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Perrin trattenne un altro sospiro. «Nemmeno io credo che lo farà. In realtà penso che ti consideri una complicazione. Probabilmente ti offrirà del denaro per mandarti via.»

Faile piantò le mani sui fianchi e si mosse per fissarlo dall’alto in basso. «È tutto quello che hai dai dire?»

«Cosa vuoi che dica? Che voglio che resti?» La rabbia nella propria voce lo stupì. Era arrabbiato con se stesso, non con lei. Perché non lo aveva previsto, perché non sapeva come gestirlo. Gli piaceva essere in grado di ponderare sulle cose. Era facile offendere le persone senza volerlo quando eri troppo precipitoso. Lo aveva appena fatto. Gli occhi scuri di Faile erano sgranati per lo stupore. Perrin cercò di addolcire le parole. «Voglio che resti, Faile, ma forse dovresti andare via. Lo so che non sei una vigliacca, ma il Drago Rinato, i Reietti...» Non che altrove fosse davvero sicuro — ormai non per molto — eppure c’erano posti più sicuri della Pietra. Almeno per un po’. Non che lui sarebbe stato così stupido da dirglielo.

Ma non sembrava che a lei importasse come lui la metteva. «Rimanere? Che la Luce mi illumini! Qualsiasi cosa è meglio che starsene qui seduta come una roccia, ma...» si inginocchiò graziosamente davanti a lui, appoggiandogli le mani sulle ginocchia. «Perrin. Non mi piace chiedermi quando uno dei Reietti mi sbucherà di fronte da dietro un angolo, e non mi piace chiedermi quando il Drago Rinato ci ucciderà tutti. Dopotutto lo fece già durante la Frattura. Uccise tutti quelli che gli erano vicini.»

«Rand non è Lews Therin Kinslayer» protestò Perrin. «Voglio dire, è il Drago Rinato, ma non è... non farebbe...» Perrin lasciò cadere la frase, non sapendo come finirla. Rand era Lews Therin Telamon rinato; questo significava essere il Drago Rinato. Ma significava anche avere la stessa sorte di Lews Therin? Non solo impazzire — ogni uomo capace di incanalare aveva quella prospettiva davanti a sé, quindi la morte per decomposizione — ma anche uccidere tutti quelli che gli volevano bene?

«Ho parlato con Bain e Chiad, Perrin.»

Non fu una sorpresa. Faile trascorreva molto tempo con le donne aiel. Quell’amicizia le creava qualche difficoltà, ma sembrava che le donne aiel le piacessero così tanto che disdegnava le nobildonne di Tairen. Perrin però non vedeva il legame con ciò di cui stavano parlando, e lo disse.

«Dicono che Moiraine a volte chiede loro dove sei. O dov’è Mat. Non capisci? Non lo farebbe se potesse controllarti con il Potere.»

«Controllarmi con il Potere?» ripeté piano. Non lo aveva mai considerato.

«Non può. Vieni con me, Perrin. Poteremmo trovarci trenta chilometri al di là del fiume, prima che se ne accorga.»

«Non posso» rispose miseramente. Cercò di distoglierla con un bacio, ma la ragazza balzò indietro e arretrò così rapidamente che Perrin quasi cadde a faccia avanti. Non aveva senso seguirla. Aveva le braccia incrociate sotto al petto come una barriera.

«Non dirmi che hai così tanta paura di lei. So che è un’Aes Sedai e vi sta facendo ballare tutti ogni volta che tira i fili. Forse ha il... Rand... legato così stretto che non può liberarsi, e la Luce sa che Egwene, Elayne e anche Nynaeve non vogliono, ma se vuoi, tu puoi spezzare le sue corde.»

«Non ha niente a che vedere con Moiraine. È ciò che devo fare. Devo...»

Faile lo interruppe. «Non osare propinarmi tutte quelle ciance maschili su l’uomo che deve compiere il suo dovere. Conosco il dovere bene quanto te, e tu qui non ne hai. Potrai anche essere ta’veren, anche se non lo vedo, ma lui è il Drago Rinato, non tu.»

«Vuoi ascoltare?» gridò furioso, e la ragazza sobbalzò. Non aveva mai gridato con lei prima d’ora, non a quel modo. Faile sollevò il mento e spostò le spalle, ma non disse nulla. Perrin proseguì. «Credo di essere parte del destino di Rand, in qualche modo. Anche Mat. Penso che non possa fare quello che deve a meno che non compiamo la nostra parte. Questo è il dovere. Come posso andarmene se ciò potrebbe significare il fallimento di Rand?»

