Выбрать главу

— Perché sorridi? — domandò Susan.

Allargai il sorriso. — Vedrai… — risposi.

Proprio in quel momento arrivò Ricky. Gli arruffai i capelli. Biondi, quasi come erano stati i miei alla sua età; simpatica coincidenza, questa. I miei erano diventati castani verso i venti anni e grigi verso i cinquanta, ma fino a qualche mese fa li avevo ancora quasi tutti.

Susan e io avevamo aspettato ad avere figli… troppo, risultò. Avevamo adottato Ricky quando il bambino aveva solo un mese e gli avevamo dato noi il nome: Richard Blaine Jericho. Chi non sapeva dell’adozione a volte diceva che Ricky ha gli occhi di Susan e il naso come il mio. Era un tipico bambino di sei anni, ginocchia sempre spellate, braccia e gambe magre come stecchi, capelli lunghi e radi. Ed era intelligente, grazie a Dio. Io non sono un atleta e Susan neanche: ci guadagniamo da vivere col cervello. Non so come sarei andato d’accordo con Ricky, se il bambino non fosse stato intelligente. Ricky era d’indole buona e faceva subito amicizia; ma nelle ultime settimane era stato picchiato da un attaccabrighe nel tragitto per la scuola e non sapeva spiegarsi il motivo di un tale comportamento.

— La cena è quasi pronta — disse Susan.

Andai di sopra in bagno a lavarmi. Sopra il lavandino c’era lo specchio, ovviamente; mi sforzai di non guardarmi. Avevo lasciato aperta la porta e Ricky entrò dopo di me. Lo aiutai a lavarsi le mani, controllando poi che fossero pulite, e scendemmo insieme in stanza da pranzo.

Ho sempre avuto la tendenza a mettere su peso, ma per anni sono riuscito a controllarmi, seguendo una dieta corretta. Di recente però ho letto un opuscolo che dice:

Se non potete mangiare troppo, è importante che mangiate cibi davvero nutrienti. Dovrebbero anche contenere il maggior numero possibile di calorie. Potete aumentare l’assunzione di calorie aggiungendo burro o margarina ai cibi; mescolando passati in scatola e latte o panna semigrassa; bevendo zabaione e frappé; aggiungendo alle verdure salse di fior di latte o formaggio fuso; e facendo spuntini di noci, semi, burro d’arachidi e cracker.

Tutte cose che mi piacevano, ma che per anni avevo evitato. Ora in teoria avrei dovuto mangiarle… ma non le trovavo per niente appetitose.

Susan aveva preparato cosce di pollo con Rice Krispies; e anche fagiolini e purè di patate, fatto con vera panna, e per me un piattino di Cheez Whiz fuso da versare sulle patate. E aveva fatto frappé alla cioccolata, necessità per me e leccornia per Ricky. Non era giusto che lei dovesse cucinare, Io sapevo. Di solito facevamo a turno, ma ormai non ce la facevo più, non sopportavo l’odore.

Controllai di nuovo l’ora; mancava qualche minuto alle sei. In famiglia avevamo una regola: anche se la tv del soggiorno era ben visibile dalla stanza da pranzo, la tenevamo sempre spenta durante i pasti. Quella sera però feci un’eccezione: mi alzai da tavola, mi sintonizzai su CityPulse News at Six e lasciai che mia moglie e mio figlio guardassero a bocca aperta i video amatoriali e le riprese che il cameraman aveva dedicato a me e a Hollus.

— Oddio — continuò a ripetere Susan, a occhi sgranati.— Oddio.

— Grande! — disse Ricky, guardando le riprese fatte nella Rotonda.

Sorrisi a mio figlio. Aveva ragione, naturalmente. Era davvero grande, il massimo possibile.

4

I vari leader della Terra c’erano rimasti male, ma pareva che gli alieni non fossero interessati a stabilire contatti con le Nazioni Unite, la Casa Bianca, il parlamento europeo, il Cremlino, il parlamento indiano, la Knesset, il Vaticano… ciascuno dei quali aveva subito provveduto a mandare l’invito. Tuttavia, all’inizio del giorno seguente, sulla Terra c’erano altri otto extraterrestri (o il loro avatar in ologramma): tutti Forhilnor.

