Da sopra la spalla della ragazza, il giovane esaminò Rand e tastò il pugnale che portava alla cintola. Ma il gesto parve dettato più dall’abitudine che dalla convinzione di doversene servire. Il ragazzo aveva la stessa padronanza di sé della ragazza, e tutt’e due guardavano Rand come se si trattasse di un problema da risolvere. Rand provò la bizzarra sensazione che la ragazza, almeno, catalogasse ogni cosa di lui, dagli stivali alle condizioni del mantello.
«Non la passeremo liscia, Elayne, se nostra madre lo viene a sapere» disse all’improvviso il ragazzo. «Ci ha detto di non uscire, ma tu hai voluto ugualmente dare un’occhiata a Logain. Ed ecco il risultato.»
«Sta’ zitto, Gawyn» replicò la ragazza. Era chiaramente la più giovane dei due, ma parlava come se desse per scontato che l’altro ubbidisse. Il ragazzo parve sul punto di replicare, ma con sorpresa di Rand si trattenne. «Stai bene?» domandò all’improvviso Elayne.
Rand impiegò un istante a capire che si era rivolta a lui. Allora cercò di alzarsi. «Sto bene. Solo...» Barcollò e si sentì mancare le gambe. Tornò a sedersi di peso. La testa gli girava. «Scalerò di nuovo il muro» borbottò. Riprovò ad alzarsi, ma lei gli posò la mano sulla spalla e lo costrinse a stare seduto.
«Sei ferito» disse. Si inginocchiò accanto a lui e con delicatezza gli scostò i capelli insanguinati. «Nel cadere devi avere colpito un ramo. Per fortuna non ti sei rotto niente, a parte la lacerazione al cuoio capelluto. Sei davvero abile, ad arrampicarti, ma a cadere non te la cavi molto bene.»
«Ti sporcherai di sangue» disse Rand, ritraendosi.
Con fermezza lei gli bloccò la testa per esaminarla. «Stai fermo» disse. Non usò un tono brusco, ma nella voce aveva di nuovo la sicurezza di chi s’aspetta ubbidienza. «Non sembra un taglio grave, grazie alla Luce.» Dalle tasche interne del mantello cominciò a estrarre una serie di piccole fiale e di bustine e alcuni tamponi di garza.
Rand fissò, stupito, quella collezione: il genere di cose che s’aspettava di trovare addosso a una Sapiente, non a una ragazza vestita come lei. Elayne si era sporcata di sangue le dita, ma non sembrò darvi peso.
«Gawyn, dammi la fiasca» disse. «Bisogna lavare la ferita.»
Il ragazzo si sganciò dalla cintura una fiaschetta di pelle e la porse alla ragazza, poi si sedette sui talloni, ai piedi di Rand, e incrociò le braccia sulle ginocchia. Elayne si mise a lavare la ferita, con gesti assai abili. Rand non trasalì al bruciore dell’acqua fredda, ma lei gli tenne ferma la testa come se si aspettasse che si ritraesse di nuovo e volesse evitarlo. Lavata la ferita, applicò un unguento preso da una fiala, che attenuò il dolore come avrebbe fatto uno dei preparati di Nynaeve.
Mentre lei si dava da fare, Gawyn rivolse a Rand un sorriso. «Trova sempre gatti randagi e uccellini con l’ala rotta» disse. «Sei il primo essere umano che cura.» Esitò, poi soggiunse: «Non offenderti. Non voglio darti del randagio.» Non erano parole di scusa, ma una semplice constatazione.
«Nessuna offesa» replicò Rand, rigidamente. I due si comportavano come se avessero a che fare con un cavallo ombroso.
«Sa davvero il fatto suo» disse Gawyn. «Ha avuto i maestri migliori. Non temere, sei un buone mani.»
Elayne premette sulla ferita un tampone di garza e si tolse dalla cintura un fazzoletto di seta, azzurro e crema e oro. Per qualsiasi ragazza di Emond’s Field sarebbe stato un prezioso ornamento da giorno di festa. Elayne lo avvolse destramente intorno alla testa di Rand, per tenere a posto il tampone di garza.
«Non puoi usare un fazzoletto così bello» protestò vivacemente Rand.
Lei continuò a fasciarlo. «Ti ho detto di stare fermo» replicò, calma.
Rand guardò Gawyn. «Si aspetta sempre che chiunque faccia quel che dice lei?»
