Hollus mi fissò a lungo come non mai. — Quei… come li hai chiamati? Fondamentalisti? Quei fondamentalisti ritengono sbagliato uccidere anche un bambino non ancora nato?
— Sì.
Era difficile distinguere un tono, nelle parole di Hollus, che saltavano da una bocca all’altra; ma il tono della risposta, almeno a me, parve d’incredulità. — E dimostrano la loro disapprovazione uccidendo degli adulti?
Annuii. — A quanto pare.
Hollus rimase in silenzio per qualche istante. — Fra la mia gente — disse poi — abbiamo un concetto chiamato… — e dalle bocche gemelle emise due note discordanti. — Si riferisce alle incongruenze, a eventi o parole che trasmettono l’opposto del loro significato.
— Abbiamo un concetto simile. Lo chiamiamo ironia.
Hollus rivolse di nuovo gli occhi al giornale. — Evidentemente non tutti gli esseri umani lo capiscono.
9
Non ho mai fumato. Allora perché ho il cancro ai polmoni?
In realtà, ho appreso, è abbastanza comune fra paleontologi, geologi e mineralogisti della mia generazione. Avevo ragione, in un certo modo, nell’attribuire la tosse all’ambiente di lavoro, pieno di polvere. Usiamo spesso utensili che sgretolano la roccia e producono un mucchio di polvere finissima che…
Il cancro polmonare impiega un mucchio di tempo a svilupparsi, ma ho lavorato in laboratori di paleontologia per trent’anni. Oggi porto quasi sempre la mascherina; il livello di consapevolezza si è innalzato e quasi tutti, se fanno quel tipo di lavoro, si proteggono le vie respiratorie. Tuttavia nel corso degli anni ho inalato più della mia parte di polvere di roccia, per non parlare delle fibre di asbesto e dei filamenti di fibra di vetro nel fare i calchi.
E ora pago.
Alcuni nostri amici hanno detto che dovremmo sporgere denuncia, forse querelare il museo o il governo dell’Ontario (il mio ultimo datore di lavoro). Senza dubbio il mio posto di lavoro poteva essere reso più sicuro; senza dubbio avrei dovuto ricevere istruzioni più precise per la sicurezza personale; senza dubbio…
Era una reazione naturale. Qualcuno doveva pagare per una simile ingiustizia. Tom Jericho: una brava persona, un buon marito, un buon padre, fa opere buone… forse meno di quante dovrebbe, ma qualcuna, ogni mese. Ed era sempre pronto a dare una mano ai vicini, quando traslocavano o ridipingevano la casa. E ora il buon vecchio Tom ha il cancro.
Sì, qualcuno doveva pagare, pensavano.
Ma l’ultima cosa che volevo fare era proprio perdere tempo in vertenze legali. Perciò, no, non avrei querelato nessuno.
Tuttavia avevo il cancro al polmone; dovevo vedermela con quello.
E non c’era ironia, lì.
Parte delle argomentazioni di Hollus sulla prova dell’esistenza di Dio non mi erano nuove. Quella roba sulle costanti fondamentali era a volte citata come principio cosmologico antropico: l’avevo sfiorato, nel mio corso sull’evoluzione. Hollus aveva senz’altro ragione nel sostenere che l’universo, almeno da un punto di vista superficiale, pareva progettato per la vita. Come aveva detto sir Fred Hoyle nel 1981, “Una interpretazione dei fatti, basata sul buonsenso, suggerisce che un superintelletto si è trastullato con la fisica, nonché con la chimica e con la biologia, e che in natura non esistono forze cieche di cui valga la pena parlare. I numeri che si ricavano dai fatti mi paiono tanto schiaccianti da rendere questa conclusione quasi indisputabile.” Però c’è da dire che sir Fred si faceva paladino di un mucchio di idee davanti alle quali il resto della comunità scientifica era recalcitrante.
