Выбрать главу

Non mancava molto all’alba, quando Moiraine finalmente stabilì una sosta. Lan trovò un canalone dove accendere il fuoco nascondendolo in una cavità della parete.

Ebbero infine il permesso di liberarsi dei mantelli bianchi e li sotterrarono in una buca scavata accanto al fuoco. Mentre Perrin stava per gettarlo nella buca, posò lo sguardo sul ricamo a forma di sole sopra due stelle. Lasciò cadere il mantello, come se scottasse; si allontanò, strofinandosi sulla giubba le mani, e si sedette da parte.

«E ora» disse Egwene, mentre Lan spalava terriccio per coprire la buca «vorrei che qualcuno mi dicesse dove sono Rand e Mat.»

«Credo che siano a Caemlyn» rispose Moiraine. «O per strada.» Nynaeve mandò un borbottio sprezzante, ma l’Aes Sedai continuò come se non avesse udito: «Se non sono a Caemlyn, li troverò. Lo prometto.»

Consumarono in silenzio un pasto a base di pane, formaggio e tè caldo. Perfino l’entusiasmo di Egwene cedette alla stanchezza. La Sapiente trasse dalla bisaccia un unguento per i lividi lasciati dalle funi e uno diverso per le altre scorticature. Medicò Egwene, poi si avvicinò a Perrin, seduto ai margini del cerchio di luce, ma il ragazzo non alzò gli occhi.

Per un poco Nynaeve rimase a guardarlo in silenzio, poi si accovacciò, con la sacca a fianco, e disse in tono vivace: «Togliti la giubba e la camicia, Perrin. Ho sentito che uno dei Manti Bianchi non ti aveva in simpatia.»

Perrin ubbidì lentamente, pensando ancora al messaggio di Dapple, finché Nynaeve non mandò un ansito di stupore. Allora trasalì e si guardò il torace. Era una massa di colori: le macchie violacee più recenti coprivano quelle meno recenti, scolorite in tonalità di marrone e di giallo. Solo la muscolatura dovuta alle ore di lavoro nella fucina di mastro Luhhan gli aveva impedito di riportare fratture alle costole. Pensando ai lupi, era riuscito a dimenticare il dolore, ma ora se ne ricordò. Senza volerlo, trasse un respiro profondo e si morsicò le labbra per non gridare.

«Come poteva odiarti fino a questo punto?» esclamò Nynaeve, stupita.

"Ho ucciso due uomini” pensò lui. Ma rispose: «Non lo so.»

Nynaeve frugò nella sacca e Perrin sobbalzò, quando la Sapiente cominciò a spalmare sui lividi un unguento. «Edera, pentafillo e radice di zinnia in polvere» disse Nynaeve.

L’unguento, caldo e freddo nello stesso tempo, lo faceva sudare e rabbrividire, ma Perrin non si lamentò. In precedenti occasioni aveva sperimentato le pomate e i cataplasmi della Sapiente. Sotto l’abile tocco delle sue dita, la sensazione di caldo e di freddo svanì e portò via il dolore. Le chiazze violacee diventarono marrone, quelle marrone e giallo impallidirono, alcune scomparvero del tutto. Per prova, Perrin trasse un altro respiro e trasalì appena.

«Sembri sorpreso» disse Nynaeve. Parve un po’ sorpresa, e anche spaventata, forse. «La prossima volta, puoi andare da lei.»

«Sorpreso, no» replicò Perrin, per tranquillizzarla. «Contento.» A volte gli unguenti di Nynaeve agivano rapidamente, altre volte più lentamente, ma davano sempre risultato. «Cosa... cos’è accaduto, a Rand e a Mat?»

Nynaeve rimise nella sacca barattoli e vasetti, spingendoli con forza. «Lei dice che stanno bene. Lei dice che li troverà. A Caemlyn, dice lei. Lei dice che per noi è molto importante trovarli, qualsiasi cosa significhi. Lei dice un mucchio di cose.»

Perrin sorrise, nonostante tutto. La Sapiente era sempre quella di una volta: lei e l’Aes Sedai erano ancora ben lontano dall’essere amiche.

A un tratto Nynaeve s’irrigidì, fissandolo in viso. Lasciò cadere la sacca e gli premette il dorso della mano sulla fronte e sulle guance. Perrin cercò di ritrarsi, ma lei gli bloccò la testa e gli rovesciò le palpebre, scrutando gli occhi e borbottando fra sé.

«Non capisco» disse infine, lasciandolo e tornando a sedersi sui talloni. «Se fosse itterizia, non ti reggeresti in piedi. Invece non hai febbre e il bianco degli occhi non è giallo. Solo le iridi.»

