Le necessità e alcuni dei lussi della vita erano immagazzinati nel deposito: cibo, medicine, abiti e pellicce, armi, denaro, telecamere e cineprese, registratori, radio a onde corte, attrezzi e strumenti. Se delle barriere capaci di durare per cento o più anni fossero state realizzate nel prossimo futuro, sarebbero state aggiunge al già cospicuo inventario. Le radio erano in grado di trasmettere e ricevere su tutti i canali civili e militari; funzionavano elettricamente e a batteria. Se le batterie non fossero state disponibili, sarebbe stata usata l’elettricità della base. Il deposito era fornito di fili di caduta d’antenna, che permettevano di collegare le radio a un’antenna esterna, ma una volta fuori, nella data d’arrivo, delle mini-antenne incapsulate negli apparecchi avrebbero permesso di stabilire un contatto entro un raggio di circa cinquanta miglia. Il deposito era fornito di lampade a petrolio e di stufette da campo; nella parete esterna si trovava un serbatoio d combustibile.
Dopo essere uscito dal veicolo, ciascun viaggiatore doveva chiudere lo sportello e annotare con esattezza l’ora e la data. Doveva confrontare l’ora indicata dal suo orologio con l’orologio alla parete, per determinare le variazioni in più o in meno. Prima di lasciare il sotterraneo, per entrare nel campo d’esplorazione vero e proprio, la data bersaglio, doveva rifornirsi nel deposito, e prendere nota di qualsiasi segno di uso recente del locale. Gli era proibito di aprire qualsiasi altra porta, o di enti are in qualsiasi altra stanza dell’edificio; in particolare, gli era proibito di entrare nel laboratorio in cui i tecnici avrebbero preparato il lancio di ritorno, e nella stanza d’addestramento, dove qualcuno avrebbe potuto attendere che passasse il tempo di arrivo e di partenza.
Il viaggiatore doveva percorrere il corridoio del sotterraneo, dirigendosi verso il retro dell’edificio, doveva salire una rampa di scale e aprire la porta per uscire. Avrebbe ricevuto esatte istruzioni sul luogo in cui trovare le due chiavi necessarie ad aprire le serrature gemelle della porta. Solo i tre componenti della squadra avrebbero usato quella porta.
Chaney domandò: — Perché?
— In codice viene chiamata “porta delle operazioni”. È vietato a chiunque di usarla, tra il personale della base, all’infuori dei tre viaggiatori prescelti per la missione.
Al di là della porta si trovava un parcheggio. Delle automobili sarebbero state tenute pronte in qualsiasi momento, per loro uso esclusivo; sarebbero state pronte e rifornite di carburante, in ogni data di arrivo. I viaggiatori avevano l’ordine di non usare alcun tipo di auto di nuovo modello, senza conoscerne perfettamente i comandi e il funzionamento. A ogni viaggiatore sarebbero stati forniti i documenti necessari per superare il cancello d’uscita, e una ragionevole somma di denaro in previsione delle possibili spese.
Saltus si era svegliato. Diede una gomitata a Chaney.
— In cinquanta ore si può raggiungere in volo la Florida… andare a fare una nuotata e tornare qui in tempo. Ecco la sua occasione, civile.
— Posso arrivare a Chicago a piedi, anche — rispose Chaney.
La loro missione consisteva nell’osservare, filmare, registrare e verificare; in una parola, raccogliere il massimo possibile di dati in ogni “lancio” nel futuro. Dovevano anche essere fatte delle osservazioni (delle quali era necessario lasciare una documentazione permanente nel deposito) a beneficio del viaggiatore che sarebbe giunto dopo sull’obiettivo. Dovevano riportare nel loro tempo tutti i nastri e le pellicole usati nella missione, ma gli strumenti dovevano essere lasciati nel deposito, per essere usati dal viaggiatore successivo. Un certo numero di piccoli dischi metallici, del peso di un’oncia ciascuno, sarebbe stato posto a bordo del veicolo prima del lancio; per compensare il peso dei nastri e delle pellicole che sarebbero stati portati a bordo nel viaggio di ritorno, il viaggiatore doveva gettare fuori bordo l’esatto numero corrispondente di dischi, una volta arrivato nella data prescelta.
