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«Hai ragione, bambina» disse il menestrello. «Mi scuso umilmente. Sono qui per divertire. Ah, la lingua mi mette sempre in qualche guaio.»

«Forse non abbiamo viaggiato quanto te» disse Perrin, in tono piatto «ma che cosa c’entra la statura di Rand?»

«Solo questo, ragazzo. Più tardi ti sfiderò a sollevarmi in aria, ma tu non riuscirai a farmi staccare i piedi da terra. Né tu, né il tuo amico lungagnone. Rand, giusto? Né qualsiasi altro. Allora, cosa ne pensi?»

Perrin sbuffò e rise. «Ti sollevo anche subito» disse. Avanzò d’un passo, ma Thom Merrilin lo bloccò.

«Dopo, ragazzo, dopo. Quando ci sono più spettatori. L’artista ha bisogno di pubblico.»

Intanto, alla comparsa del menestrello, una ventina di persone si era radunata nel Parco: giovanotti, ragazze e bambini che in silenzio scrutavano a occhi sgranati da dietro gli adulti. Pareva che tutti si aspettassero miracoli. Merrilin li guardò, parve quasi contarli, scosse leggermente la testa e sospirò.

«Forse è meglio darvi un assaggio. Così correte a raccontarlo in giro. Eh? Solo un assaggio di quel che vedrete domani alla festa.»

Arretrò d’un passo; all’improvviso con una capriola balzò in aria e ricadde in piedi sull’antica fondazione di pietra, faccia alla piccola folla. Tre palle, rossa, bianca e nera, cominciarono a danzargli fra le mani, mentre ricadeva.

Dagli spettatori provenne un mormorio di stupore e di soddisfazione. Perfino Rand dimenticò d’essere irritato. Rivolse a Egwene un sogghigno e ricevette in cambio un sorriso deliziato; tutt’e due si girarono a guardare, impassibili, il menestrello.

«Volete storie?» declamò Thom Merrilin. «E storie vi darò. Le farò diventare vive sotto i vostri occhi.» Una palla azzurra, spuntata da chissà dove, si unì alle altre, poi una verde e una gialla. «Storie di guerre e di eroi, per grandi e piccini. L’intero Ciclo Aptarigino. Storie di Artur Paedrag Tanreall, Artur Hawkwing, Artur Aladifalco, Artur il Gran Monarca, che un tempo regnò su tutte le terre dal deserto dell’Aiel all’oceano Aryth e anche al di là. Storie meravigliose di popoli bizzarri e di terre bizzarre, dell’Uomo Verde, di Custodi e di Trolloc, di Ogier e di Aiel. I mille racconti di Anla, la consigliera saggia. ‘Jaem l’Uccisore del Gigante’. Come Susa domò Jain Farstrider. ‘Mara e i tre Re sciocchi’.»

«Parlaci di Lenn» disse Egwene. «Di come volò sulla luna, nel ventre di un’aquila di fuoco. E di sua figlia Salya, che cammina fra le stelle.»

Rand la guardò di sottecchi, ma lei pareva interessata solo al menestrello. Non le erano mai piaciute storie d’avventure e di viaggi, preferiva quelle buffe, o quelle di donne che mettevano nel sacco gente ritenuta più furba di tutti. Di certo aveva chiesto la storia di Lenn e di Salya per stuzzicare il menestrello: il mondo esterno non era adatto alla gente dei Fiumi Gemelli. Ascoltare avventure, perfino sognarle, era una cosa tutta diversa dal vederle accadere sotto i propri occhi.

«Storie vecchie, quelle» disse Thom Merrilin, e a un tratto si destreggiava con tre palle colorate per mano. «Storie dell’Epoca precedente l’Epoca Leggendaria, dicono alcuni. Forse anche più antiche. Ma io ho tutte le storie, badate bene, di Epoche che furono e che saranno. Epoche in cui l’uomo governava i cieli e le stelle, ed Epoche in cui vagabondava come gli animali. Epoche di meraviglie ed Epoche di orrori. Epoche concluse da una pioggia di fuoco ed Epoche condannate da neve e ghiaccio su terre e mari. Ho tutte le storie e racconterò tutte le storie. Racconti di Mosk il Gigante, con la Lancia di Fuoco che arrivava fin dall’altra parte del mondo, e della sua guerra contro Alsbet, la Regina di Tutto. Racconti della Guaritrice Materese, Madre del Meraviglioso Ind.»