«Giallo?» disse Moiraine; Perrin e Nynaeve sobbalzarono. L’Aes Sedai si era avvicinata senza fare rumore. Egwene già dormiva accanto al fuoco, avvolta nel mantello. Anche Perrin si sentiva le palpebre pesanti.

«Non è niente» disse; ma Moiraine gli mise la mano sotto il mento e gli girò il viso in modo da guardarlo negli occhi, come aveva fatto Nynaeve. Perrin si scostò: le due donne lo trattavano come se fosse un bambino. «Non è niente» ripeté.

«Era impossibile prevederlo» disse Moiraine, come se parlasse a se stessa. «Una cosa preordinata, oppure un cambiamento nel Disegno? In questo caso, per mano di chi? La Ruota gira e ordisce come vuole. Non può essere altro.»

«Sai che cos’è?» domandò Nynaeve, con riluttanza; poi esitò. «Puoi fare qualcosa per lui? Con la tua abilità di guaritrice?» La richiesta d’aiuto, ammissione d’impotenza, le uscì di bocca come strappata con le pinze.

Perrin guardò di brutto le due donne. «Se volete parlare di me, parlate anche a me. Sono qui seduto.» Nessuna delle due lo guardò.

«Guaritrice?» sorrise Moiraine. «L’abilità di guaritrice non può fare nulla, in questo caso. Non è una malattia e non...» Esitò un attimo. Allora guardò Perrin, un’occhiata rapida, piena di rimpianto. «Stavo per dire che non gli farà del male. Ma chi può sapere come andrà a finire? Almeno, non lo danneggerà direttamente.»

Nynaeve si alzò, si pulì le ginocchia e affrontò l’Aes Sedai faccia a faccia. «Non basta» replicò. «Se c’è qualcosa di sbagliato nei...»

«Quel che c’è, c’è. Non si può cambiare ciò che è già tessuto. Moiraine distolse lo sguardo.» Dobbiamo dormire, finché è possibile, e metterci in cammino alle prime luci. Se la mano del Tenebroso diventa troppo forte... Dobbiamo arrivare in fretta a Caemlyn.

Nynaeve raccolse con rabbia la sacca e si allontanò prima che Perrin potesse parlare. Il ragazzo brontolò un’imprecazione, ma fu colpito da un pensiero improvviso e si rimise a sedere, a bocca aperta. Moiraine sapeva. L’Aes Sedai sapeva dei lupi. E pensava che potesse essere opera del Tenebroso. Fu percorso da un brivido. S’infilò in fretta la camicia, rimboccandola goffamente nelle brache, e si rimise la giubba e il mantello. Vestirsi non gli fu di grande aiuto: si sentiva gelato fin nelle ossa.

Lan si lasciò cadere a terra, a gambe incrociate, e gettò indietro il mantello. Perrin fu lieto di quel gesto: era spiacevole guardare il Custode e non riuscire a fermare su di lui lo sguardo.

Per un poco rimasero a fissarsi. I tratti duri del Custode erano indecifrabili, ma negli occhi Perrin credette di scorgere... qualcosa. Simpatia? Curiosità? Tutt’e due?

«Lo sai?» domandò; e Lan annuì.

«So qualcosa, non tutto» rispose il Custode. «Ti è semplicemente accaduto, oppure hai incontrato una guida, un intermediario?»

«C’era un uomo» disse lentamente Perrin. Pensò: “Lui sa. Non penserà la stessa cosa di Moiraine?" E continuò: «Disse di chiamarsi Elyas. Elyas Machera.» Lan inspirò a fondo e Perrin gli scoccò un’occhiata penetrante. «Lo conosci?»

«L’ho conosciuto. Mi ha insegnato molte cose, sulla Macchia e su questa.» Toccò l’elsa. «Era un Custode, prima che... prima che accadesse. L’Ajah Rossa...» Lanciò uno sguardo a Moiraine, distesa accanto al fuoco.

Era la prima volta che Perrin notava un’incertezza nel Custode. A Shadar Logoth, Lan era stato sicuro e forte, come quando affrontava Fade e Trolloc. Non che ora fosse spaventato, ma si mostrava cauto, come se fosse pericoloso dire troppo.

«Ho sentito parlare dell’Ajah Rossa» disse Perrin.

«E gran parte di quel che hai udito è sbagliata, senza dubbio. Vedi, esistono delle... fazioni, all’interno di Tar Valon. Sono in disaccordo sul modo di combattere il Tenebroso. La meta è la stessa, ma le differenze... le differenze possono significare vite cambiate o troncate. Vite di uomini e di nazioni. Sta bene, Elyas?»