Uno frequentava un ospedale psichiatrico nel West Virginia: era affascinato dai comportamenti umani insoliti, soprattutto dalle forme gravi di schizofrenia. (A quanto pareva, l’alieno era comparso prima in un analogo istituto di Louisville, Kentucky, ma era rimasto insoddisfatto del livello di cooperazione che riceveva e così aveva fatto precisamente ciò che Hollus aveva minacciato di fare nel ROM: si era trasferito in un posto più compiacente.)

Un altro alieno era nel Burundi, viveva con un gruppo di gorilla di montagna che parevano averlo accettato senza problemi.

Un terzo si era unito a un avvocato difensore d’ufficio di San Francisco e assisteva a tutte le chiamate in giudizio.

Un quarto era in Cina, in un remoto villaggio, e trascorreva il tempo in compagnia di un coltivatore di riso.

Un quinto era in Egitto e partecipava a uno scavo archeologico nei pressi di Abu Simbel.

Un sesto, nel nord del Pakistan, esaminava fiori e alberi.

Un altro era stato visto qua e là lungo i vecchi campi della morte in Germania, in piazza Tienanmen e fra le macerie del Kosovo.

E grazie al cielo un altro ancora si era stabilito a Bruxelles ed era a disposizione dei giornalisti di tutto il mondo. Parlava fluentemente inglese, francese, giapponese, cinese (sia mandarino sia cantonese), hindi, tedesco, spagnolo, olandese, italiano, ebraico e altre lingue (e imitava, a seconda dell’interlocutore, l’inglese della Gran Bretagna, della Scozia, di Brooklyn, del Texas, della Giamaica e di altre zone anglofone).

Anche così, quelli che volevano parlare con me non finivano mai. Il mio numero di telefono non compariva sulla guida, da quando alcuni fanatici avevano iniziato a tormentare me e Susan, dopo un mio dibattito pubblico con Duane Gish dell’Istituto di Ricerca Creazionista. Tuttavia avevamo dovuto staccare il telefono: aveva iniziato a squillare non appena la notizia si era diffusa. Eppure, con sorpresa e piacere, quella notte ero riuscito a farmi una buona dormita.

Il giorno seguente, quando uscii dalla metropolitana, verso le nove e un quarto, vidi una grande folla davanti al museo; mancavano quarantacinque minuti all’apertura al pubblico, ma quella gente non voleva vedere gli oggetti esposti. Portava cartelli con benvenuti sulla terra! e portateci con voi! e potere alieno!

Un tizio mi scorse, lanciò un grido e mi indicò: tutti iniziarono a spostarsi dalla mia parte. Per fortuna il tragitto dalla scala della metropolitana all’ingresso del personale era breve e riuscii a entrare nel rom prima d’essere avvicinato.

Salii in fretta in ufficio e sistemai al centro della scrivania il proiettore d’ologramma grande come una pallina da golf. Circa cinque minuti dopo, udii un doppio hip e Hollus (la sua proiezione, comunque) comparve davanti a me. Quel giorno aveva un indumento diverso, di stoffa color salmone, con esagoni neri, chiusa non da un disco gemmato, ma da una spilla d’argento.

— Lieto di rivederti — dissi. Avevo temuto che, malgrado le sue parole del giorno precedente, non sarebbe più tornato.

— Se / è / le / ci / to — sillabò — sa / rò / qui / a / que / st’o / ra / o / gni / gior / no.

— Magnifico! — esclamai.

— Determinare che le date delle cinque estinzioni di massa coincidono per tutti e tre pianeti abitati è soltanto l’inizio del mio lavoro, naturalmente.

Riflettei su quella dichiarazione, poi annuii. Anche accettando l’ipotesi esposta da Hollus, mi dissi, quei disastri simultanei su vari pianeti dimostravano solo che Dio aveva avuto una serie di crisi isteriche.

Il Forhilnor continuò: — Voglio studiare i minuti particolari degli sviluppi evolutivi correlati alle estinzioni di massa. Pare a un primo esame che ogni estinzione fosse progettata per spingere in precise direzioni le rimanenti forme di vita, ma vorrei trovare conferma a questa tesi.

— Allora dovremmo iniziare a esaminare fossili del periodo a cavallo di ogni estinzione — dissi.

— Per l’appunto — ammise Hollus, movendo ansiosamente i peduncoli oculari.