Un lampo di sorpresa passò sul viso del ragazzo, che strinse le labbra in una smorfia di divertimento. «Quasi sempre» rispose. «E la maggior parte delle volte le ubbidiscono.»
«Tieni qui» disse Elayne. «Metti il dito, mentre lego...» Mandò un’esclamazione, alla vista delle mani. «Questi graffi non te li sei fatti cadendo. Ti sei arrampicato dove non dovevi arrampicarti.» Terminò in fretta il nodo e gli girò le mani a palmo in su, brontolando tra sé che era rimasta poca acqua. Il lavaggio provocò bruciore, ma il tocco della ragazza era assai delicato. «Stai fermo, adesso.»
Prese di nuovo la fiala d’unguento. Ne spalmò sui graffi uno strato sottile, badando ad applicarlo senza fargli male. Un senso di frescura si diffuse nelle mani di Rand, come se lei portasse via i punti scorticati.
«Quasi sempre fanno come dice lei» riprese Gawyn, con un sorriso affettuoso rivolto alla ragazza. «Quasi tutti. Tranne nostra madre, ovviamente, e Elaida. E anche Lini. Lini è la sua nutrice. Non si danno ordini a chi ti ha sculacciato perché da piccola rubavi fichi. E anche da grandicella.» Elayne alzò la testa quanto bastava a lanciargli un’occhiata minacciosa. Gawyn si schiarì la voce e si premurò di assumere un’espressione vacua, prima di continuare. «E Gareth, è logico. Nessuno dà ordini a Gareth.»
«Neppure nostra madre» disse Elayne, tornando a guardare le mani di Rand. «Gli dà suggerimenti, che lui segue sempre, ma mai ordini.» Scosse la testa.
«Non so perché questo fatto ti sorprende sempre» replicò Gawyn. «Perfino tu non dici mai a Gareth cosa deve fare. È stato al servizio di tre Regine, e Capitano Generale, e Principe Reggente per due di loro. Oserei dire che simboleggia il Trono di Andor più della Regina.»
«Nostra madre dovrebbe decidersi e sposarlo» disse Elyana, con tono assente, occupata a ripulire le mani di Rand. «E vuole farlo: a me non può nasconderlo. Così risolverebbe un mucchio di problemi.»
Gawyn scosse la testa. «Prima uno dei due deve piegarsi. Nostra madre non può e Gareth non vuole.»
«Se lei gli ordinasse...»
«Lui ubbidirebbe. Credo. Ma lei non glielo ordinerà. Lo sai benissimo.»
All’improvviso si girarono a fissare Rand. Quest’ultimo ebbe l’impressione che si fossero dimenticati della sua presenza. Ma disse: «Chi... chi è vostra madre?»
Elayne sgranò gli occhi, sorpresa; ma Gawyn rispose in un tono normale che rese più sconvolgente la risposta. «Morgase, per grazia della Luce Regina di Andor, Protezione del Regno, Difesa del Popolo, Somma Sede della Casa di Trakand.»
«La Regina» mormorò Rand, come intontito. Bel modo, per non attirare l’attenzione, si disse; cadere nel giardino della Regina e lasciare che l’Erede lo curasse come una medicona. Aveva voglia di ridere, ma capì d’essere sull’orlo del panico.
Inspirò a fondo e si alzò. Non voleva darsi alla fuga, ma doveva andarsene prima di farsi scoprire.
Elayne e Gawyn lo guardarono e si alzarono anche loro, senza la minima fretta. Rand allungò la mano per togliersi il fazzoletto, ma Elayne gli bloccò il braccio. «Smettila di toccare la ferita» disse. «Finirai per farla sanguinare di nuovo.»
«Devo andarmene» disse Rand. «Mi arrampico di nuovo sul muro e...»
Per la prima volta Elayne parve sorpresa. «Vuoi dire che ti sei arrampicato sul muro per vedere Logain senza sapere dov’eri? Avresti avuto una visuale migliore, per le vie.»
«Non... non mi piace la folla» mormorò Rand. Rivolse a tutt’e due un rapido inchino. «Se vuoi scusarmi, ah... milady.» Nelle storie, le corti reali erano piene di persone che si rivolgevano titoli come Lord e Lady e Altezza Reale e Maestà; ma lui, se mai aveva udito il modo corretto di rivolgersi all’Erede, non lo ricordava. «Se vuoi scusarmi, me ne vado subito. Ah... grazie per...» Si toccò il fazzoletto che gli fasciava la testa. «Grazie.»