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Con gli occhi scuri ancora sgranati, Berelain si lanciò lungo i confini della prigione invisibile con mani tremanti. Il viso era bianco quasi quanto la striminzita veste di seta. Sgabello, stivale e libro giacevano ai piedi della donna, ammucchiati con il vestito.

«Per quanto lo rimpianga» le spiegò Rand «non parleremo nuovamente, se non in pubblico, mia signora.» Lo rimpiangeva sul serio. Qualunque fossero le ragioni della donna, era bellissima. Che io sia folgorato, sono uno sciocco! si disse. Non era sicuro se lo fosse perché pensava che era bellissima o perché stava mandandola via. «In realtà è meglio se organizzi il tuo rientro a Mayene al più presto possibile. Ti prometto che Tear non causerà nuovamente problemi a Mayene. Hai la mia parola.» Era una promessa valida solo fino a quando sarebbe vissuto, forse solo per il tempo in cui sarebbe rimasto nella Pietra, ma doveva offrirle qualcosa. Una benda per l’orgoglio ferito, un regalo per distoglierle la mente dalla paura.

Ma la paura della donna era già sotto controllo, almeno dall’esterno. Onestà e schiettezza colmavano il viso di Berelain, tutti gli sforzi per affascinarlo ormai svaniti. «Perdonami. Ho gestito malamente questa situazione. Non intendevo offenderti. Nel mio paese, una donna può discutere apertamente le sue idee con un uomo, o lui con lei. Rand, devi sapere che sei un uomo attraente, alto e forte. Sarei io quella fatta di pietra se non lo vedessi e ammirassi. Ti prego, non allontanarmi da te. Ti implorerò se lo desideri.» Si inginocchiò con grazia, come se danzasse. L’espressione ancora diceva che era sincera, che stava confessando tutto, ma, al tempo stesso, inginocchiandosi aveva fatto in modo di tirare ancora più in basso il già precario indumento, che sembrava in serio pericolo di cadere del tutto.

«Ti prego, Rand.»

Anche schermato dal vuoto com’era, rimase a bocca aperta, e non aveva nulla a che vedere con la bellezza o il fatto che fosse quasi nuda. Be’, solo parzialmente. Se i difensori della Pietra fossero stati determinati solo la metà di questa donna, allora mille, diecimila Aiel non avrebbero potuto prendere la Pietra.

«Sono lusingato, mia signora» rispose diplomaticamente. «Credimi, lo sono. Ma non sarebbe giusto nei tuoi confronti. Non posso darti ciò che meriti.» E lascia che deduca quel che vuole, aggiunse mentalmente.

Fuori, nell’oscurità, un gallo cantò.

Con sorpresa di Rand, Berelain fissò di colpo lo sguardo oltre lui. con gli occhi grandi come piattini. Spalancò la bocca e la sottile gola si incordò a causa di un grido che non voleva uscire. Rand si voltò di scatto, con la lama giallo-rossiccia di nuovo fra le mani.

Dall’ateo lato della stanza, uno degli specchi sui piedistalli gli proiettava indietro la propria immagine, un giovane uomo alto, con i capelli rossicci e gli occhi grigi, che indossava solo biancheria intima di lino e impugnava una spada ottenuta dal fuoco. L’immagine riflessa avanzò sul tappeto, sollevando la spada.

Sono impazzito, pensò. Il pensiero vagò al limitare del vuoto.

No! Anche lei lo ha visto. È reale.

Colse un movimento alla sua sinistra con la coda dell’occhio. Si voltò prima di pensare, sollevando la spada nella figura de la luna che sorge sulle acque. La lama squarciò la sagoma — la sua — che usciva da uno specchio sulla parete. La forma ondeggiò, esplose come tanti granelli di polvere che galleggiavano in aria, quindi svanì. L’immagine di Rand riapparve nello specchio, ma mentre lo faceva, mise le mani sulla cornice dello specchio. Rand era consapevole del movimento in tutti gli specchi della stanza.