Eppure, mentre continuavamo a discutere, Hollus sollevò l’argomento delle ciglia vibratili, cioè quelle estensioni filiformi delle cellule in grado di eseguire movimento ritmico: sono presenti in molti tipi di cellule umane e anche, diceva lui, di cellule forhilnor e wreed. Le persone convinte che non solo l’universo, ma anche la vita stessa, sono stati progettati con intelligenza, citano spesso le ciglia vibratili. I minuscoli motori che permettono il movimento di quelle fibre sono enormemente complessi e i sostenitori del progetto intelligente argomentano che una simile complessità non può essersi evoluta per gradi d’incremento. Come una trappola per topi, il cilium (termine latino di cui Hollus sbagliava regolarmente il plurale, dicendo ciliums anziché cilia) ha bisogno di tutte le sue parti per funzionare; se si elimina un qualsiasi elemento, diventa inutile robaccia… proprio come, senza la molla o la barretta di contrasto o la piattaforma o il martelletto o il gancio, la trappola per topi non serve a niente. Era davvero un rompicapo, spiegare come i cilia si siano evoluti mediante accumulo di cambiamenti graduali, ossia il sistema seguito dall’evoluzione.
Bene, fra altri posti, i cilia si trovano nello strato di cellule che fodera i bronchi. Battono all’unisono e portano via muco dai polmoni… muco contenente particelle inalate accidentalmente, che vengono eliminate prima che si sviluppi il cancro.
Se però i cilia, vengono a mancare, per esposizione ad asbesto, a fumo di tabacco o ad altre sostanze, i polmoni non possono più mantenersi puliti. L’unico altro meccanismo per staccare il catarro ed eliminarlo è la tosse… persistente, torturante. Questa tosse non è però altrettanto efficace: le sostanze cancerogene rimangono più a lungo nei polmoni e si formano tumori. La tosse persistente a volte danneggia la superficie della massa tumorale e aggiunge sangue al catarro; come nel mio caso, il sangue nel catarro è spesso il primo sintomo di tumore ai polmoni.
Se Hollus e le persone che condividevano le sue convinzioni avevano ragione, i cilia erano stati progettati da un emerito ingegnere.
Allora forse sarebbe da querelare proprio quel figlio di puttana.
— La mia amica, all’università, ha avuto il rapporto preliminare sul tuo dna — dissi a Hollus, qualche giorno dopo avere ricevuto il campione richiesto; un Forhilnor diverso da Hollus aveva consegnato a Raghubir il campione e anche i dati sulle supernovae promessi a Donald Chen.
— Sì?
Prima o poi gli avrei domandato che cosa stabiliva, quale bocca avrebbe usato, quando doveva pronunciare una sola sillaba. — Non crede che sia d’origine extraterrestre.
Hollus spostò il peso del corpo dall’uno all’altro di tutti e sei i piedi: aveva sempre i crampi, nel mio ufficio. — Si sbaglia, naturalmente. Confesso che non è il mio dna personale, Lablok ha prelevato il suo, ma anche lei è Forhilnor.
— La mia amica ha individuato centinaia di geni che paiono gli stessi di quelli delle forme di vita terrestri. Il gene che crea l’emoglobina, per esempio.
— Esiste solo un limitato numero di possibili composti chimici in grado di portare ossigeno nel flusso sanguigno.
— Forse si aspettava qualcosa di più… be’, alieno.
— Sono una creatura aliena quanto qualsiasi altra potreste incontrare — disse Hollus. — Ossia la differenza fra la struttura del vostro corpo e del mio è la maggiore che abbiamo trovato. Vi sono vincoli pratici d’ingegneria su quanto può essere bizzarra la vita, in fin dei conti, anche se — alzò la mano nel saluto dei vulcaniani — i vostri soggettisti cinematografici sembrano incapaci di avvicinarsi alla varietà possibile.
— Lo penso anch’io.
Hollus ballonzolò. — Il numero minimo di geni richiesto per la vita è circa 300. Questa quantità però è sufficiente solo per creature davvero primitive; quasi tutte le cellule eucariote hanno un gruppo centrale di circa tremila geni, che si trovano in ogni cosa, dalle forme di vita unicellulari ad animali complessi come noi; e sono gli stessi, o quasi gli stessi, in ogni pianeta da noi esaminato. Inoltre, esistono 4000 geni addizionali condivisi da tutte le forme di vita pluricellulari, che codificano proteine per l’adesione cellula a cellula, per la trasmissione di segnali fra le cellule eccetera. Oltre a questi, esistono altre migliaia di geni condivisi da tutti gli animali a sangue caldo. Naturalmente, se continua a cercare, la sua amica troverà nel dna forhilnor decine di migliaia di geni senza controparte nelle forme di vita terrestri, per quanto sia ovviamente più facile confrontare geni noti che trovarne di ignoti. In realtà ci sono solo poche soluzioni possibili ai problemi posti dalla vita e si ripresentano su un pianeta dopo l’altro.