E a un tratto ritrovai la voce: — In realtà, auf Wiedersehen significa “arrivederci”, non “salve”.
— Oh — disse l’alieno. Alzò due arti in quella che poteva essere una scrollata di spalle, poi continuò col rimbalzo di sillabe da una bocca all’altra: — Il tedesco non è la mia lingua principale.
Rimasi troppo sorpreso per sorridere, ma mi rilassai (un poco, almeno) anche se il cuore continuava a battermi all’impazzata. — Sei un alieno — dissi. Dieci anni di studi universitari, pensai, per avere la laurea in Banalità Comparate…
— Esatto — confermarono le gambe-bocche. Le voci parevano maschili, ma solo quella della bocca di destra aveva un vero tono di basso. — Perché poi usare termini generici? Appartengo alla razza forhilnor e mi chiamo Hollus.
— Uh, piacere di conoscerti.
Gli occhi ondeggiarono avanti e indietro, in attesa.
— Ah, scusa. Appartengo alla razza umana.
— Lo so. Homo sapiens, come direbbero i vostri scienziati. Ma il tuo nome personale…
— Jericho. Thomas Jericho.
— È consentito abbreviare Thomas in Tom?
Rimasi stupito. — Come mai sai tante cose sui nomi della razza umana? E, diavolo, come fai a conoscere l’inglese?
— Studio il vostro mondo. Per questo sono qui.
— Sei un esploratore?
I peduncoli oculari si avvicinarono e rimasero ravvicinati. — Non esattamente — fu la risposta.
— Cosa, allora? Non… non sarai un invasore, vero?
I peduncoli oculari si incresparono in un movimento a S. Forse l’equivalente di una risata?
— No — disse Hollus. Allargò le braccia. — Chiedo scusa, ma voi possedete ben poco che io o i miei associati possiamo desiderare. — Esitò, come se riflettesse. Poi mosse la mano in un gesto, come per indicare di girarmi. — Naturalmente, se vuoi, posso farti una sonda anale…
Dalla piccola folla radunata nel vestibolo provenne un ansito. Tentai di inarcare le sopracciglia che non ho più.
I peduncoli oculari si incresparono di nuovo. — Scusami… scherzavo. Voi umani avete davvero pazzesche mitologie sulle visite di extraterrestri. Onestamente, non farò del male a voi… né al vostro bestiame, se è per questo.
— Grazie. Ah, hai detto di non essere un esploratore.
— Infatti.
— E nemmeno un invasore.
— No.
— Allora cosa sei? Un turista?
— Tutt’altro. Sono uno scienziato.
— E volevi parlare con me?
— Non sei un paleontologo?
Annuii. Poi mi resi conto che poteva non capire il significato del cenno e spiegai: — Sì. Paleontologo specializzato in dinosauri, per la precisione. I Teropodi sono il mio campo.
— Allora, sì, voglio parlare con te.
— Perché?
— Non c’è un posto dove parlare in privato? — disse Hollus, con un movimento dei peduncoli oculari che includeva tutti coloro che si erano radunati intorno a noi.
— Ah, sì, certo — risposi. Ero sbalordito, mentre lo guidavo nel museo. Un alieno, un autentico alieno. Sorprendente, davvero sorprendente!
Oltrepassammo le scalinate gemelle, ciascuna delle quali girava intorno a un enorme totem, quello dei Nisga a destra, che arriva a ottanta piedi… scusate, venticinque metri… dal basamento al lucernario del terzo piano, e l’altro degli Haida, più basso, sulla sinistra. Entrammo nella Galleria Currelly, con le semplificate bacheche orientative, tutto fumo e niente arrosto. Era un fine settimana d’aprile, il museo non era affollato e per fortuna non incrociammo gruppi di studenti durante il tragitto fino al Centro amministrativo. Tuttavia i visitatori e le guardie della sicurezza si girarono a fissarci e alcuni emisero esclamazioni al nostro passaggio.
