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— Ancora non l’abbiamo stabilito. In caso negativo, proveremo a curarlo con radiazioni o chemioterapia.

Mi portai la mano alla testa, mi toccai i capelli. — E… e funzionerà?

Noguchi sorrise, rassicurante. — La cura può essere molto efficace.

Valeva un “forse”… e io non volevo sentire dei “forse”. Volevo certezze. — C’è… c’è possibilità di un trapianto?

— Il numero di polmoni disponibili ogni anno è limitato. Troppo pochi donatori.

— Potrei andare negli usa — dissi, incerto. Lo si legge ogni momento, nel “Toronto Star”, da quando sono iniziati i tagli di Harris al sistema sanitario: canadesi che vanno negli Stati Uniti per le cure mediche.

— Non fa differenza. C’è scarsità di polmoni da ogni parte. E poi, potrebbe non servire a niente; dobbiamo vedere se il cancro si è diffuso.

Volevo chiedere: “Sto per morire?”, ma la domanda pareva eccessiva, troppo diretta.

— Non essere troppo pessimista — proseguì Noguchi. — Lavori al museo, vero?

— Già.

— Quindi probabilmente hai un buon pacchetto assistenza medica. Sei coperto per i medicinali a pagamento?

Annuii.

— Bene. Ecco alcuni medicinali che ti saranno utili. Non sono a buon mercato, ma se sei coperto, siamo a posto. Comunque, come ho detto, dobbiamo vedere se il cancro si è diffuso. Ti presenterò a una oncologa, giù al St. Mike. Ti seguirà lei.

Annuii, sentendo il mondo crollarmi intorno.

Hollus e io eravamo tornati in ufficio. — L’oggetto della tua discussione — dissi — è un posto speciale nel cosmo per la razza umana e altre forme di vita.

L’alieno simile a ragno si spostò su un lato della stanza. — Occupiamo realmente un posto speciale — disse.

— Be’, non so come sia stato lo sviluppo della scienza su Beta Hydri III, ma qui sulla Terra ha seguito uno schema di ripetuta detronizzazione da una qualsiasi posizione speciale. La mia stessa civiltà pensava che il nostro mondo fosse al centro dell’universo, ma si sbagliava. Pensavamo pure d’essere stati creati da Dio a sua immagine, ma anche questo risultò sbagliato. Ogni volta che abbiamo creduto che in noi o nel nostro pianeta o nel nostro sole ci fosse qualcosa di speciale, la scienza ci ha dimostrato che eravamo in errore.

— Ma le forme di vita come noi sono davvero speciali — disse il Forhilnor. — Per esempio, come massa siamo tutti nello stesso ordine di grandezza. Nessuna specie intelligente, comprese quelle che hanno abbandonato il proprio pianeta, ha massa corporea adulta media inferiore ai cinquanta chilogrammi o superiore ai 500. Siamo tutti più o meno sui due metri, come dimensione maggiore… anzi, la vita civilizzata non potrebbe esistere molto sotto il metro e mezzo di altezza.

Tentai di nuovo di inarcare le sopracciglia. — Perché mai al mondo dovrebbe essere vero?

— È vero dappertutto, non solo sul tuo mondo: infatti il più piccolo fuoco sostenibile è circa di cinquanta centimetri di diametro e per maneggiare un fuoco bisogna essere un po’ più grandi di esso. Senza il fuoco, ovviamente, non esiste metallurgia e quindi tecnologia sofisticata. — Una pausa, un sobbalzo. — Non capisci? Ci siamo tutti evoluti con una struttura fisica del formato adatto a usare il fuoco… e quel formato sta esattamente nella parte mediana logaritmica dell’universo. Nella sua massima estensione, l’universo avrà una magnitudo di una quarantina di ordini superiore alla nostra e il suo costituente più piccolo è di una quarantina di ordini più piccolo di noi. — Mi guardò e ballonzolò. — Siamo davvero al centro del creato, se solo si sa come guardare.

Quando iniziai a lavorare al rom, l’intero fronte del secondo piano era dedicato alla paleontologia. L’ala nord, direttamente sopra i negozi di regali e la gastronomia, aveva sempre ospitato le esposizioni di paleontologia dei vertebrati, la Galleria Dinosauri, e l’ala sud aveva in origine ospitato la sala degli invertebrati; anzi, le parole museo di paleontologia sono ancora scolpite nella pietra lungo la parte superiore del muro.

