— Quanto tempo fa è stata lanciata quell’arca? E quanto tempo manca perché arrivi a Betelgeuse?
— Valutare le distanze interstellari è molto difficile, soprattutto senza una lunga linea di base per misurare la parallasse. L’arca è in viaggio da almeno 5.000 anni… a quanto pare, loro non hanno mai sviluppato motori che raggiungono quasi la velocità della luce, come i nostri… e ha certamente percorso più dei cinque sesti della distanza da Betelgeuse. — Rimase in silenzio per qualche istante, ballonzolando come quando era eccitata. — Capisci, Tom? Forse la tua ipotesi si è verificata negli altri cinque pianeti da noi visitati; forse i loro abitanti si sono scaricati davvero nei computer. Ma i nativi di Groombridge non hanno fatto così. Hanno costruito un’arca; potremmo ancora raggiungerli. Ciò significa che abbiamo un’altra razza da conoscere.
26
Il rom aveva chiuso al pubblico alle 6.00. Hollus e io giravamo di nuovo da soli nella sala dell’esposizione Burgess Shale.
— Ho notato — disse l’alieno — che molti dei fossili in mostra sono calchi.
— Be’, questi sono veri — dissi, indicando gli scisti intorno a noi. — In pratica, o facciamo scambi con altri musei, cedendo calchi dei nostri esemplari in cambio di calchi dei loro, oppure ci limitiamo a comprarli. — Indicai un punto più avanti. — Il T. rex che abbiamo nella Galleria Scoperte è un calco. D’altro canto, il Parasaurolophus è il nostro esemplare più richiesto; abbiamo appena terminato di farne il calco per un museo di Helsinki.
— Sono affascinato da quei fossili — disse Hollus. — Noi non facciamo calchi, ma scansioni olografiche ad alta risoluzione dei pezzi più interessanti. Chissà se mi sarebbe permesso fare la scansione di questi fossili.
— Gli esemplari del Burgess Shale?
— Sì, per favore. Il procedimento non è invasivo. Non ci sarebbe alcun danno.
Mi grattai il punto dove una volta avevo la basetta sinistra. — Penso che non dovrebbero esserci difficoltà, però… — Per una volta ero io, il furbo uomo d’affari. — Di solito scambiamo o vendiamo i calchi dei nostri fossili. Cosa potreste darci in cambio?
Hollus rifletté un istante. — Ti offro una raccolta di scansioni della controparte dell’esplosione cambriana su Beta Hydri.
Trattare è il terzo dei cinque stadi di Elisabeth Kubler-Ross. Quella sorta di trattativa è in genere futile, ma almeno mi ha insegnato a non cedere facilmente. — Voglio anche la raccolta di scansioni dell’esplosione cambriana di Delta Pavonis. — Vidi Hollus muovere i peduncoli oculari nel modo che, avevo scoperto, preludeva a una obiezione, ma insistetti. — In fin dei conti, dividerete con i Wreed tutti i dati, perciò è giusto che pure loro contribuiscano al pagamento. E mi occorreranno due copie delle scansioni, poiché devo darne una allo Smithsonian.
Hollus rifletté un momento, poi, con un’increspatura di peduncoli oculari, disse: — Affare fatto.
— La scansione come sarà realizzata?
— Parecchi di noi dovranno venire qui fisicamente, portando le attrezzature.
— Davvero? Magnifico! — Sorrisi. — Sarà bello rivederti… in carne e ossa, cioè. Quanto tempo richiederà il procedimento?
Hollus diede un’occhiata circolare alle bacheche, come per calcolare la portata del lavoro. — Uno dei vostri giorni, direi. Le scansioni a quel livello di risoluzione portano via molto tempo.
Corrugai la fronte. — In ogni caso, bisogna farle nell’orario di chiusura del museo. È troppo rischioso avervi qui in carne e ossa, mentre il museo è aperto al pubblico. E se occorre tutto quel tempo, dovremo iniziare domenica sera e continuare per tutto il lunedì, il nostro giorno di riposo, — L’ultimo colpo di Mike Harris in fatto di tagli alle spese ci aveva costretto a tenere aperto solo sei giorni a settimana. — Non c’è ragione d’aspettare, immagino. Che ne dici di iniziare già questa domenica sera?
— Ossia?
