«Lo hai progettato da quando sono entrata, vero? Questo è il motivo per cui vuoi far tacere Gawyn e Shara.» La rabbia cresceva in Min come il vapore in un bollitore. La donna diceva rana e si aspettava che la gente saltasse. Che lo facessero sempre rendeva solamente peggiori le cose. Min non era una rana, o una marionetta danzante. «È questo quel che hai fatto a Egwene, Elayne e Nynaeve? Le hai mandate a caccia dell’Ajah Nera? Da te me lo aspetterei!»
«Getta le tue reti, bambina, e lascia che quelle ragazze gettino le loro. Per quanto ti riguarda, stanno scontando una punizione in una fattoria. Sono stata chiara?»
Quello sguardo inflessibile fece agitare Min sulla sedia. Era facile sfidare l’Amyrlin, fino a quando non ti fissava con quei suoi freddi occhi azzurri.
«Sì, Madre.» La sottomissione della risposta le bruciava, ma uno sguardo all’Amyrlin l’aveva convinta a lasciar perdere. Giocherellò con la fine lana del vestito. «Suppongo che non mi ammazzerà indossare questo per un altro po’.» All’improvviso Siuan sembrò divertita; a Min si rizzarono i capelli dietro la nuca.
«Temo che non sarà abbastanza. Min in un vestito è ancora Min in un vestito per chiunque guardi con attenzione. Non puoi indossare costantemente un mantello con il cappuccio alzato. No, devi cambiare tutto ciò che può essere cambiato. Per incominciare, continuerai a usare il nome Elmindreda. Dopotutto è il tuo nome.» Min trasalì. «I capelli ormai sono quasi lunghi quanto quelli di Leane, abbastanza per arricciarli. Per il resto... non ho mai utilizzato rossetto o trucco, ma Leane sa come usarli.»
Gli occhi di Min si erano gradualmente allargati fin da quando l’Amyrlin aveva menzionato i ricci. «Oh, no» esclamò.
«Nessuno ti scambierà per la Min che indossa le brache una volta che Leane ti avrà trasformata in una perfetta Elmindreda.»
«Oh, NO!»
«Per quanto riguarda il motivo della tua permanenza alla Torre, deve essere una ragione credibile per una giovane ragazza tremante che non assomiglia e non si comporta affatto come Min.» L’Amyrlin aggrottò le sopracciglia pensierosa ignorando gli sforzi di Min di intervenire. «Sì. Lascerò trapelare che la signorina Elmindreda ha incoraggiato due pretendenti al punto tale che ha dovuto cercare rifugio nella Torre fino a quando non sarà in grado di scegliere fra loro. Alcune donne ancora chiedono asilo ogni anno, a volte per motivi sciocchi.» Il volto della donna sì indurì e gli occhi diventarono più acuti. «Se stai pensando ancora a Tear, pensa a questo. Cerca di capire se puoi essere di maggior aiuto per Rand qui o lì. Se l’Ajah Nera distrugge la Torre, o peggio, ne assume il controllo, perderà anche il piccolo aiuto che posso fornirgli. Sei una donna o una ragazzina malata d’amore, ragazza?»
Intrappolata. Min lo vedeva chiaramente come se avesse i ceppi alle caviglie.
«Ottieni sempre quello che vuoi dalle persone, Madre?»
Il sorriso dell’Amyrlin stavolta era più che freddo. «Di solito, bambina. Di solito.»
Elaida fissava pensierosa la porta dello studio dell’Amyrlin sistemando lo scialle con le frange rosse, guardando verso le due giovani donne che erano appena sparite. La novizia uscì quasi immediatamente, diede un’occhiata al volto di Elaida e piagnucolò come una pecora spaventata. Elaida credeva di averla riconosciuta, ma non riusciva a rammentare il nome della ragazza. Aveva altro da fare che insegnare a ragazze pietose.
«Come ti chiami?»
«Sahra, Elaida Sedai.» La risposta della ragazza fu un pigolio esanime. Elaida poteva anche non essere interessata alle novizie, ma le novizie conoscevano lei e la sua reputazione.
Adesso si ricordava la ragazza. Una sognatrice a occhi aperti con scarse capacità che non avrebbe mai avuto un reale potere. Difficilmente poteva sapere più di quanto Elaida già avesse visto o sentito, o ricordare qualcosa di più del sorriso di Gawyn, per aggiungerne una. Una stupida. Elaida fece un cenno di congedo con una mano.
La ragazza le rivolse una riverenza così profonda che quasi sfiorò le mattonelle con il viso, quindi si dileguò come un fulmine.
