Si accorse di avere le ginocchia piegate, e provò un acuto dolore alle gambe; l’interno di quella tinozza non era stato preparato per un uomo alto un metro e ottantacinque e costretto a dividere lo spazio con una telecamera e un giroscopio. Chaney abbassò le ginocchia e si distese completamente sulla cuccetta, ma dimenticò completamente l’esistenza del pedale, fino a quando non lo urtò col piede. La luce rossa si spense.
Dopo qualche tempo qualcuno bussò sulla bolla di plastica, e Chaney si girò, a fatica, e vide Arthur Saltus che gli faceva segno di uscire. Aprì il portello e si mosse, in modo da mettersi a sedere. Quando fu in una posizione più comoda, scoprì che, appoggiando il mento sul bordo del portello, poteva guardare l’interno della stanza.
Saltus era in piedi, accanto al veicolo, e gli sorrideva:
— Bene, signore, che cosa ne pensa di questo?
— Di che cosa?
— Be’, del… — Saltus si interruppe, e Io fissò, incredulo. — Civile, mi vuol far credere di non avere guardato l’orologio, standosene appollaiato lassù come un idiota?
— Io ho guardato le luci; mi pareva di essere a Natale.
— Signore, il suo collaudo è terminato. Ha visto i nostri, no? Ha controllato il tempo?
— Sì, ho controllato il suo.
— Be’, lei ha fatto un balzo nel futuro! Un’ora nel futuro!
— Io non sono andato da nessuna parte!
— Lei è andato nel futuro, civile! Cosa credeva di fare, là dentro… la siesta? Lei avrebbe dovuto guardare l’orologio. È andato un’ora nel futuro, e poi si è proiettato indietro, schiacciando il pedale. Quel vecchio tecnico presuntuoso era inferocito… avrebbe dovuto aspettare che fosse lui a farlo. Gli ha rovinato il divertimento.
— Ma io non ho sentito niente, non ho provato nessuna sensazione!
— Lei non sente niente, là dentro; solo qua fuori si sente. Amico, e noi abbiamo sentito, eccome! Quel dannato rumore che le fracassa i timpani, e poi il sibilo e tutto il resto. E il tecnico avrebbe dovuto dirle che non si avvertiva alcuna sensazione di movimento; si sale, si chiude il portello, lo si apre, e si scende. Balzando avanti e indietro di un’ora. — Saltus fece una smorfia. — Civile, a volte lei mi delude.
— A volte mi deludo da solo — disse Chaney. — Ho perduto l’ora più emozionante della mia vita. Immagino che fosse emozionante. Guardavo le luci e aspettavo che accadesse qualcosa.
— È accaduto qualcosa, infatti. — Saltus discese dalla scaletta. — Venga giù e si vesta. Dobbiamo ascoltare una conferenza del vecchio chiacchierone, nel laboratorio… e dopo dovremo esaminare le provviste di bordo. Le difese antiatomiche, il cibo, l’acqua e il resto; quando arriveremo sull’orlo del 2000 forse dovremo sopravvivere proprio con quelle provviste. E se trovassimo tutto razionato, e fossimo sprovvisti delle tessere?
— Potremmo chiamare Katrina per farci dare le tessere.
— Ehi… Katrina sarà vecchia, non ci ha pensato? Avrà quarantacinque, cinquant’anni, forse… non so quanti ne abbia adesso. Una vecchia… accidenti!
Chaney sorrise della sua concezione di vecchiaia.
— Non ci sarà tempo per gli appuntamenti romantici. Dovremo dare la caccia ai repubblicani, ricorda?
— Penso che abbia ragione… e non ne avremo neanche l’occasione. Quando saremo arrivati nel futuro, non dovremo cercare nessuno: né Katrina, né Seabrooke, e neppure noi. Soprattutto hanno paura che troviamo noi stessi. — Fece un gesto annoiato. — Si infili i pantaloni. Maledette conferenze. Le odio… mi addormento sempre.
La conferenza era tenuta da un gruppo di tecnici. Il maggiore Moresby ascoltava con estrema attenzione. Chaney ascoltava con un orecchio solo, spostando spesso l’attenzione su Kathryn Van Hise, che era seduta a un’estremità della sala. Arthur Saltus dormiva.