Disperatamente affondò la lama contro lo specchio. I vetri argentati si frantumarono, ma sembrò che l’immagine si frantumasse prima. Gli sembrò di sentire un grido distante nella testa, la propria voce che urlava e sfumava. Mentre i frammenti di specchio cadevano, Rand sferzò all’infuori con il Potere. Ogni specchio della stanza esplose silenziosamente, facendo piovere i pezzi di vetro sul tappeto. Il grido morente che aveva nella testa rimbombava, inviandogli brividi lungo la schiena. Era la sua voce.

Si voltò di scatto per affrontare la figura che era uscita dallo specchio, proprio in tempo per bloccarne l’attacco, il ventaglio dispiegato contro le pietre che rotolano dalla montagna. La figura balzò all’indietro, e Rand si rese improvvisamente conto di non essere solo. Per quanto avesse distrutto gli specchi velocemente, altre due immagini riflesse erano sfuggite. Adesso stavano in piedi davanti a lui, tre copie di se stesso, complete di ferita raggrinzita e rotonda su un fianco, tutte che lo fissavano, con i volti deformati dall’odio e dal disprezzo, con un’insolita brama. Solo gli occhi delle sagome sembravano vuoti, privi di vita. Prima che potesse respirare, gli corsero incontro.

Rand si fece di lato con i frammenti di vetro rotto che gli tagliavano i piedi, passando di posizione in posizione, di figura in figura, cercando di affrontarne una alla volta. Stava usando tutto ciò che Lan, il Custode di Moiraine, gli aveva insegnato della scherma nelle esercitazioni quotidiane.

Doveva combattere contro tre entità contemporaneamente; se si fossero sostenute a vicenda sarebbe morto durante il primo minuto, ma ognuna lo combatteva per conto suo, come se le altre non esistessero. Anche così, non riusciva a bloccare del tutto le loro lame; in pochi minuti il sangue gli sgorgò dai lati del viso, dal torace e dalle braccia. La vecchia ferita si aprì, aggiungendo il suo flusso a macchiare di rosso la biancheria. Le figure avevano le sue conoscenze come i suoi lineamenti, ed erano tre contro uno. Le sedie e i tavoli caddero; porcellane del Popolo del Mare dal valore inestimabile giacevano a pezzi sul tappeto.

Rand sentiva la propria forza decrescere. Nessuna delle ferite che aveva riportato era fatale, tranne la vecchia ferita, ma tutte assieme... Non pensò nemmeno per un momento di chiedere aiuto agli Aiel fuori la porta. Le spesse pareti avrebbero smorzato anche un grido di morte. Qualsiasi cosa andasse fatta, doveva farla da solo. Combatteva avvolto nella fredda inespressività del vuoto, ma la paura grattava ai suoi limiti come i rami degli alberi agitati dalle folate di vento contro le finestre nella notte. La lama di Rand scivolò oltre uno degli opponenti per fendere un viso proprio sotto gli occhi — non poté fare a meno di sobbalzare; era il suo viso — il proprietario del viso che scivolava indietro quel tanto che bastava per evitare il taglio mortale. Il sangue sgorgava dai tagli, velando la bocca e il mento di cremisi, ma il volto deturpato non cambiò espressione, e quegli occhi vuoti non vacillarono mai. Lo voleva morto allo stesso modo in cui un uomo affamato bramava il cibo.

C’è qualcosa che possa ucciderli? si chiese. Tutti e tre sanguinavano grazie alle ferite che gli aveva inferto, ma questo non sembrava rallentarli come sentiva che stava accadendo a lui. Cercavano di evitare la sua spada, ma non sembrava si accorgessero di essere stati feriti. Se lo sono stati, pensò cupamente. Luce, se sanguinano possono essere feriti! Devono!

Aveva bisogno di una tregua, un momento per riprendere fiato, per riprendersi. All’improvviso balzò lontano da loro, sul letto, rotolando per la larghezza. Percepiva piuttosto che vederle lame che tagliavano le lenzuola, mancando di poco la carne. Ricadde in piedi barcollante, afferrando un piccolo tavolo per recuperare l’equilibrio. Il lucente piatto d’oro decorato d’argento ondeggiò. Uno dei doppioni si era arrampicato sul letto distrutto, scalciando piume d’oca mentre procedeva circospetto, con la spada pronta. Gli altri due stavano avanzando lentamente di lato, ancora incuranti l’uno dell’altro, concentrati solo su Rand. Gli occhi brillavano come vetro.