«Ecco!» gridò Estean. «Non puoi negarlo stavolta. Quella era la lingua antica. Qualcosa riguardo bruciare e ossa.»
Sorrise guardandosi intorno. «Il mio tutore sarebbe fiero. Dovrei mandargli un regalo. Se riesco a scoprire dov’è andato.»
I nobili in teoria dovevano essere in grado di parlare la lingua antica, anche se pochi in realtà conoscevano più di quanto sembrava sapere Estean. I giovani lord cominciarono a discutere su cosa avesse detto Mat esattamente. Sembrava pensassero fosse un commento sul caldo.
A Mat venne la pelle d’oca mentre cercava di rammentare le parole che aveva appena pronunciato. Una serie di parole insensate, eppure gli sembrava quasi di dover capire. Che Moiraine bruci! Se mi avesse lasciato in pace, non avrei buchi nella memoria grandi abbastanza da farci passare un carro con tutto il tiro, e non zampillerei... qualunque maledetta cosa sia! pensò. Si sarebbe ritrovato anche a mungere le vacche di suo padre invece che andarsene in giro per il mondo con le tasche piene d’oro, ma riuscì a ignorare quella parte.
«Siete qui per giocare» chiese duramente «o per ciarlare come delle vecchie donne che lavorano a maglia?»
«Per giocare» rispose Baran bruscamente. «Tre corone d’oro!» Lanciò le monete sul piatto.
«Più altre tre.» Estean singhiozzò e aggiunse sei corone d’oro al mucchio.
Reprimendo un sorriso, Mat si dimenticò della lingua antica. Era abbastanza facile; non voleva pensarci. D’altro canto se iniziavano a giocare forte, poteva vincere abbastanza in questa mano da poter andare via la mattina successiva. E se è così pazzo da iniziare una guerra, me ne andrò anche se dovessi farlo a piedi, pensò.
Fuori, nell’oscurità, un gallo cantò. Mat cambiò posizione a disagio e si disse di non essere sciocco. Non sarebbe morto nessuno.
Gli occhi gli caddero sulle carte e... batté le palpebre. La fiamma dell’Amyrlin era stata sostituita da un coltello. Mentre si stava dicendo che era stanco e aveva delle visioni, la donna gli affondò la piccola lama sul dorso della mano.
Con un grido rauco lanciò via le carte e si buttò indietro rovesciando la sedia e colpendo il tavolo con entrambi i piedi mentre cadeva. L’aria sembrò solidificarsi come miele. Tutto si muoveva come se il tempo fosse rallentato, ma allo stesso tempo tutto sembrava accadere simultaneamente. Altre grida fecero eco alle sue, grida sorde che risuonavano come in una caverna. Mat e la sedia si spostarono lentamente indietro e verso il basso; il tavolo galleggiava verso l’alto.
Il governante di fiamme era sospeso in aria e diventava sempre più grande, lo fissava con uno sguardo crudele. Adesso, quasi a dimensione umana, la donna iniziò a uscire dalla carta; era ancora un’immagine dipinta, senza profondità, ma si protese verso di lui con la lama rossa del suo sangue come se gliela avesse già affondata nel cuore. Al suo fianco il governatore di coppe cominciò a crescere. Il Sommo signore di Tairen estrasse la spada.
Mat fluttuava, ma riuscì in qualche modo a raggiungere il pugnale nascosto nella manica sinistra e con lo stesso movimento lo scagliò dritto verso il cuore dell’Amyrlin. Il secondo pugnale gli scivolò con grazia nella mano sinistra. Lo lanciò con eleganza anche maggiore. Le due lame si spostarono lentamente nell’aria come i pappi del cardo. Mat voleva gridare, ma quel primo grido di sorpresa e oltraggio ancora gli riempiva la bocca. Il governante di bastoni stava crescendo fra le prime due carte, la regina di Andor impugnava lo scettro come un randello, i capelli rosso oro incorniciavano il ringhio di una pazza.
Mat stava ancora cadendo e gridava quello strano urlo contratto. L’Amyrlin era uscita dalla carta, il Sommo signore camminava a grandi passi con la spada in pugno. Le figure piatte si muovevano quasi con la sua stessa lentezza. Quasi. Aveva provato che l’acciaio fra le loro mani poteva tagliare, e senza dubbio lo scettro poteva spaccare un cranio. Il suo.
I pugnali che aveva lanciato si muovevano come se stessero affondando nella gelatina. Era certo che il gallo avesse cantato per lui. Qualunque cosa sostenesse suo padre, il presagio era reale. Ma non si sarebbe arreso e morto. In qualche modo estrasse altri due pugnali dalla giubba, uno in ciascuna mano. Faticando per voltarsi a mezz’aria, per mettersi in piedi, lanciò uno dei pugnali contro la figura dai capelli rosso oro con il randello. L’altro lo tenne in mano mentre cercava di voltarsi, di atterrare pronto ad affrontare...