Chaney avrebbe preferito che le informazioni venissero fornite, come al solito, con le copie fotostatiche che Katrina distribuiva nel corso delle loro riunioni di studio. Il metodo era molto più pratico, per quanto riguardava Chaney; le informazioni scritte restavano con lui, sopra una pagina che poteva essere riletta quando lui voleva, richiamandosi a un periodo precedente per chiarire meglio il significato di un determinato particolare. Era più difficile fare richiami in un discorso, dove i paragrafi precedenti svanivano nell’aria con le vibrazioni di suono, e non si poteva fare alcuna domanda… perché le domande avrebbero interrotto l’oratore, spezzando il filo del ragionamento e la monotona cantilena che faceva dormire Saltus. Il sistema ideale sarebbe stato quello di fornirgli il testo della conferenza in aramaico o ebraico, dicendogli di tradurlo; in questo modo l’attenzione e l’impegno di Chaney sarebbero stati assi curati.
Così, lui seguiva il discorso con un occhio solo e un orecchio solo.
Le date di arrivo. Quando una data di arrivo era scelta, e i dati che la riguardavano erano disponibili, i computer determinavano l’esatto quantitativo di energia necessaria per raggiungere la destinazione, e poi immettevano la quantità richiesta nel tacheogeneratore in una sola volta. La conseguente scarica che si abbatteva sul deflettore produceva la velocità inerziale, dislocando gli strati temporali davanti al veicolo, lungo un “corridoio” nel tempo programmato in anticipo; gli strati dislocati creavano un vuoto nel quale il veicolo si muoveva verso la data prescelta, restando sempre sotto la guida del giroscopio a protoni di mercurio. (Chaney pensò: moto perpetuo.)
Il tecnico disse:
— Non potrete giungere a più di ottantotto minuti di distanza dall’ora della data di arrivo prevista dai piani, fissata nell’anno 2000. Il margine di errore è di quattro minuti all’anno; questo deve essere previsto. Ma c’è un altro importante elemento da ricordare, per quanto riguarda il tempo, un elemento che non dovete in alcun caso trascurare. Cinquanta ore. Potete passare cinquanta ore sull’obiettivo, in qualsiasi data, ma non dovrete in alcun caso superare questo periodo. È un limite stabilito da noi. Certamente, signori, la sicurezza del viaggiatore è di primaria importanza fino a un cento punto. Fino a un certo punto. — Guardò Saltus, che continuava a dormire. — Dopo questo punto, il recupero del veicolo diventa a sua volta di primaria importanza.
— Mi sembra di aver capito — disse Chaney. — Noi possiamo essere sostituiti; il veicolo no.
— Non posso essere d’accordo sulle parole usate, signor Chaney. Preferisco dire che, al termine delle cinquanta ore, il veicolo verrà richiamato per permettere a un secondo viaggiatore di ripartire, se questo sarà ritenuto consigliabile, alla ricerca e all’eventuale salvataggio del primo.
— Se sarà possibile rintracciarlo aggiunse Chaney.
— Voi non dovrete restare sul “bersaglio” oltre il limite prestabilito di cinquanta ore. — Le parole vennero pronunciate con aria molto definitiva. Possediamo un solo veicolo; non vogliamo perderlo.
— Il periodo è sufficiente — assicurò Moresby. — Dopotutto potremo svolgere il nostro lavoro in ventiquattro ore.
Dopo avere terminato il programma di esplorazione, ciascuno di loro avrebbe dovuto ritornare nel laboratorio, sessantuno secondi dopo il lancio, indipendentemente dal tempo trascorso sul “bersaglio” — com’era chiamato l’obiettivo dai tecnici — sia che esso fosse stato di un’ora, sia che fosse stato di un giorno. Il tempo trascorso sul “bersaglio” non avrebbe avuto alcuna influenza sul loro ritorno. L’unica influenza sarebbe stata fisica, per le ore trascorse durante la missione; quelle poche ore di naturale invecchiamento non avrebbero potuto essere, naturalmente, neutralizzate o recuperate.