Elaida non la vide andar via. La Sorella Rossa si era voltata, già dimentica della novizia. Mentre procedeva lungo il corridoio non una ruga deturpava i lineamenti distesi, ma i pensieri ribollivano furiosamente. Non vide nemmeno gli inservienti, le novizie e le Ammesse che si scapicollavano per togliersi dalla sua traiettoria, facendo inchini quando passava. Per poco non travolse una Sorella Marrone con il naso affondato in un fascicolo di appunti. La paffuta Marrone saltò indietro con un grido di spavento che Elaida non sentì.
Vestito o non vestito, conosceva la giovane donna che era andata a vedere l’Amyrlin. Min, che aveva trascorso molto tempo con l’Amyrlin durante la sua prima visita alla Torre, anche se nessuno ne conosceva la ragione. Min, amica intima di Elayne, Egwene e Nynaeve. L’Amyrlin stava tenendo nascosto il luogo dove si trovavano quelle tre, Elaida ne era sicura. Tutti i rapporti che parlavano di una punizione in una fattoria erano di terza e quarta mano, una distanza da Siuan Sanche più che sufficiente a nascondere sotto qualsiasi giro di parole un’aperta menzogna. Senza menzionare il fatto che tutti i considerevoli sforzi di Elaida per scoprire questa fattoria non l’avevano portata a nulla.
«Che la Luce la folgori!» Per un momento rabbia pura si dipinse sul volto di Elaida. Non era certa se si riferisse a Siuan Sanche o all’erede al trono. Andavano bene tutte e due. Un’Ammessa slanciata la sentì, indirizzò uno sguardo al viso della donna e sbiancò come il vestito che indossava; Elaida la oltrepassò senza prestarle attenzione.
A parte tutto il resto, era furiosa perché non poteva trovare Elayne. A volte Elaida aveva il dono della preveggenza, la capacità di prevedere gli eventi. Si presentava di rado e debolmente, ma era sempre più di quanto fosse stata in grado di fare qualsiasi Aes Sedai fin dai tempi di Gitara Moroso, ormai defunta da vent’anni. La prima cosa che Elaida aveva previsto quando era ancora un’Ammessa — e anche allora ne sapeva abbastanza da tenerselo per sé — era che la linea reale di Andor sarebbe stata la chiave per sconfiggere il Tenebroso nell’Ultima Battaglia. Si era attaccata a Morgase non appena aveva capito che sarebbe succeduta al trono, aveva costruito la sua influenza pazientemente, anno dopo anno. E ora tutti i suoi sforzi, tutti i sacrifici — avrebbe potuto essere eletta Amyrlin se non avesse concentrato tutte le energie su Andor — potevano essere stati vani perché Elayne era scomparsa.
Con uno sforzo riportò i pensieri a ciò che in quel momento era rilevante. Egwene e Nynaeve provenivano dallo stesso villaggio di quello strano giovane, Rand al’Thor. Anche Min lo conosceva, malgrado avesse cercato di nasconderlo con tutte le sue forze. Rand al’Thor era il fulcro di tutto.
Elaida lo aveva visto una sola volta, in teoria doveva essere un pastore dei Fiumi Gemelli, in Andor, ma somigliava in tutto e per tutto a un Aiel. Aveva avuto una premonizione non appena lo aveva visto. Era ta’veren, uno di quei rari individui che invece di essere intessuti nel Disegno che la Ruota del Tempo sceglieva, costringevano il Disegno a prendere forma attorno a loro, almeno per un certo lasso di tempo. Ed Elaida aveva visto il caos turbinare attorno a Rand, discordia e conflitto per Andor, forse anche per altre parti del mondo. Ma Andor doveva essere mantenuta unita, qualunque cosa accadesse; quella prima predizione l’aveva convinta di questo fatto.
C’erano altri fili, a sufficienza per intrappolare Siuan nella propria rete. Se doveva credere alle voci, c’erano tre ta’veren, non uno solo. Tutti e tre provenivano dallo stesso villaggio, questo Emond’s Field, e tutti e tre avevano circa la stessa età: abbastanza strano da alimentare un monte di chiacchiere nella Torre. E durante il viaggio di Siuan nello Shienar, ormai quasi un anno fa, li aveva visti, ci aveva addirittura parlato. Rand al’Thor. Perrin Aybara. Matrim Cauthon. Si diceva che fosse una mera coincidenza. Solo un caso accidentale. Così si diceva. Chi sosteneva una tal cosa non sapeva ciò di cui Elaida era a conoscenza.