«Qui ho già visto quattro gatti» disse. «Hai difficoltà con i topi? Con i ratti?»
«Ratti, Moiraine Sedai» sospirò il locandiere. «Sono un vero guaio. Eppure tengo pulito il locale. Ma c’è troppa folla. La città è piena di gente e di topi. Però a questi ultimi ci pensano i miei gatti. Non ti daranno alcun disturbo, te lo garantisco.»
Rand scambiò una fuggevole occhiata con Perrin, che si affrettò ad abbassare gli occhi. C’era qualcosa di bizzarro, negli occhi di Perrin: e il ragazzo era troppo silenzioso. In genere era di poche parole, ma ora non apriva proprio bocca. «Forse è colpa della folla» disse Rand.
«Col tuo permesso, mastro Gill» disse Moiraine, come se lo desse per scontato «c’è un sistema assai semplice per tenere i ratti lontano da questa via. Con un po’ di fortuna, non si accorgeranno nemmeno che qualcosa li tiene lontano.»
A quest’ultima frase mastro Gill corrugò la fronte, perplesso; ma fece un inchino per indicare che accettava l’offerta. «Sei sicura di non volere andare al Palazzo, Aes Sedai?» disse.
«Dov’è Mat?» intervenne all’improvviso Nynaeve. «Lei ha detto che era qui anche lui.»
«Di sopra» rispose Rand. «È... non si sente bene.»
Nynaeve sollevò la testa. «È ammalato? Lascerò i ratti a lei e mi occuperò di Mat. Portami subito da lui, Rand.»
«Salite tutti» disse Moiraine. «Vi raggiungerò fra qualche minuto. Non sta bene affollare la cucina di mastro Gill e sarebbe meglio avere un posto dove stare tranquilli per un poco.» Sotto sotto, nelle sue parole c’era un avvertimento: tenersi fuori vista, perché era ancora necessario nascondersi.
«Venite» disse Rand. «Saliremo dalla scala posteriore.»
I tre di Emond’s Field lo seguirono verso il retro e lasciarono l’Aes Sedai e il Custode in cucina con mastro Gill. Rand non stava nella pelle, perché erano di nuovo insieme. Gli pareva quasi d’essere tornato a casa. Non riusciva a smettere di sorridere.
Lo stesso sollievo, quasi gioioso, pareva colpire anche gli altri. Ridacchiavano tra sé, continuavano a stringergli il braccio. La voce di Perrin pareva mogia e lui teneva ancora la testa bassa, ma cominciò a parlare mentre salivano.
«Moiraine ha detto che poteva trovare te e Mat, e c’è riuscita. Quando siamo entrati in città, non la smettevamo di fissare a bocca aperta la gente, gli edifici, ogni cosa.» Scosse la testa, incredulo. «È tutto così grande! E c’è tanta di quella gente! Alcuni non smettevano di fissarci e gridavano: “Rosso o bianco?" come se avesse un significato.»
Egwene toccò la spada di Rand e la stoffa rossa che la copriva. «Cosa significa?»
«Niente d’importante. Partiamo per Tar Valon, l’hai scordato?»
Egwene gli scoccò un’occhiata, ma ritrasse la mano e continuò da dove Perrin si era interrotto. «Moiraine non guardava niente, come Lan, del resto. Ci ha guidati avanti e indietro per le vie, come un cane che fiuti l’usta. Quasi pensavo che tu non potessi essere qui. Poi, all’improvviso, ha lasciato la via, ha affidato i cavalli a un garzone di stalla ed è entrata in cucina. Non ha mai domandato se eravate qui. Si è limitata a dire a una donna che mescolava la pastella di riferire a Rand al’Thor e a Mat Cauthon che una persona voleva vederli. E sei comparso tu.» Sogghignò. «Come una palla che sbuca dal nulla nella mano d’un giocoliere.»
«Dov’è il menestrello?» domandò Perrin. «È con voi?»
Rand si sentì contrarre lo stomaco: il piacere di avere intorno gli amici si velò un poco. «Thom è morto. Penso che sia morto. C’era un Fade...» Non riuscì a dire altro. Nynaeve scosse la testa, borbottando sottovoce.
Il silenzio divenne pesante, soffocò le risatine, offuscò la gioia, finché non arrivarono al pianerottolo in cima alla scala.
«Mat non è realmente ammalato» disse allora Rand. «È... Be’, lo vedrete da soli.» Spalancò la porta. «Mat, guarda chi c’è!»
Mat, ancora rannicchiato nel letto come quando Rand era uscito, alzò la testa per fissare i nuovi arrivati. «Come fai a sapere che sono proprio coloro di cui hanno l’aspetto?» disse, con voce rauca. Era rosso in viso, con la pelle tirata e lucida di sudore. «Come faccio a sapere che sei quello che sembri?»
