— Che tipo di arma?
— Una pistola. E ha trovato anche un astuccio vuoto, del tipo che si usa per portare quelle… come le chiamate?… armi d’assalto?
— Il cliente ha lasciato la stanza?
— I clienti. Sono due. No. Hanno una prenotazione fino a giovedì mattina.
— Come si chiamano?
— Uno si chiama J.D. Ewell; l’altro, C. Falsey. Hanno targhe dell’Arkansas.
— Ha preso i numeri?
— Li hanno scritti loro stessi sulla scheda di registrazione. — Lesse la serie di numeri e lettere.
— L’inserviente ha terminato le pulizie nella stanza?
— No, le ho detto di sospendere, appena ha trovato la pistola.
— Bravo — disse Rhonda. — Qual è il suo indirizzo? Il direttore d’albergo glielo comunicò.
— Sarò lì fra… — guardò l’ora, calcolò rapidamente: non c’era di sicuro molto traffico, la domenica pomeriggio. — Fra venti minuti. Se Ewell o Falsey ritornano, cerchi di trattenerli, ma senza correre rischi, capito?
— Sì.
— Arrivo subito.
Il Lakeshore Inn si trovava, per l’appunto, sul Lakeshore Boulevard. Rhonda Weir e il suo collega, Hank Li, fermarono l’automobile, priva di contrassegni, di fronte all’ingresso. Controllarono le targhe delle auto in sosta, Hank verso sinistra, Rhonda verso destra. Sei erano targhe americane; due del Michigan, due di New York, una del Minnesota e una dell’Illinois. Nessuna dell’Arkansas. Piovigginava, ma senza dubbio il tempo sarebbe peggiorato. Nell’aria c’era l’aspro odore di ozono.
Constantin Kalipedes era un greco, anziano e panciuto, con un’ombra di barba grigia. Accompagnò Rhonda e Hank lungo una fila di camere singole, fino a un uscio spalancato. Nella stanza c’era la donna indù che faceva l’inserviente e che li accompagnò alla stanza 118. Kalipedes estrasse la chiave e Rhonda aprì di persona la porta; girò il pomo utilizzando la chiave per non cancellare eventuali impronte digitali. La stanza era piuttosto malandata, con due stampe in cornice, un po’ sghembe, e carta da parati blu elettrico che cadeva a pezzi. C’erano due letti doppi, uno dei quali aveva accanto quella sorta di bombola d’ossigeno per chi ha difficoltà a respirare bene nel sonno. I letti erano in disordine; l’inserviente aveva scoperto l’arma prima di rifarli.
— Dov’è la pistola? — chiese Rhonda.
La ragazza indù entrò nella stanza e puntò il dito. La pistola era sul pavimento, accanto a una valigia. — Ho dovuto spostare la valigia per attaccare l’aspirapolvere— spiegò. — Non era chiusa bene e la pistola è caduta fuori. Dietro c’era quell’astuccio di legno. — Lo indicò.
— Una Glock 9 mm — disse Hank, alla prima occhiata, Rhonda guardò l’astuccio. Aveva un rivestimento interno sagomato, in gommapiuma nera, delle dimensioni giuste per una carabina Intertec Tec-9, un’arma pericolosa, in pratica una mitraglietta, lunga un braccio. La rivoltella era illegale in Canada, ma più preoccupante era il fatto che Falsey ed Ewell l’avessero lasciata lì e scelto la Tec-9, un’arma vietata ora anche negli Stati Uniti a causa del caricatore a trentadue colpi. Rhonda, mani sui fianchi, scrutò lentamente la stanza. Due posacenere, vi si poteva fumare. Spinotti per modem, ma nessun segno di computer portatile. Rhonda passò al bagno: due rasoi a mano e una bomboletta di schiuma da barba. Due spazzolini da denti, uno dei quali molto consumato.
Tornò nella stanza e su uno dei due comodini notò una Bibbia rilegata in nero.
— Validi motivi? — disse al collega.
— Direi di sì — rispose Hank.
Kalipedes li guardò senza capire. — Cosa significa?
— Significa — spiegò Rhonda — che ci sono sufficienti indizi per ipotizzare che un crimine è stato o sta per essere commesso; questo ci consente di perquisire la stanza senza chiedere prima il mandato. Può restare a guardare… anzi, ci farebbe un piacere. — Più d’una volta il dipartimento era stato citato in tribunale da gente che lamentava la sparizione di oggetti di valore durante una perquisizione.
