«Non dire sciocchezze.» Mat rise, ma era una risata poco convinta. «I Custodi esistono solo nelle storie. E poi, hanno la spada, l’armatura coperta d’oro e di gemme, e passano la vita nella Grande Macchia, a combattere il male e i Trolloc e cose del genere.»
«Potrebbe essere davvero un Custode» replicò Ewin, insistente.
«Hai visto oro e gemme, su di lui?» sbuffò Mat. «Abbiamo Trolloc, nei Fiumi Gemelli? No, abbiamo pecore. Mi domando cosa sarà accaduto da queste parti, che interessi una come lei.»
«Qualcosa, di sicuro» disse lentamente Rand. «Dicono che la locanda sia qui da mille anni, forse più.»
«Mille anni di pecore» replicò Mat.
«Un penny d’argento!» esclamò Ewin. «Mi ha dato un intero penny d’argento! Pensate a quante cose posso comprare, appena arriva l’ambulante.»
Rand aprì la mano e a momenti lasciò cadere per la sorpresa la sua moneta. Non riconobbe il pesante dischetto d’argento con in rilievo l’immagine di una donna che reggeva in equilibrio sul palmo della mano una singola fiamma; ma aveva guardato Bran al’Vere pesare le monete che i mercanti portavano da decine di regioni e aveva un’idea del valore. Tutto quell’argento bastava a comprare un buon cavallo in qualsiasi punto dei Fiumi Gemelli e ne sarebbe rimasto ancora.
Mat aveva l’identica espressione di stupore. Rand piegò la mano in modo che Mat, ma non Ewin, vedesse la moneta e inarcò il sopracciglio. Mat annuì e per un minuto si fissarono, meravigliati e perplessi.
«Che tipo di commissioni avrà mai?» disse infine Rand.
«Non so» rispose Mat, deciso «e non m’importa. Tanto, non la spendo. Anche quando arriverà l’ambulante.» Si cacciò la moneta nella tasca della giubba.
Rand annuì e lo imitò. Non sapeva perché, ma le parole di Mat gli parevano giuste. Doveva conservare la moneta, non spenderla. Perché proveniva da lei. Certo, le monete servivano per gli scambi, però...
«Pensate che anch’io dovrei conservarla?» Il viso di Ewin mostrava un’indecisione sofferta.
«No, se non vuoi» disse Mat.
«Secondo me, te l’ha data perché tu la spenda» disse Rand.
Ewin guardò la propria moneta, poi scosse la testa e mise in tasca il penny d’argento. «La conserverò» dichiarò, triste.
«C’è sempre il menestrello» disse Rand; e il ragazzo più giovane s’illuminò.
«Se riuscirà a svegliarsi» aggiunse Mat.
«Rand» domandò Ewin «c’è davvero un menestrello?»
«Vedrai» rispose Rand, con una risata. Era chiaro che Ewin non si sarebbe convinto finché non avesse visto di persona. «Prima o poi dovrà pur scendere.»
Dall’altra parte del Ponte Carraio provennero delle grida. Rand si girò a guardare che cosa le aveva provocate e scoppiò a ridere di cuore. Una folla in subbuglio, dagli anziani ai marmocchi appena in grado di camminare, scortava al ponte un carro alto e grosso, tirato da otto cavalli, al cui telone erano appesi fagotti come grappoli d’uva. Anche l’ambulante, alla fine, era arrivato. Forestieri e un menestrello, fuochi d’artificio e un ambulante. Sarebbe stato il più fantastico Bel Tine di sempre.
3
Il venditore ambulante
Con un acciottolio di marmitte il carro dell’ambulante percorse l’assito del Ponte Carraio e, sempre circondato dalla folla di paesani e di contadini giunti per la festa, si fermò davanti alla locanda. Da ogni parte altra gente si raccoglieva intorno al grande carro, le cui ruote erano più alte d’una persona; tutti tenevano gli occhi puntati sull’ambulante a cassetta.
L’uomo sul carro era Padan Fain, un tipo pallido e allampanato, con braccia ossute e un grosso naso a becco. Per quanto Rand ricordava, ogni primavera Fain, sempre sorridente come se fosse a conoscenza di uno scherzo che tutti ignoravano, aveva portato il carro a Emond’s Field.
Mentre il tiro a otto si fermava con un tintinnio di finimenti, la porta della locanda si spalancò e comparvero i componenti il Consiglio del Villaggio, guidati da mastro al’Vere e da Tam. Tutti vennero avanti con decisione, perfino Cenn Buie, fra le grida d’entusiasmo e le richieste di spilli, merletti, libri, decine d’altre cose. La folla si aprì con riluttanza per lasciarli passare, ma si affrettò a richiudere il varco. Tutti chiedevano qualcosa, ma soprattutto notizie recenti.
