Rand fremette quando il dolore colpì la mano appoggiata al tavolo. Una delle immagini di se stesso, non più alta di quindici centimetri, rinfoderò la piccola spada. Istintivamente Rand afferrò la piccola figura prima che potesse colpirlo nuovamente. Si contorse nella presa, snudando i denti contro Rand, il quale divenne consapevole di piccoli movimenti tutti attorno alla stanza, di piccole immagini riflesse che uscivano dall’argento lucido. La mano cominciò a intorpidirsi, a diventare fredda, come se quelle cose gli stessero succhiando il calore dalla carne. Il calore di saidin cresceva interiormente; un’attività febbrile gli riempì la testa e il calore fluì nella mano ghiacciata.
Di colpo le piccole figure scoppiarono come bolle, e Rand sentì qualcosa fluire dentro di lui, qualche piccola parte della propria forza. Si mosse bruscamente, mentre piccoli scatti di vitalità sembravano colpirlo.
Quando sollevò la testa — chiedendosi perché non fosse morto — le piccole immagini che aveva visto di sfuggita erano sparite. Le tre più grandi stavano in piedi vacillanti, come se il recupero di forze di Rand fosse stato a loro discapito. Eppure non appena guardò in su, si consolidarono e avanzarono, anche se con maggiore cautela.
Rand si allontanò, pensando furiosamente, con la spada che minacciava prima l’uno e poi l’altro. Se continuava a combatterli come aveva fatto, prima o poi lo avrebbero ucciso. Lo sapeva con la stessa certezza con cui sapeva che stava sanguinando. Ma qualcosa legava fra loro le immagini. Assorbendo quella più piccola — il solo pensiero gli dava la nausea, ma era successo proprio quello — non solo si era portato appresso le altre, ma aveva anche colpito quelle più grandi, almeno per un momento. Se poteva fare lo stesso con una di loro, poteva distruggerle tutte e tre.
Il solo pensare di assorbirle gli faceva vagamente venir voglia di vomitare, ma non conosceva un altro modo. Non conosco questo sistema. Come ho fatto? Luce, cosa ho fatto? si chiedeva. Doveva entrare in contatto con una di loro, quantomeno toccarla; ne era sicuro. Ma se avesse provato ad avvicinarsi così tanto, avrebbe avuto tre lame che lo trapassavano nello stesso momento. Immagini riflesse. In quale misura sono ancora solo immagini riflesse? si chiedeva.
Sperando di non essere uno sciocco — se lo era, poteva benissimo essere uno sciocco morto — lasciò svanire la sua spada. Era pronto a rievocarla all’istante, ma quando la spada fatta di fuoco scomparve dall’esistenza, lo stesso accadde a quelle degli altri tre. Per un momento la confusione si dipinse sui volti delle tre copie del viso di Rand, una di loro una sanguinolenta rovina. Ma prima che riuscisse ad afferrarli balzarono su di lui e caddero tutti e quattro al suolo in un groviglio di braccia, rotolando sui tappeto coperto di vetri.
Il freddo impregnava Rand. L’insensibilità gli risaliva le gambe, le ossa, fino a quando percepì i frammenti di specchio, l’argento delle porcellane che gli affondavano nella carne. Qualcosa vicino al panico lampeggiò nel vuoto che lo circondava. Forse aveva commesso un errore fatale. Queste immagini erano più grandi di quella che aveva assorbito, e stavano risucchiando più calore da lui. Non solo il calore. Mentre diventava più freddo, gli occhi grigi vitrei che lo fissavano stavano acquistando vita. Con un’agghiacciante certezza sapeva che se fosse morto, la lotta non sarebbe finita. I tre si sarebbero rivoltati l’uno contro l’altro fino a quando non ne fosse rimasto uno solo, e quello avrebbe avuto la sua vita, i suoi ricordi, sarebbe stato lui.
Lottò ostinatamente, affannandosi maggiormente man mano che si indeboliva. Richiamava saidin, cercando di colmarsi con il suo calore. Anche il voltastomaco della contaminazione era benvenuto, poiché più ne provava, più saidin lo inondava. Se lo stomaco poteva ribellarsi, significava che era ancora vivo e se viveva, poteva lottare. Ma come? Come? Che cosa ho fatto prima? Saidin infuriava dentro di lui fino a quando sembrò che se fosse sopravvissuto ai suoi attaccanti, sarebbe comunque stato consumato dal Potere. Come l’ho fatto? Tutto quello che riusciva a fare era tirare saidin, e provare... protendersi... sforzarsi...