«Potrebbe?» C’era un accenno di domanda nella voce di Faile, ma solo un accenno. Perrin si chiese se sarebbe riuscito a gridare con lei più spesso. «Te l’ha detto Moiraine? Ormai dovresti sapere che devi ascoltare attentamente cosa ti dice un’Aes Sedai.»

«L’ho concluso da solo. Penso che i ta’veren sono attratti uno verso l’altro. O forse è Rand che attira me e Mat. In teoria Rand dovrebbe essere il più forte ta’veren dopo Artur Hawkwing, forse fin dalla Frattura. Mat non vuole nemmeno ammettere di essere ta’veren, ma comunque provi ad allontanarsi, finisce sempre di nuovo con Rand. Loial mi ha detto di non aver mai sentito di tre ta’veren della stessa età e tutti provenienti dallo stesso posto.»

Faile tirò su con il naso sonoramente. «Loial non sa tutto. Non è molto vecchio per la razza ogier.»

«Ha più di novant’anni» puntualizzò Perrin sulla difensiva, e Faile gli rispose con un sorriso teso. Per un Ogier novanta anni significava non molto più grande di Perrin. Forse più giovane. Non sapeva molto degli Ogier. In ogni caso, Loial aveva letto più libri di quanti Perrin ne avesse visti o di cui avesse sentito parlare; a volte pensava che Loial avesse letto ogni libro che fosse stato stampato. «E sa più di quanto ne sappiamo tu o io. Crede che possa avere ragione. Come anche Moiraine. No, non glielo ho chiesto, ma per quale altro motivo mi controlla? Pensi che voglia che le costruisca un coltello da cucina?»

Faile rimase in silenzio per un momento, e quando parlò, lo fece con tono comprensivo. «Povero Perrin. Io ho lasciato la Saldea per trovare l’avventura, e adesso che mi ci trovo in pieno, nella più grande dai tempi della Frattura, tutto quello che voglio fare è andare altrove. Tu vuoi solo essere un fabbro, e finirai nelle storie, che tu lo voglia o no.»

Perrin distolse lo sguardo, anche se il profumo di Faile ancora gli riempiva la testa. Non credeva che ci sarebbero state storie su di lui, a meno che il suo segreto non si diffondesse ben oltre i pochi che già ne erano al corrente. Faile pensava di sapere tutto ciò che lo riguardava, ma si sbagliava.

Un’ascia e un martello erano appoggiati contro la parete di fronte, entrambi semplici e funzionali, con il manico lungo quanto il suo avambraccio. L’ascia era un’atroce lama a mezzaluna bilanciata da uno spesso puntale, creata per la violenza. Con il martello poteva creare oggetti; ne aveva creati, alla fucina. Il martello pesava più del doppio dell’ascia, ma era la seconda che sembrava più pesante ogni volta che la prendeva in mano. Con l’ascia aveva... si accigliò, non voleva pensarci. Faile aveva ragione. Tutto ciò che voleva era essere un fabbro, andare a casa, vedere nuovamente la sua famiglia e lavorare alla fucina. Ma non sarebbe accaduto; lo sapeva.

Si alzò per raccogliere il martello, quindi si sedette nuovamente. Impugnarlo gli dava una sensazione confortante. «Mastro Luhan dice sempre che non puoi allontanarti da ciò che dev’essere fatto.» Sì sbrigò a chiudere la frase perché si era accorto che era un po’ troppo vicino a ciò che Faile aveva chiamato ciance maschili. «È il fabbro giù a casa, l’uomo da cui ero apprendista. Te ne ho parlato.»

Con sorpresa di Perrin, Faile non colse l’opportunità di riprenderlo. Non disse nulla. Si limitò a guardarlo, aspettando qualcosa. Dopo un momento gli venne in mente.

«Allora stai andando via?»

Faile si alzò sistemandosi la gonna. Rimase a lungo in silenzio, come se stesse ponderando la risposta. «Non lo so» disse alla fine. «Mi hai infilata in un bel caos.»

«Io? Che cosa ho fatto?»

«Be’, se non lo sai, non sarò di certo io a dirtelo.»

Grattandosi la barba fissò il martello nell’altra mano. Probabilmente Mat sapeva con certezza cosa intendeva. O anche il vecchio Thom Merrilin. Il menestrello dai capelli bianchi dichiarava che nessuno capiva le donne, ma quando era uscito dalla sua piccola stanza nel cuore della Pietra, si era ritrovato immediatamente con una mezza dozzina di ragazze, abbastanza giovani da poter essere sue nipoti, che sospiravano e lo ascoltavano suonare l’arpa, mentre raccontava grandi avventure e storie romantiche. Faile era la sola donna che Perrin voleva, ma a volte si sentiva come un pesce che cercava di capire un uccello.