficie eli alluminio, e la sentì fredda. Avvertì una leggerissima scarica di elettricità statica.

— Come hanno fatto le scimmie a guidarlo? — domandò.

— Non l’hanno guidato, naturalmente — rispose il tecnico, con aria disgustata. (Forse era sprovvisto di senso dell’umorismo.) — Questo veicolo è stato progettato per funzionare con comandi in duplex, signor Chaney. Tutti i lanci di collaudo sono stati collaudati dal laboratorio; anche il suo lancio verrà effettuato nello stesso modo. Alla partenza saremo noi a darle il calcio d’avvio.

Chaney si rese conto che l’ultima frase doveva avere un doppio senso.

— Quando il veicolo è programmato per il controllo a distanza — proseguì il tecnico, — può essere lanciato in direzione della data prescelta o del punto di partenza schiacciando il pedale che si trova sotto i piedi del passeggero. Come vede, l’espressione “calcio d’avvio” va presa alla lettera. Saremo noi a darle il calcio d’avvio, ma quando la missione sarà ultimata sarà lei a effettuare il ritorno. Noi richiameremo il veicolo solo in caso di emergenza.

— Immagino che il veicolo resterà ad aspettarci?

— Certamente. Dopo l’arrivo sull’obiettivo il veicolo sarà “bloccato” in un punto temporale, e vi rimarrà finché non sarà “sbloccato”, da lei oppure da noi. Il veicolo non può muoversi, se non grazie a una spinta elettrica, e questa spinta deve essere continua. I tacheogeneratori offrono la spinta, che reagisce sopra uno schermo deflettore il quale fornisce la velocità inerziale. Il TDV funziona in uno stato di vuoto, creato artificialmente, che precede il veicolo di un millesimo di secondo, creando in pratica un proprio “corridoio” temporale. I termini “spinta” e “velocità inerziale” vengono usati per comodità, in mancanza di termini più precisi. La spinta si identifica nella tensione elettrica. È tutto chiaro?

— No — disse Chaney.

Il tecnico lo guardò, apparentemente esasperato.

— Forse lei dovrebbe leggere un buon libro sui sistemi tacheodeflettori.

— Può darsi. Dove posso trovarne uno?

— Da nessuna parte. Non ne sono stati scritti.

— A sentirla, parrebbe la descrizione del moto perpetuo.

— Non lo è, mi creda. Questa macchina assorbe energia, eccome.

— Immagino che ci sia davvero bisogno di quel reattore nucleare?

— Non avanza niente… il reattore alimenta solo questo laboratorio.

Chaney mostrò la sua sorpresa.

— Credevo che fornisse di energia anche il resto della base. Quanta energia è necessaria per lanciare questo veicolo nel futuro?

— Il veicolo assorbe cinquecentomila kilowatt di energia a ogni lancio.

All’unisono, Chaney e Arthur Saltus emisero un fischio prolungato.