— Fra due giorni.
— Sì, dovrebbe andare bene — disse Hollus.
Per me fare la doccia è sempre stato un sistema per ripulirmi alla svelta… ancora più alla svelta, adesso che non avevo capelli da risciacquare. Per Susan però la doccia era un vero piacere. Doveva sbrigarsi nei giorni feriali, ma la domenica mattina ci metteva almeno mezz’ora a gustarsi la sensazione dell’acqua tiepida sulla pelle. Mentre lei faceva la doccia, me ne restai disteso a letto, a fissare i rosoni di stucco che decoravano il soffitto della nostra camera e a riflettere. Per capire la faccenda.
Uno dei miei film preferiti è…e l’uomo creò Satana, la versione originale, con Spencer Tracy, Frederic March e Gene Kelly nei ruoli di Clarence Darrow, di William Jennings Bryan e di H.L. Mencken. Il film ha avuto un paio di remake per la tv, ma non capirò mai perché rifacciano i film già buoni! Non sarebbe meglio rifare quelli brutti e correggerne gli errori? Mi piacerebbe vedere una versione decente di Dune o di Detective coi tacchi a spillo… o di La minaccia fantasma, se per questo. Invece hanno rifatto…e l’uomo creò Satana, prima con Jason Robards, Kirk Douglas e il buon vecchio Darren McGavin, lo stesso Carl Koichak di The Night Stalker… a dire il vero, pensandoci, Mencken e Koichak sono fin troppo simili, vampiri a parte.
Ma divago di nuovo. Cristo, vorrei potermi concentrare meglio.
Vorrei che i dolori mi lasciassero.
Vorrei… maledizione, quanto lo vorrei… essere sicuro che ciò che penso è coerente, ragionevole, il mio vero pensiero, non solo il risultato dei dolori o degli analgesici che mi confondono i processi mentali.
Quando vidi per la prima volta…e l’uomo creò Satana, risi, compiaciuto, per il modo in cui Spencer Tracy demoliva Frederic March, riducendo il fondamentalista a un idiota che straparlava sul banco dei testimoni. Beccati questa, pensai. Beccati questa.
Insegnavo evoluzione all’università di Toronto. L’ho già detto, vero? Quando Darwin propose la sua teoria, gli scienziati pensarono che i fossili l’avrebbero cancellata: avremmo visto una progressione graduale di forma in forma, con lente mutazioni che si accumulavano nel tempo finché non emergeva una specie nuova.
I fossili però non mostrano niente del genere! Sì, ci sono forme di transizione: l’Ichthyostega, che pare una via di mezzo fra pesci e anfibi; il Caudipteryx, un misto di dinosauro e di uccello; addirittura l’Australopithecus, la quintessenza dell’uomo-scimmia.
Cambiamenti graduali? Accumulo di minuscole mutazioni? No. Gli squali sono squali da quasi quattrocento milioni di anni; le tartarughe non sono cambiate per due milioni di anni; i serpenti strisciano da ottanta milioni di anni. In realtà i fossili mancano soprattutto di sequenze graduali, di miglioramenti incrementali; l’unica sequenza di vertebrati veramente buona riguarda il cavallo, motivo per cui quasi ogni museo mostra l’evoluzione equina come noi qui al rom.
Stephen Jay Gould e Niles Eldredge risposero proponendo la teoria degli equilibri puntiformi… punti-E, come diciamo noi addetti ai lavori. Le specie sono stabili per lunghi periodi e poi a un tratto, quando le condizioni ambientali cambiano, si evolvono rapidamente in forme nuove. Il novanta per cento di me voleva credere a Stephen e a Niles, ma il dieci per cento lo riteneva un trucco semantico, un gioco di parole come i “magisteri non parzialmente sovrapposti” della religione e della scienza, sorvolando una questione spinosa, in questo caso che i fossili non mostrano ciò che Darwin aveva predetto, con linguaggio pomposo… come se dare un nome stravagante al problema equivalesse a risolverlo. (Non che Gould sia stato il primo a fare una cosa del genere: l’espressione di Herbert Spencer per indicare il motore evolutivo, “sopravvivenza del più adatto”, non era altro che una definizione ricorrente, perché l’adattabilità era definita come ciò che accresce le probabilità di sopravvivenza.)