«E secondo te non è ammalato?» disse Nynaeve a Rand, con un’occhiata di rimprovero, togliendosi di spalla la sacca.
«Tutto cambia» gracchiò Mat. «Como posso essere sicuro? Perrin? Sei tu? Sei cambiato, vero?» La risata parve piuttosto un colpo di tosse. «Oh, sì, sei cambiato.»
Con sorpresa di Rand, Perrin si lasciò cadere sul bordo dell’altro letto, si prese fra le mani la testa e fissò per terra. La risata secca di Mat parve trapassarlo.
Nynaeve s’inginocchiò accanto a Mat e gli toccò il viso, spingendo via la fascia. Mat si ritrasse di scatto, con un’occhiata di disgusto. Aveva gli occhi lucidi. «Scotti» disse Nynaeve «ma non dovresti sudare così tanto.» Dal tono traspariva la preoccupazione. «Rand, tu e Perrin andate a prendere panni puliti e tutta l’acqua fredda che potete. Prima ti farò scendere la febbre, Mat, e poi..»
«La bella Nynaeve» sbottò Mat. «Una Sapiente non dovrebbe pensare a se stessa come a una donna, no? Non una donna bella. Ma tu sì, vero? Ora. Non riesci a dimenticare che sei una bella donna, e questo ti spaventa. Tutti cambiano.» Nynaeve impallidì, forse di collera. Mat rise furbescamente e posò su Egwene lo sguardo febbricitante. «Bella Egwene» gracchiò. «Bella come Nynaeve. E con lei condividi altre cose, ora, vero? Altri sogni. Cosa sogni, ora?» Egwene arretrò d’un passo.
«Per il momento siamo al sicuro dagli occhi del Tenebroso» disse Moiraine, entrando con Lan alle calcagna. Posò lo sguardo su Mat e sibilò come se avesse toccato un fornello rovente. «State lontano da lui!»
Nynaeve non si mosse, ma si girò a fissare l’Aes Sedai, sorpresa. In due rapidi passi Moiraine afferrò per la spalla la Sapiente e la tirò via come un sacco di grano. Nynaeve si ribellò, ma Moiraine non la lasciò andare finché non fu lontano dal letto. La Sapiente si rimise in piedi e continuò a protestare, lisciandosi la veste; Moiraine non le badò e si limitò a fissare Mat come avrebbe guardato una vipera.
«State lontano da lui, tutti» disse. «E fate silenzio.»
Mat la fissò con pari intensità. Snudò i denti in un ringhio muto e si rannicchiò maggiormente, ma non la perdette mai di vista. Con gesti lenti, Moiraine gli posò la mano sul ginocchio stretto al petto. Al tocco, Mat fu scosso da una convulsione, un brivido di ripulsa che gli attraversò tutto il corpo; all’improvviso allungò la mano e col pugnale dall’elsa di rubino vibrò un fendente contro il viso di Moiraine.
Lan si mosse con la velocità del lampo: in un baleno fu accanto al letto e afferrò il polso di Mat, bloccandolo a mezz’aria. Mat rimase raggomitolato, cercò solo di muovere la mano armata per liberarla dalla stretta implacabile del Custode. Con lo sguardo ardente d’odio non abbandonò mai Moiraine.
Anche Moiraine non si mosse. Non trasalì per la vicinanza della lama, come non aveva reagito al tentativo di colpirla. «Come l’ha avuto?» domandò, con voce d’acciaio. «Vi ho chiesto se Mordeth vi aveva dato qualcosa e vi ho avvertiti. Avevate risposto di no.»
«Non gliel’ha dato Mordeth» rispose Rand. «Lui... Mat l’ha preso dalla stanza del tesoro.» Moiraine lo guardò, con occhi ardenti quasi quanto quelli di Mat. Rand quasi arretrò, prima che lei si rivolgesse di nuovo al letto. «L’ho scoperto solo dopo che ci siamo separati» disse. «Non ne sapevo niente.»
«Non sapevi.» Moiraine studiò Mat, ancora raggomitolato, ancora ringhiante, ancora impegnato a liberare la mano dalla stretta di Lan. «È sorprendente che siate andati così lontano, portando con voi quel pugnale. Ne ho percepito il male, quando ho guardato Mat: il tocco di Mashadar. Ma un Fade lo sentirebbe a miglia di distanza. Anche senza conoscerne la posizione precisa, ne avvertirebbe la vicinanza; e Mashadar attirerebbe il suo spirito, mentre le sue ossa ricorderebbero che questo stesso male inghiottì un esercito... Signori del Terrore, Fade, Trolloc e tutto il resto. Anche alcuni Amici delle Tenebre potrebbero percepirlo: quelli che hanno realmente ceduto la propria anima. Si porrebbero domande, nel sentirlo all’improvviso, come se l’aria stessa tutt’intorno formicolasse. Proverebbero la costrizione a cercarlo. Certo li ha attirati come il miele attira le mosche.»