Le palle multicolori adesso danzavano fra le mani di Thom in due cerchi incrociati. La voce del menestrello era quasi una cantilena. Thom si girò lentamente, come se osservasse gli spettatori per soppesare l’effetto. «Vi racconterò della fine dell’Epoca Leggendaria, del Drago e del suo tentativo di sguinzagliare nel mondo degli uomini il Tenebroso. Vi parlerò del Tempo della Follia, quando le Aes Sedai frantumarono il mondo; delle guerre Trolloc, quando gli uomini disputarono ai Trolloc il dominio della terra; della Guerra dei Cento Anni, quando uomini combatterono contro uomini e nacquero le attuali nazioni. Vi racconterò avventure di uomini e donne, di ricchi e poveri, grandi e piccoli, orgogliosi e umili. L’assedio delle Colonne del Cielo. ‘Come comare Karil guarì il marito dal vizio di russare’. Re Darith e la caduta della Casa di...»

Di colpo Thom interruppe il fiume di parole e il mulinare di palle colorate. Senza che Rand l’avesse notato, Moiraine si era unita agli spettatori. Lan le era al fianco, per quanto quasi invisibile. Per un momento Thom guardò di sottecchi Moiraine, senza muovere muscolo, a parte il gesto per riporre nelle capaci maniche della giubba le palle colorate. Poi le rivolse un inchino, allargando a ruota il mantello. «Chiedo scusa» disse «ma tu non sei certo di questo distretto.»

«Lady!» sibilò furiosamente Ewin. «Lady Moiraine.»

Thom parve sorpreso, poi eseguì un altro inchino, più profondo. «Ti chiedo scusa di nuovo... ah, lady. Non intendevo mancarti di rispetto.»

Con un gesto Moiraine chiuse la faccenda. «Non mi ritengo offesa, mastro Bardo. E mi chiamo semplicemente Moiraine. Sono davvero forestiera, qui; una viandante come te, sola e lontano da casa. Il mondo a volte è un luogo pericoloso, se si è forestieri.»

«Lady Moiraine raccoglie storie» intervenne Ewin. «Storie sugli avvenimenti accaduti nei Fiumi Gemelli. Ma non so cosa sia accaduto, qui, degno d’essere una storia.»

«Mi auguro che le mie storie piacciano anche a te... Moiraine.» Thom la guardò con chiara diffidenza. Non pareva contento d’averla trovata nel villaggio.

«Questione di gusti, mastro Bardo» rispose Moiraine. «Alcune storie mi piacciono, altre no.»

L’inchino di Thom fu ancora più profondo del precedente. «Nessuna delle mie storie ti dispiacerà, te lo garantisco. Piacciono e divertono. E mi fai troppo onore: sono un semplice menestrello, non un Bardo.»

Con un cenno benevolo Moiraine rispose all’inchino. Per un istante parve davvero una lady che accettasse l’omaggio di un suddito. Poi si girò e si allontanò; Lan la seguì: un lupo alle calcagna d’un cigno. Thom continuò a fissarli, con le sopracciglia aggrottate, lisciandosi con le nocche i baffoni, finché non percorsero metà Parco. “Non è per niente contento” pensò Rand.

«Ora fai altri giochi di destrezza?» domandò Ewin.

«Mangia il fuoco!» gridò Mat. «Voglio vederti mangiare il fuoco!»

«L’arpa!» gridò una voce dalla folla. «Suona l’arpa!» Un altro chiese il flauto.

In quel momento la porta della locanda si spalancò e uscirono i membri del Consiglio del Villaggio. Nel gruppo c’era Nynaeve, ma non Padan Fain. A quanto pareva, l’ambulante era rimasto al caldo della sala comune a bere vino speziato.

A un tratto, brontolando qualcosa a proposito di “un bicchierino di robusta acquavite", Thom Merrilin saltò giù dalle vecchie fondamenta. Senza badare alle proteste degli spettatori, approfittò dell’uscita dei consiglieri per farsi largo ed entrare nella locanda.

«È un menestrello o un re?» protestò Cenn Buie, irritato. «Uno spreco di denaro, se volete il mio parere.»

Bran al’Vere si girò a mezzo verso il menestrello, poi scosse la testa. «Quell’uomo ci darà più grattacapi di quel che vale.»

Nynaeve, occupata ad avvolgersi nel mantello, sbuffò ad alta voce, «Pensa pure al menestrello, Brandelwyn al’Vere. Almeno lui è qui a Emond’s Field: cosa che non si può dire di questo falso Drago. Ma visto che hai tanta voglia di preoccuparti, qui ci sono altri che dovrebbero suscitare le tue preoccupazioni.»