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«Mat.» Estean sventolò le carte con una mano, sistemandole come se non riuscisse a decidere in quale ordine dovevano stare. «Mat, parlerai al lord Drago, vero?»

«Di cosa?» chiese cautamente Mat. Troppi di questi Tarenesi per i suoi gusti sapevano che lui e Rand erano cresciuti insieme, e sembravano credere che Mat fosse a braccetto con Rand ogni volta che non lo vedevano. Nessuno di loro si sarebbe avvicinato al proprio fratello, se poteva incanalare. Mat non sapeva perché lo consideravano più sciocco.

«Non l’ho detto?» L’uomo dal viso semplice osservò le carte, si grattò la barba, quindi sospirò. «Sì, la proclamazione, Mat. Il Lord Drago. L’ultima. Quando ha proclamato che i cittadini comuni hanno il diritto di chiamare un signore davanti a un magistrato. Chi ha mai sentito parlare di un signore convocato da un magistrato? E per dei contadini!»

Mat strinse il sacchetto fino a quando le monete all’interno stridettero fra loro. «Sarebbe una vergogna» rispose calmo «se venissi processato e giudicato solo per aver fatto quel che volevo con la figlia di un pescatore, indipendentemente dalla volontà della ragazza, o per aver fatto percuotere qualche contadino che ha macchiato di fango il mio mantello.»

Gli altri cambiarono posizione a disagio, consapevoli dell’umore di Mat, ma Estean annuì, con la testa che ciondolava come se stesse per cadere. «Esattamente. Anche se non arriverebbe a quel punto. Un signore processato davanti a un magistrato? Certo che no. No davvero.» Rise ubriaco guardando le carte. «Nessuna figlia di pescatore. Puzzano di pesce, vedi, anche se le fai lavare. Una contadina in carne è meglio.»

Mat si disse che si trovava lì per scommettere. Si disse di ignorare il blaterare di quell’idiota, di ricordarsi quanto oro poteva prendergli dalla borsa. Ma la lingua non ascoltò. «Chi sa a cosa si arriverà? Impiccagioni, forse.»

Edorion lo guardò di traverso, circospetto e a disagio. «Dobbiamo parlare di... di gente comune, Estean? Che cosa mi dici delle figlie del vecchio Astoril? Hai già deciso quale sposerai?»

«Cosa? Oh. Oh, suppongo che lancerò una moneta.» Guardò cupo le carte, ne spostò una, e si accigliò. «Medore ha due o tre inservienti graziose. Forse Medore.»

Mat bevve un lungo sorso di vino dalla sua coppa d’argento per evitare di colpire l’uomo sulla sua faccia da contadino. Era ancora alla prima coppa; i due servitori avevano smesso di tentare di riempirla ulteriormente. Se avesse colpito Estean, nessuno avrebbe alzato una mano per fermarlo. Nemmeno Estean. Perché era amico del Lord Drago. Desiderava trovarsi in qualsiasi taverna della città, dove qualche portuale gli avrebbe fatto domande sulla sua fortuna e solo una lingua svelta, piedi o mani veloci gli avrebbero permesso di tornare a casa tutto d’un pezzo. Non che fosse uno sciocco, però.

Edorion lanciò un’altra occhiata a Mat, scandagliandone l’umore. «Ho sentito una voce oggi. Ho sentito che il lord Drago ci condurrà in guerra con Illian.»

Mat quasi si strozzò con il vino. «Guerra?» Sputò il vino.

«Guerra.»

Reimon concordò felice, il cannello della pipa fra i denti.

«Ne sei certo?» chiese Carlomin, e Baran aggiunse: «Non ho sentito voci.»

«L’ho sentito proprio oggi, da tre o quattro lingue.» Edorion sembrava assorto nelle carte. «Chi può dire quanto ci sia di vero?»

«Dev’esserlo» rispose Reimon. «Con il lord Drago che ci guida, impugnando Callandor, non dovremo nemmeno combattere. Disperderà i loro eserciti e marceremo dritti dentro Illian. Peccato, in un certo qual modo. Che la mia anima bruci se non lo è. Mi piacerebbe avere la possibilità di battermi con gli Illianesi.»

«Non ne avrai nessuna con la guida del lord Drago» rispose Baran. «Cadranno in ginocchio non appena vedranno la bandiera del Drago.»

«E se non lo fanno» aggiunse Carlomin con una risata «il lord Drago li farà esplodere con un fulmine proprio dove si trovano.»