Il mondo ondeggiò di colpo tornando al movimento normale Mat atterrò goffamente su un fianco, con tale forza che rimase senza fiato.
Disperatamente si alzò in piedi, estraendo un altro pugnale da sotto la giubba. Non se ne potevano portarne troppi, riteneva Thom.
Né l’uno né l’altro servirono.
Per un momento pensò che carte e figure fossero svanite. O forse si era immaginato tutto. Forse era lui che stava impazzendo. Quindi vide le carte, di nuovo della misura normale, appuntate a uno degli scuri pannelli di legno da uno dei suoi pugnali che ancora vibrava. Sospirò profondamente.
Il tavolo giaceva da un lato, le monete erano sparse a terra dove i giovani signori e i servì erano accovacciati fra le carte sparpagliate. Guardavano a bocca aperta Mat e i suoi pugnali, quelli in mano e quelli conficcati nella parete, con occhi egualmente sgranati. Estean afferrò una brocca d’argento che in qualche modo non si era rovesciata e incominciò a versarsi il vino in gola, con l’eccedenza che gli colava sul mento e sul petto.
«Solo perché non avevi le carte vincenti» esclamò Edorion rauco «non c’era bisogno di...» si interruppe scosso dai brividi.
«Lo hai visto anche tu» Mat fece scivolare nuovamente i pugnali nei foderi. Un sottile rivolo di sangue gli colava dal dorso della mano dalla piccola ferita. «Non pretendere di essere diventato cieco!»
«Non ho visto nulla» intervenne Reimon rigido. «Niente!» Cominciò a strisciare sul pavimento, raccogliendo oro e argento, concentrandosi sulle monete come se fossero la cosa più importante del mondo. Gli altri stavano facendo lo stesso, tranne Estean, che annaspava brancolando alla ricerca di boccali nei quali ci fosse ancora una goccia di vino. Uno dei servitori aveva il viso nascosto fra le mani; l’altro, a occhi chiusi, sembrava stesse pregando in un basso piagnucolio senza fiato.
Borbottando un’imprecazione, Mat si recò a grandi passi nel punto in cui aveva inchiodato le tre carte ai pannelli di legno. Erano di nuovo semplici carte da gioco, solo cartoncini con la laccatura chiara spaccata. Ma la figura dell’Amyrlin stringeva ancora il pugnale invece della fiamma. Sentì il sapore del sangue e si accorse che stava succhiandosi il taglio sul dorso della mano.
Liberò velocemente il pugnale, tagliando ogni carta in due prima di riporlo. Dopo un po’ cercò fra le carte che erano a terra finché non trovò i governatori di denari e vento, e strappò anche queste. Si sentiva leggermente stupido — era tutto finito; le carte erano di nuovo solo carte — ma non poteva farci nulla.
Nessuno dei giovani lord che procedevano carponi provò a fermarlo. Si toglievano goffamente dalla sua traiettoria, senza nemmeno guardarlo. Non si sarebbe giocato più quella notte, forse nemmeno per qualche altra sera. Almeno non con lui. Qualunque cosa fosse accaduta, era stata chiaramente diretta contro di lui. E doveva essere stata compiuta con l’uso dell’Unico Potere. I giovani signori non volevano saperne.
«Che tu sia folgorato, Rand!» mormorò a denti stretti. «Se devi impazzire, lasciami fuori da tutto questo!» La sua pipa era spezzata in due, il cannello rotto di netto. Raccolse rabbiosamente il sacchetto di monete da terra e lasciò la stanza a lunghi passi.
Nella camera da letto scura Rand era gettato scomodamente su un letto abbastanza grande per cinque persone. Stava sognando.
Da una foresta ombrosa Moiraine lo incitava con un bastone appuntito verso il punto dove lo aspettava l’Amyrlin Seat, seduta su un ceppo, fra le mani una cavezza da mettergli al collo. Delle figure indistinte si muovevano, appena visibili, fra gli alberi, camminavano a lunghi passi, gli davano la caccia; in un punto la lama di un pugnale lampeggiò nella luce debole, in un altro vide di sfuggita delle corde pronte a legarlo. Snella e non più alta della sua spalla, Moiraine aveva un’espressione che non le aveva mai visto in volto. Paura. Sudando, lo incitò maggiormente, cercando di farlo andare più velocemente verso la cavezza dell’Amyrlin. Gli Amici delle Tenebre e i Reietti nell’ombra, il guinzaglio della Torre Bianca davanti e Moiraine dietro di sé.