Ma la sala degli invertebrati era stata chiusa molti anni prima e nel 1999 quella sezione era stata riaperta al pubblico col nome di “Galleria Scoperte”, proprio il genere d’intrattenimento a fine educativo che piace alla stucchevole Christine Dorati: esposizioni interattive per ragazzini, dove in pratica non si apprende quasi niente. I manifesti pubblicitari per la nuova sala recitano: “Pensate se il museo fosse diretto da un bambino di otto anni”. Come disse John Lennon, è facile, se ci provi.

Il nostro orgoglio nell’ambito dei vertebrati è lo scheletro di Parasaurolophus, dinosauro dei Tracodontidi o dal becco ad anatra, con la fantastica cresta lunga un metro. Ogni esemplare che si sia mai visto in qualsiasi parte del mondo è un calco della nostra ricostruzione. Anzi, perfino la Galleria Scoperte contiene un calco del nostro Parasaurolophus, disteso per terra, incastonato in falsa matrice. I ragazzi la sminuzzano tutto il giorno, usando martelli di legno e scalpelli, in genere seduti sul magnifico cranio.

Proprio davanti alla sala dei vertebrati c’è una balconata interna che guarda sulla Rotonda, la quale ha un raffinato disegno d’esplosione stellare incastonato nel pavimento di marmo. Sul lato opposto c’è una seconda balconata, di fronte alla Galleria Scoperte. Fra le due, sopra le porte a vetri dell’ingresso principale, ci sono tre finestre di vetro dipinto.

Mentre il museo era chiuso al pubblico, accompagnai Hollus nella sala dei vertebrati. Abbiamo la più bella collezione di adrosauri del mondo. Abbiamo anche un sensazionale Albertosaurus, un formidabile Chasmosaurus, due dinamiche ricostruzioni di Allosaurus, un magnifico Stegosaurus, oltre a un’esposizione di mammiferi del pleistocene, una parete coperta di calchi di resti di primati e di ominidi, una mostra di pozzi di pece La Brea, una raffigurazione standard dell’evoluzione del cavallo e un meraviglioso diorama subacqueo del tardo cretaceo, con plesiosauri, mosasauri e ammoniti.

Accompagnai Hollus anche all’odiata Galleria Scoperte, dove un calco di T. Rex incombe sull’inerme Parasaurolophus ricostruito sul pavimento. Hollus pareva incantato da tutti i fossili.

In aggiunta gli mostrai un mucchio di dipinti in dinosauri come sarebbero sembrati da vivi e mandai Abdus a procurarsi una copia di Jurassic Park in cassetta, in modo che Hollus potesse guardarsi il film.

Trascorremmo anche un mucchio di tempo in compagnia del vecchio e scontroso Jonesy, a esaminare le collezioni di paleoinvertebrati: Jonesy aveva trilobiti fin dentro le tasche.

I patti sono patti, decisi: all’inizio Hollus aveva detto che avrebbe diviso con noi i dati raccolti dalla sua razza. Era tempo di passare alla cassa. Gli domandai di parlarmi della storia evolutiva delle forme di vita del suo pianeta.

Pensavo che mi avrebbe mandato giù un libro, invece Hollus si superò. Disse che gli occorreva spazio, per procedere correttamente, perciò aspettammo che il museo chiudesse.

Nel mio ufficio, il simulacro dell’alieno tremolò e scomparve. Avevamo trovato una soluzione più semplice: spostavo da un posto all’altro il proiettore d’ologramma anziché accompagnare il simulacro per i corridoi del museo, anche perché quasi tutti… curatori, studenti, custodi, visitatori… trovavano una scusa per fermarci e chiacchierare con l’alieno.

Presi l’ascensore riservato al personale e scesi al pianterreno, davanti all’ampia scalinata di pietra che girava intorno al totem dei Nisga fino al seminterrato. Proprio sotto alla Rotonda c’era quella che con grande fantasia avevamo chiamato Rotonda Inferiore. Quell’ampia sala aperta, dipinta color salsa di pomodoro, serviva da atrio per la Sala proiezioni del rom, situata sotto i negozi d’articoli da regalo del pianterreno.