Per i paesani, aghi e tè e altre mercanzie erano solo la metà del carico del carro. Uguale importanza aveva ogni piccola novità da fuori, ogni notizia del mondo al di là dei Fiumi Gemelli. Alcuni ambulanti si limitavano a raccontare quel che sapevano, facendo di tutto un mucchio, per non perdere tempo; ad altri bisognava cavare di bocca ogni parola, perché parlavano di malavoglia e con malagrazia. Fain invece parlava volentieri, spesso in tono burlesco, e abbelliva il racconto tanto da rivaleggiare con i menestrelli. Gli piaceva essere al centro dell’attenzione, pavoneggiarsi come un galletto, con tutti gli occhi addosso. Forse ci sarebbe rimasto male, si disse Rand, scoprendo che a Emond’s Field c’era un vero menestrello.
Mentre si affannava a legare le redini, l’ambulante dedicò al Consiglio e ai paesani la stessa attenzione, ossia in pratica nessuna. Rivolse un generico cenno di saluto, sorrise in silenzio, salutò col braccio persone con cui aveva una certa amicizia, anche se la sua era sempre stata un’amicizia di tipo distaccato, cordiale ma non intima.
Gli inviti a raccontare divennero più rumorosi, ma Fain si gingillò con qualche lavoretto a cassetta e aspettò che la folla e la curiosità crescessero come voleva lui.
Solo il Consiglio rimase in silenzio e mantenne la dignità del rango, ma la nuvola di fumo sempre più fitta mostrò quanto fosse difficile fingere indifferenza.
Rand e Mat costeggiarono la folla per avvicinarsi il più possibile al carro. Rand si sarebbe fermato a metà strada, ma Mat si fece largo nella calca tirandoselo dietro, finché non si trovarono proprio dietro il Consiglio.
«Pensavo che saresti rimasto alla fattoria per tutta la festa» gridò a Rand Perrin Aybara, superando il frastuono. Di mezza testa più basso di Rand, il ricciuto apprendista del fabbro era così robusto da sembrare largo una volta e mezzo una persona normale, con braccia e spalle tanto massicce da rivaleggiare con quelle dello stesso mastro Luhhan. Avrebbe potuto con la massima facilità aprirsi la strada tra la folla, invece avanzò con cautela, chiedendo scusa a persone che badavano solo all’ambulante, e cercò di non spintonare nessuno, mentre si avvicinava a Rand e a Mat. «Pensa un po’» disse, quando alla fine li raggiunse. «Bel Tine e un ambulante, nello stesso giorno. Sono sicuro che ci saranno i fuochi d’artificio.»
«Non ne sai nemmeno un quarto» rise Mat.
Perrin lo guardò, diffidente, e si rivolse a Rand.
«È vero» gli gridò Rand; indicò la folla sempre più numerosa e vociante. «Dopo. Ti spiego dopo. Dopo, ho detto!»
In quel momento Padan Fain si mise in piedi sul sedile e la folla si zittì di colpo. Le ultime parole di Rand esplosero nel silenzio improvviso, sorprendendo l’ambulante col braccio alzato in un gesto teatrale e la bocca aperta.
Tutti si girarono a guardare Rand. L’ometto ossuto in piedi sul carro, pronto a vedere tutti pendere dalle sue labbra, gli lanciò un’occhiataccia.
Rand arrossì e rimpianse di non essere piccolo come Ewin, anziché risaltare a quel modo. Anche i suoi amici si mossero a disagio. Solo l’anno precedente Fain aveva mostrato di accorgersi di loro, trattandoli da adulti. Di solito non sprecava tempo con chi non era in grado di comprare un bel po’ di roba. Rand si augurò che l’ambulante non l’avesse retrocesso al rango di bambino.
Fain si schiarì la gola e diede uno strattone al suo pesante mantello. «_ No, non dopo» declamò, sollevando di nuovo il braccio in un gesto grandioso. «Racconterò tutto ora.» Mentre parlava, faceva ampi gesti, lanciava le parole alla folla. «Pensate di avere avuto guai, nei Fiumi Gemelli, vero? Bene, tutto il mondo ha guai, dalla Grande Macchia al Mare delle Tempeste, dall’oceano Aryth al deserto dell’Aiel. Non avete mai visto un inverno così duro, un freddo da gelare il sangue e crepare le ossa? Ah! L’inverno è stato gelido e duro dappertutto. Il vostro lo chiamano primavera, nelle Marche di Confine. Ma la primavera non arriva, dite voi? I lupi vi sbranano le pecore? Forse hanno assalito anche persone? È così? Via! La primavera è in ritardo dappertutto. Dovunque ci sono lupi affamati di qualsiasi cosa riescano ad azzannare, pecora, vacca o uomo. Ma ci sono cose peggiori dei lupi o dell’inverno. C’è gente che sarebbe felice d’avere soltanto i vostri piccoli guai.» S’interruppe, in attesa.