«Prima Illian» puntualizzò Reimon. «E poi... Poi conquisteremo il mondo per il lord Drago. Riferiscigli che l’ho detto, Mat. Il mondo intero.»

Mat scosse la testa. Un mese fa, sarebbero rimasti terrorizzati anche dalla sola idea di un uomo che poteva incanalare, un uomo destinato a impazzire e morire orrendamente. Adesso erano pronti a seguire Rand in battaglia, e confidare nel suo potere per vincerla. Fidarsi del Potere, anche se probabilmente non l’avrebbero presentata in quel modo. Ma pensava dovessero trovare qualcosa a cui aggrapparsi. La Pietra invincibile era nella mani degli Aiel. Il Drago Rinato era nelle sue stanze trecento metri sopra le loro teste e Callandor con lui. Tremila anni di credenze di Tairen e storia erano andati in rovina, e il mondo era stato sovvertito. Si chiese se lui l’avesse presa meglio; il suo stesso mondo era andato a gambe all’aria in meno di un anno. Fece roteare una corona d’oro di Tairen sul dorso delle dita. Per quanto gli fosse andata bene, non sarebbe tornato indietro.

«Quando marceremo, Mat?» chiese Baran.

«Non lo so» rispose lentamente. «Non credo che Rand darà il via a una guerra.» A meno che non sia già impazzito. E il solo pensarci era eccessivo.

Gli altri lo guardavano come se li avesse assicurati che il sole non sarebbe sorto l’indomani.

«Naturalmente siamo tutti leali al Drago.» Edorion guardò cupo le sue carte. «Fuori nelle campagne però... ho sentito dire che alcuni Sommi signori, pochi, hanno cercato di assemblare un esercito per riprendere la Pietra.» Di colpo nessuno guardava più Mat, e sembrava che Estean stesse ancora cercando di capire le sue carte. «Quando il lord Drago ci guiderà in guerra, naturalmente, tutto svanirà. In ogni caso noi siamo leali, qui nella Pietra. Anche i Sommi signori, ne sono certo. Sono solo quei pochi in campagna.»

La loro fedeltà non sarebbe sopravvissuta alla paura del Drago Rinato. Per un momento Mat si sentì come se stesse progettando di abbandonare Rand in una fossa di vipere. Poi si ricordò cos’era Rand. Era più come abbandonare una donnola in un pollaio. Rand era stato suo amico. Il Drago Rinato però... Chi potrebbe essere amico del Drago Rinato? Non sto abbandonando nessuno. Probabilmente potrebbe fargli crollare la Pietra sulla testa, se lo volesse. Anche sulla mia, pensò. Si ripeté che era giunto il momento di andare via.

«Nessuna figlia di pescatore» mormorò Estean. «Parlerai con il lord Drago?»

«È il tuo turno, Mat» si intromise ansiosamente Carlomin. Sembrava mezzo spaventato, ma cosa temesse — che Estean facesse nuovamente arrabbiare Mat, o che il discorso potesse tornare sulla lealtà — era impossibile da decifrare. «Comperi la quinta carta o stai?»

Mat si accorse di non aver prestato attenzione. Tutti tranne lui e Carlomin avevano cinque carte, anche se Reimon aveva quasi accatastato le sue vicino al mucchio di monete per mostrare che era fuori. Mat esitò, facendo finta di pensare, quindi sospirò e lanciò un’altra moneta sul mucchio.

Mentre la corona d’argento rimbalzava da un lato all’altro, percepì di colpo la fortuna cambiare da un rivolo a una piena. Ogni tintinnio dell’argento contro il tavolo di legno gli risuonava chiaramente in testa; avrebbe potuto dire testa o croce e sapere come la moneta sarebbe atterrata a ogni rimbalzo. Proprio come sapeva quale sarebbe stata la quinta carta, prima che Carlomin la depositasse davanti a lui. Fece scivolare le carte tutte assieme sul tavolo, quindi le dispose a ventaglio in una mano. Il governatore di fiamme lo fissava assieme agli altri quattro, l’Amyrlin Seat che teneva una fiamma in bilico sul palmo della mano, anche se non assomigliava affatto a Siuan Sanche. Qualunque cosa provassero i Tarenesi nei confronti delle Aes Sedai, riconoscevano il potere di Tar Valon, anche se le fiamme erano il seme più basso.

Quali erano le possibilità che ti venissero serviti tutti e cinque? La fortuna di Mat funzionava meglio con gli eventi casuali, come i dadi, ma forse qualcosa di più stava incominciando con le carte. «Che la Luce mi riduca le ossa in cenere se non è così» mormorò. O era ciò che intendeva dire.