Kalipedes annuì e si rivolse all’inserviente. — Torna al lavoro — disse. La ragazza si affrettò a uscire.
Rhonda estrasse un fazzoletto e, tenendolo fra due dita, se ne servì per aprire il cassetto di un comodino. Trovò un’altra Bibbia, rilegata in rosso: una tipica Gideon, quelle che si trovano nelle camere d’albergo. Andò all’altro comodino. Prese di tasca la penna e sollevò la copertina della Bibbia nera. Non era una Gideon: nella parte interna della copertina c’era una scritta, “C. Faisey”, in inchiostro rosso. Rhonda lanciò un’occhiata all’astuccio della mitraglietta. — Il nostro amico della Bibbia dovrebbe rileggere la parte sulle spade da convertire in vomeri, penso — disse.
Hank borbottò una risposta e usò la propria penna per scostare le carte sulla toeletta. — Guarda qua — disse dopo un momento.
Rhonda si avvicinò. Hank aveva trovato una piantina di Toronto, aperta. Badando a toccare solo i bordi, la girò e indicò il riquadro che sarebbe stato la copertina se la piantina fosse stata ripiegata. Aveva l’adesivo col prezzo della Barnes and Noble, una catena di librerie americana, senza filiali in Canada. Presumibilmente Falsey ed Ewell si erano portati la piantina dall’Arkansas. Hank tornò a sfogliarla con cautela. Era a colori, con ogni sorta di simboli e di segni. Rhonda impiegò qualche istante a notare il semplice cerchio tracciato a biro intorno all’incrocio fra la Kipling e la Horner, a meno di due chilometri dal punto dove si trovavano al momento.
— Signor Kalipedes — chiamò, con un gesto perché si avvicinasse. Gli mostrò la piantina. — Siamo nel suo quartiere. Sa dirmi cosa c’è all’incrocio fra la Kipling e la Horner?
Il greco si grattò il mento. — Un Mac’s Milk, un Mr. Submarine, una lavanderia a secco. Ah, sì… c’è anche quella clinica saltata in aria qualche giorno fa.
Rhonda e Hank si guardarono. — Ne è sicuro? — disse Rhonda.
— Ma certo — rispose Kalipedes.
— Cristo — imprecò Hank, rendendosi conto della portata della scoperta. — Oh, Cristo.
Esaminarono subito la piantina, alla ricerca di altri segni. Ne trovarono tre. Un cerchio a matita intorno a un edificio segnato da un rettangolo rosso, in Bloor Street. Rhonda non aveva bisogno di chiedere che cosa fosse, era scritto in corsivo sulla piantina: Royal Ont. Museum.
Segnati con un cerchio erano pure lo SkyDome, lo stadio dove giocavano i Blue Jays, e il centro trasmissioni della cbc, alcuni isolati a nord dello SkyDome.
— Attrazioni per turisti — disse Rhonda.
— Però si sono portati un’arma semiautomatica — notò Hank.
— I Jays giocano oggi?
— Già. Contro i Milwaukee.
— Alla cbc è previsto qualcosa?
— Di domenica? Fanno una diretta dall’atrio, al mattino; di pomeriggio, non so. — Guardò la piantina. — E poi forse sono andati in qualche altro posto, non in quelli segnati. Hanno lasciato qui la piantina.
— Tuttavia…
Hank non aveva bisogno di sentire il seguito. — Già — confermò.
— Il rom, per esempio… c’è quell’alieno in visita — disse Rhonda.
— Non è lì in carne e ossa. È solo un’immagine trasmessa dalla nave madre.
Rhonda sbuffò, per far capire che lo sapeva. Prese il cellulare. — Faccio mandare una squadra alla cbc e allo SkyDome — disse — e un paio di agenti che aspettino qui, nel caso che Falsey ed Ewell ritornino.
Susan mi diede un passaggio fino alla stazione Downsview, verso le tre e mezzo del pomeriggio; il cielo coperto, livido, minacciava tempesta. Ricky passava il resto della giornata dagli Nguyen… mio figlio cominciava ad apprezzare davvero il cibo vietnamita.