Nessuno aveva delle domande da fare?
Arthur Saltus fissò il tecnico con occhi assonnati. Il maggiore Moresby disse: — Per il momento nessuna, grazie. — Chaney scosse il capo.
Kathryn Van Hise richiamò la loro attenzione.
— Signor Chaney, tra mezz’ora lei ha un’altra visita di controllo. Quando avrà finito, la prego di venire al poligono; deve iniziare il suo addestramento nell’uso delle armi.
— Non andrò in giro per Chicago sparando all’impazzata… di gente così ce n’è abbastanza oggi.
— Questo viene fatto per proteggerla, signore.
Chaney aprì la bocca per continuare a protestare, ma fu interrotto bruscamente. Il suono parve quasi un elastico massiccio scagliato contro i suoi timpani, seguito dal suono di un martello che picchiava su un blocco di aria compressa. Si udiva un rumore d’impatto, seguito da un sospiro riluttante, come se il martello stesse rimbalzando, con un movimento lento, attraverso un fluido oleoso. Il suono faceva male.
Si voltò a guardare i tecnici, con una domanda sulle labbra, e vide che i tecnici si guardavano negli occhi, attoniti. Senza degnarli di un’occhiata, i tecnici uscirono di corsa dalla stanza.
— E adesso cosa diavolo…? — disse Saltus.
— Qualcuno ha rubato un passaggio — replicò Chaney. — Faranno bene a contare le scimmie… forse ne manca una.
— Non c’era alcun collaudo in programma — disse Katrina.
— La macchina può partire da sola?
— No, signore. Deve essere attivata da un comando umano.
Chaney ebbe un sospetto, e diede un’occhiata all’orologio. Il sospetto sbocciò in una convinzione, e Chaney fu costretto a soffocare una risatina.
— Quello ero io, che stavo finendo il mio collaudo. Ho premuto per caso quel pedale, circa un’ora fa.
— Il mio collaudo non ha prodotto un rumore simile — obiettò Saltus. — E neppure quello di William.
Chaney gli mostrò l’orologio.
— Lei ha detto che sono andato avanti di un’ora. Adesso è passata un’ora. Voi due siete ritornati schiacciando il pedale?
— No… abbiamo aspettato che fossero i tecnici a richiamarci.
— Ma io ho premuto il pedale; io sono partito da qui, un minuto fa, dando il calcio d’avvio, come ha detto il nostro tecnico. — Guardò la porta dalla quale i tecnici erano usciti. — Se il computer ha registrato una perdita di energia, è stata colpa mia. Pensate che mi detrarranno la spesa dallo stipendio?
Erano all’aperto, sotto il sole caldo di un pomeriggio d’estate. Il cielo dell’Illinois era scuro e nuvoloso, sull’orizzonte occidentale; la notte imminente prometteva un temporale.
Arthur Saltus guardò le nubi temporalesche, e disse:
— Lei pensa che quei tecnici siano dei geni o dei ciarlatani? Pensa che sappiano davvero quello che dicono? Scariche di energia e corridoi nel tempo e serbatoi che non perdono e acque che non filtrano?
Chaney si strinse nelle spalle.
— Un pelo forse divide il falso e il vero. Sono loro a tenere in mano il gioco.
Saltus gli lanciò un’occhiata penetrante.
— Lei ha ricominciato a citare… e mi sembra che abbia cambiato ispiratore. E che abbia fatto un po’ di testa sua.
— Avrò cambiato una parola o due — ammise Chaney. — A volte lo faccio. Ricorda il resto? Le altre tre righe?
— No.
Chaney ripeté la strofa, e Saltus disse: — Sì.
— Benissimo, comandante. Quella macchina, laggiù, è il nostro Alif; il TDV è un Alif. Con lui, potremo andare in cerca della casa del tesoro.
— Forse.
— Niente forse; noi possiamo farlo. Possiamo cercare in tutte le case del tesoro della storia. Gli archeologi e gli storici impazziranno di gioia. — Seguì lo sguardo dell’uomo e fissò l’orizzonte occidentale; gli parve di udire un basso brontolio di tuono. — Se questo non fosse un progetto politico, non sarebbe sprecato su Chicago. L’Istituto Smithsoniano saprebbe come usare diversamente il veicolo.