«Però non vedo che cosa tutto questo abbia a che fare con me» disse Rand. «Sono un pastore, non un altro Artur Hawkwing. Né lo sono Mat e Perrin. Mi sembra... ridicolo.»
«Non ho detto che tu lo sia, ma quasi sentivo turbinare il Disegno, solo ascoltando il tuo racconto, anche se in questo campo non ho il Talento. Tu sei ta’veren, certo. E anche i tuoi amici, forse.» L’Ogier esitò, strofinandosi pensierosamente la base del naso. Alla fine annuì come se avesse preso una decisione. «Mi piacerebbe venire con te, Rand.»
Per un momento Rand lo fissò, domandandosi se aveva udito bene. «Con me?» esclamò, ritrovando la voce. «Non hai udito cosa ho detto a proposito di...?» Guardò la porta: era chiusa e abbastanza robusta per impedire che qualcuno origliasse, anche con l’orecchio contro il battente. Continuò ugualmente a voce più bassa. «Di chi mi dà la caccia? E poi, credevo che volessi vedere i vostri alberi.»
«C’è un magnifico boschetto, a Tar Valon, e si dice che le Aes Sedai ne abbiano grande cura. E poi, non voglio vedere soltanto i boschetti. Forse non sei un altro Artur Hawkwing, ma per un poco almeno una parte del mondo si modellerà intorno a te, forse perfino in questo momento. Ed è una cosa che anche l’Anziano Haman vorrebbe vedere.»
Rand esitò. Gli sarebbe piaciuto avere un altro compagno di viaggio. Visto il comportamento di Mat, stare con lui era come stare da soli. L’Ogier era una presenza confortante. Forse era giovane, secondo i criteri degli Ogier, ma sembrava solido come roccia, proprio come Tam. Ed era stato in molti luoghi e ne conosceva altri. Lo guardò, lì seduto, l’immagine stessa della pazienza. E, pur seduto, più alto di molti uomini. Come avrebbe nascosto una creatura alta quasi dieci piedi? Con un sospiro, scosse la testa.
«Non mi sembra una buona idea» disse. «Anche se Moiraine ci trova, qui a Caemlyn, saremo in pericolo per tutto il viaggio fino a Tar Valon. E se non ci trova...»
"Se non ci trova” pensò “allora è morta, e con lei tutti gli altri. Oh, Egwene!" Si scosse. Egwene non era morta e Moiraine li avrebbe trovati.
Loial lo guardò con simpatia e gli toccò la spalla. «Sono sicuro che i tuoi amici stanno bene.»
Rand lo ringraziò con un cenno. Un groppo in gola gli impediva di parlare.
«Parlerai almeno con me qualche volta?» sospirò Loial. «Potremo fare qualche partita al gioco delle pietre. Da giorni non ho nessuno con cui parlare, a parte il buon mastro Gill, che però è occupato per la maggior parte del tempo. Sembra che la cuoca lo comandi a bacchetta senza pietà. Forse è lei la vera padrona della locanda.»
«Ma certo, Loial» rispose Rand, con voce rauca. Si schiarì la gola e cercò di sorridere. «E se ci incontreremo a Tar Valon, mi mostrerai il boschetto.»
37
Il lungo inseguimento
Nynaeve strinse le redini dei tre cavalli e scrutò nel buio della notte, come se potesse penetrarlo e scoprire l’Aes Sedai e il Custode. Era circondata da alberi scheletrici, spogli e scuri nel fioco chiaro di luna. Gli alberi e la notte formavano uno schermo efficace per le azioni di Moiraine e di Lan; nessuno dei due si era soffermato a spiegarle cosa succedeva. «Tieni tranquilli i cavalli» aveva bisbigliato Lan; e tutt’e due erano scomparsi, lasciandola lì come un mozzo di stalla. Nynaeve guardò i tre cavalli e sospirò, esasperata.
Mandarb si confondeva con la notte quasi altrettanto bene del mantello del suo padrone. Quel destriero addestrato alla guerra le permetteva di stargli vicino soltanto perché Lan stesso le aveva messo in mano le redini. Ora il cavallo pareva abbastanza calmo, ma Nynaeve ricordava fin troppo bene come le aveva mostrato i denti in silenzio, quando lei aveva provato a prenderlo per la briglia senza attendere l’approvazione di Lan. Proprio il silenzio aveva reso più temibile la reazione del cavallo. Nynaeve gli diede un’ultima occhiata sospettosa e si girò a scrutare dalla parte dove i due erano scomparsi, accarezzando distrattamente il proprio cavallo. Sobbalzò, sorpresa, quando Aldieb spinse il muso sotto la sua mano, ma dopo un attimo accarezzò anche la giumenta bianca.