Una delle tre immagini svanì — Rand la sentì scivolare dentro di sé: era come se fosse caduto da una grande altezza di piatto su un pavimento di roccia — quindi le altre due la seguirono. L’impatto lo sbalzò sulla schiena, dove giacque fissando l’intonaco lavorato del soffitto con gli sbalzi dorati, crogiolandosi all’idea che ancora respirava.
Il Potere si dilatava in ogni fessura del suo essere. Voleva vomitare tutti i pasti che aveva mangiato in vita sua. Si sentiva così vivo che, a confronto, quando non era pervaso da saidin era come se vivesse da ombra. Poteva fiutare la cera d’api delle candele, e l’olio nelle lampade. Poteva percepire ogni fibra del tappeto contro la schiena. Avvertiva ogni taglio nella carne, ogni Sfregio, tacca, ogni livido. Mantenne il contatto con saidin.
Uno dei Reietti aveva provato a ucciderlo. O forse tutti. Doveva essere stato quello, a meno che il Tenebroso non fosse nuovamente libero, nel qual caso non credeva avrebbe affrontato una cosa semplice come questa. E mantenne il contatto con la Vera Fonte.
A meno che non lo abbia fatto io. È possibile che odio abbastanza quello che sono da cercare di uccidermi? Senza nemmeno saperlo? Luce, devo imparare a controllarlo. Devo! Pensò.
Si tirò su dolorosamente. Lasciando impronte insanguinate sul tappeto, zoppicò verso il piedistallo dove era riposta Callandor. Era ricoperto del sangue di centinaia di tagli. Sollevò la spada e la lama vitrea avvampò del Potere che fluiva in essa. La spada che non è una spada. Quella lama, apparentemente di vetro, potrebbe tagliare bene quanto l’acciaio più fine, eppure Callandor non è realmente una spada, piuttosto un residuo dell’Epoca Leggendaria, un sa’angreal. Con l’aiuto di uno dei pochi angreal sopravvissuti alla Guerra dell’Ombra e alla Frattura del Mondo, era possibile incanalare flussi dell’Unico Potere che altrimenti avrebbero incenerito l’incanalatore. Con uno dei sa’angreal, ancor più rari, il flusso poteva essere incrementato più di quanto era possibile con un angreal.
Callandor, che può essere utilizzata da un solo uomo, legata al Drago Rinato da tremila anni di leggende e profezie, era uno dei più potenti sa’angreal mai creati. Con Callandor avrebbe potuto radere al suolo le mura di una città in un colpo solo. Con Callandor fra le mani avrebbe potuto affrontare anche uno dei Reietti. Erano loro. Dovevano essere loro! pensò.
Di colpo si accorse che non aveva sentito un solo suono provenire da Berelain.
Quasi temendo di vederla morta, si voltò.
Ancora in ginocchio, lei trasalì. Aveva di nuovo indosso l’abito, e se lo teneva stretto addosso come un’armatura d’acciaio, o una parete di pietra. Con il volto bianco come la neve, si umettò le labbra. «Quali sono...?» deglutì e iniziò nuovamente. «Quali...?» Non riusciva a finire la frase.
«Io sono il solo» rispose gentilmente. «Quello che stavi trattando come se fossimo promessi.» Intendeva calmarla, forse farla sorridere — di certo una donna così forte come si era dimostrata poteva sorridere, anche di fronte a un uomo inzuppato di sangue — ma lei si chinò in avanti, premendo il viso contro il pavimento.
«Mi scuso umilmente per averti offeso in tal misura, lord Drago» La voce affannata sembrava umile, e spaventata. Del tutto estranea a quel che la donna era. «Ti prego di dimenticare la mia offesa, e di perdonarmi. Non ti disturberò ancora. Lo giuro, mio lord Drago. Sul nome di mia madre e per la Luce, lo giuro.»
Rand rilasciò il flusso annodato, il muro invisibile che confinava la donna divenne un veloce movimento d’aria che le arruffò l’abito. «Non c’è niente da perdonare» le rispose stancamente. «Vai come desideri.»
Berelain si alzò esitante, allungò una mano e sospirò di sollievo quando non incontrò nulla. Sollevando le gonne dell’abito, cominciò a incamminarsi sul tappeto ricoperto di vetri, con i frammenti che facevano attrito sotto le scarpe di velluto. Quando fu vicina alla porta si fermò, guardandolo con uno sforzo palese. Non riusciva a sostenere il suo sguardo. «Ti manderò gli Aiel, se lo desideri. Potrei anche mandare a chiamare una delle Aes Sedai per prendersi cura delle tue ferite.»