Il Royal Ontario Museum fu aperto quasi novant’anni fa. E il più grande museo del Canada e uno dei pochi musei interdisciplinari del mondo. Come proclamano le incisioni su calcare poste ai lati dell’ingresso, il nostro compito è preservare “la testimonianza della Natura nel corso d’innumerevoli epoche” e “le arti dell’uomo nel corso degli anni”. Il rom ha gallerie dedicate alla paleontologia, all’ornitologia, alla mammalogia, all’erpetologia, all’arte tessile, all’egittologia, all’archeologia grecoromana, ai manufatti cinesi, all’arte bizantina e ad altro. L’edificio ha mantenuto a lungo l’originale pianta a H,ma nel 1982 i due spazi vuoti sono stati riempiti con sei piani di nuove gallerie a nord e con i nove piani del Centro amministrativo a sud. Sezioni di muro che un tempo davano sull’esterno adesso si trovano all’interno e l’ornata pietra in stile vittoriano dell’edificio originale ora è a ridosso della semplice pietra gialla delle aggiunte più recenti: poteva risultare un gran pasticcio, ma in realtà l’insieme è molto bello.
Mi tremavano le mani per l’emozione, quando arrivammo agli ascensori e salimmo al dipartimento di paleobiologia; in origine il rom aveva dipartimenti di paleontologia divisi per invertebrati e vertebrati, ma i tagli alle spese praticati da Mike Harris ci hanno costretto a riunirli. I dinosauri portano al rom più visitatori di quanto non facciano i trilobiti, perciò Jonesy, il curatore anziano del dipartimento invertebrati, ora lavora alle mie dipendenze.
Per fortuna, quando uscimmo dall’ascensore, nel corridoio non c’era nessuno. Condussi rapidamente Hollus nel mio ufficio, chiusi la porta e mi sedetti alla scrivania: anche se ormai m’era passato lo spavento, non mi sentivo molto fermo sulle gambe.
Hollus vide sulla scrivania il cranio di Troodonte, Si avvicinò e lo prese con delicatezza per accostarlo ai peduncoli oculari, che smisero di ondeggiare e si concentrarono sull’oggetto. Mentre lui esaminava il cranio, diedi un’altra buona occhiata all’alieno.
Il suo corpo misurava più o meno quanto il cerchio che avrei potuto fare con le braccia. Come ho già detto, era coperto da lunghe strisce di stoffa azzurra. Ma la pelle era visibile sulle sei gambe e sulle due braccia. Assomigliava a un rivestimento a bolle, ma le singole bolle erano di vario formato. Parevano piene d’aria e quindi potevano significare un sistema d’isolamento. Ciò implicava che Hollus fosse endotermico: sulla Terra i mammiferi e gli uccelli usano peli o piume per tenere aria a contatto della pelle, come isolante, ma possono rilasciarla per raffreddarsi, col sistema di drizzare il pelo o di arruffare le penne. Mi domandai come una pelle a bolle d’aria potesse essere usata per refrigerare; forse le bolle potevano sgonfiarsi.
— Un / teschio / affascinante — disse Hollus, alternando ora intere parole da una bocca all’altra. — Quanti/anni/ha?
— Circa settanta milioni — risposi.
— Proprio / il / genere / di / cosa / che / sono / venuto / a / vedere.
— Hai detto d’essere uno scienziato. Sei paleontologo come me?
— Solo in parte — rispose l’alieno. — Il mio campo originario è la cosmologia, ma in anni recenti ho spostato gli studi su materie più ampie. — Esitò qualche istante. — Come ormai probabilmente hai capito, con i miei colleghi ho osservato per un certo periodo la vostra Terra… quanto basta per imparare dalla televisione e dalla radio le vostre lingue principali e per fare uno studio delle vostre diverse culture. Un procedimento frustrante. Della vostra musica popolare e delle vostre tecniche di preparazione del cibo so molto di più di quanto m’interessi… anche se sono incuriosito dal Popeil Automatic Pasta Maker. Ho anche guardato tanti di quegli eventi sportivi da bastare per una vita. Ho trovato però grandi difficoltà nel reperire informazioni scientifiche: dedicate poco spazio a discussioni approfondite in quel campo. Ho l’impressione di conoscere una sproporzionata quantità di cose su certi argomenti specifici e proprio niente su altri, — Esitò. — Ci sono dati che semplicemente non riusciamo ad acquisire da soli, né dalle vostre trasmissioni né con le nostre visite in segreto sul vostro pianeta. Soprattutto per argomenti rari, come i fossili.