«Tu non hai colpa» mormorò «se la tua padrona è un’insensibile...» Scrutò di nuovo le tenebre. Cosa combinavano, quei due?
Lasciata Whitebridge, avevano attraversato villaggi quasi irreali nella loro normalità, privi di qualsiasi legame con un mondo che comprendeva Fade, Trolloc e Aes Sedai. Avevano seguito la Strada per Caemlyn, finché Moiraine si era drizzata sulla sella e aveva scrutato verso levante, come se potesse vedere tutta la grande strada maestra e anche quel che li aspettava a Caemlyn.
Alla fine l’Aes Sedai, con un sospiro, aveva ripreso la posizione normale. «La Ruota gira e ordisce come vuole» aveva mormorato. «Ma non posso credere che ponga fine alla speranza. Devo prendermi cura innanzi tutto di ciò di cui sono sicura, Così vuole la Ruota.» Aveva spinto la giumenta a settentrione, lasciando la strada per inoltrarsi nella foresta: laggiù c’era uno dei tre ragazzi e aveva con sé la moneta. Lan aveva seguito l’Aes Sedai.
Nynaeve aveva dato un’ultima, lunga occhiata alla Strada per Caemlyn. In quel tratto c’era poca gente: un paio di carretti dalle alte ruote, un carro vuoto più distante, un gruppetto di viandanti con le loro cose in spalla o su carriole. Alcuni ammettevano di andare a Caemlyn per vedere il falso Drago, ma altri lo negavano con veemenza, soprattutto coloro che provenivano da Whitebridge. Proprio lì Nynaeve aveva cominciato a credere a Moiraine. Fino a un certo punto. Più di prima, comunque. E non era un pensiero confortante.
Il Custode e l’Aes Sedai erano quasi fuori vista, fra gli alberi, quando lei si era decisa a raggiungerli. Lan si era girato a guardarla di frequente e le aveva fatto segno di affrettarsi, ma era rimasto a fianco di Moiraine, che proseguiva con lo sguardo fisso avanti.
Una sera, la pista invisibile si era interrotta. Accanto al piccolo fuoco dove scaldavano l’acqua per il tè, a un tratto Moiraine, l’impassibile Moiraine, era scattata in piedi e aveva sgranato gli occhi. «Sparita» aveva mormorato.
«È mo...» Nynaeve non era riuscita a terminare la domanda. “Luce santa” aveva pensato “non so nemmeno chi era!"
«Non è morto» aveva detto lentamente l’Aes Sedai. «Ma non ha più con sé il pegno.» Si era seduta di nuovo; aveva mostrato voce calma e mani ferme, mentre toglieva dal fuoco il bricco, vi gettava una manciata di tè e diceva: «Domattina continueremo in questa direzione. Se gli arrivo abbastanza vicino, posso trovarlo anche senza moneta».
Mentre il fuoco si riduceva in brace, Lan si era avvolto nel mantello e si era messo a dormire. Nynaeve non ci era riuscita. Aveva osservato l’Aes Sedai: Moiraine aveva chiuso gli occhi, ma sedeva eretta e Nynaeve sapeva che era sveglia.
Molto tempo dopo che le braci si erano consumate, Moiraine aveva aperto gli occhi. Anche nel buio Nynaeve aveva intuito il sorriso dell’Aes Sedai. «Ha di nuovo la moneta, Sapiente» aveva detto Moiraine. «Andrà tutto bene.» Con un sospiro si era distesa sotto le coperte e quasi subito si era addormentata profondamente.
Per quanto fosse stanca, Nynaeve aveva trovato difficile imitarla. Continuava a pensare al peggio. Moiraine aveva detto che sarebbe andato tutto bene. Ma, dopo Whitebridge, lei aveva difficoltà a crederle.
A un tratto fu strappata ai ricordi: una mano le strinse il braccio. Soffocò un grido e cercò il coltello che portava alla cintura; lo impugnò, prima di capire che si trattava di Lan.
Il Custode non aveva calzato il cappuccio, ma il mantello cangiante si fondeva alla perfezione con la notte, tanto che la chiazza confusa del viso, come la mano, sembrava sospesa a mezz’aria.
Nynaeve si aspettava che Lan facesse commenti sulla facilità con cui si era avvicinato senza farsi sentire, ma il Custode si girò a frugare nelle bisacce. «Abbiamo bisogno di te» disse e si chinò a impastoiare i cavalli.
Terminata l’operazione, la prese per mano e la guidò nella notte. I suoi capelli neri si confondevano col buio quasi come il mantello. A malincuore Nynaeve riconobbe che non sarebbe riuscita a seguirlo, se non l’avesse tenuta per mano. Comunque, non era sicura di potersi liberare della stretta, se lui non fosse stato d’accordo: aveva una presa molto forte.