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Negalo. Negalo, e il suo potere non prevarrà.

Si concentrò sulla locanda, sul letto, su se stesso addormentato. Quando riaprì gli occhi, la porta non era svanita. Lo sgocciolio pareva l’eco del suo cuore. Rand cercò la fiamma e il vuoto, come Tam gli aveva insegnato, e trovò la calma interiore; ma all’esterno nulla cambiò. Lentamente, Rand aprì la porta e la varcò.

Ogni cosa era come la ricordava, in quella stanza che sembrava scavata nella roccia viva. Alte finestre ad arco portavano a un balcone senza ringhiera, al di là del quale strati di nuvole scorrevano come fiume in piena. Le lampade di metallo, con la fiamma troppo luminosa, rilucevano, nere eppure splendenti come argento. Nello spaventoso caminetto, il fuoco ruggiva, ma non emanava calore; ogni pietra sembrava vagamente una faccia tormentata.

C’era una sola differenza: tre statuine, poste sul lucido tavolo, di forma vagamente umana, come se lo scultore avesse avuto fretta a lavorare l’argilla. Una statuina aveva accanto a sé un lupo, reso più chiaro dal confronto con la rozza sagoma umana; un’altra stringeva un minuscolo pugnale sulla cui elsa scintillava un puntino rosso. L’ultima reggeva una spada. Rand si sentì rizzare i capelli e si avvicinò quanto bastava a scorgere l’airone inciso fin nei minimi particolari sulla lama.

Sollevò la testa di scatto, preso dal panico, e si trovò a guardare proprio nell’unico specchio. L’immagine riflessa era sempre confusa, ma meno annebbiata di prima: quasi si distinguevano i lineamenti. Forse, se avesse strizzato gli occhi, l’avrebbe riconosciuta.

«Per troppo tempo ti sei nascosto da me.»

Rand si girò di scatto, ansimando. L’attimo prima era da solo, ma ora, fermo davanti alla porta-finestra, c’era Ba’alzamon. Quando parlò, caverne di fiamma presero il posto degli occhi e della bocca.

«Per troppo tempo, ma ormai non più.»

«Nego che tu abbia potere su di me» disse Rand, rauco. «Nego la tua esistenza.»

Ba’alzamon si mise a ridere. «Credi che sia così facile? Ma a dire il vero l’hai sempre creduto. Ogni volta che ci siamo confrontati, hai creduto di potermi sfidare.»

«Cosa vuol dire, ogni volta? Ti nego!»

«Lo dici sempre. All’inizio. Questo scontro fra noi si è già verificato innumerevoli volte. Ogni volta hai un viso diverso e un altro nome, ma sei sempre tu.»

«Ti nego!» Fu un bisbiglio di disperazione.

«Ogni volta scagli contro di me la tua misera forza e ogni volta, alla fine, capisci chi è il padrone. Epoca dopo Epoca, t’inginocchi davanti a me, o muori col rimpianto di non avere ancora la forza d’inginocchiarti. Povero sciocco, non puoi mai vincere, contro di me.»

«Bugiardo! Padre delle Menzogne. Padre degli Sciocchi, se non sai fare di meglio. Gli uomini ti trovarono, nell’ultima Epoca, l’Epoca Leggendaria, e ti legarono nel luogo cui appartieni.»

Ba’alzamon rise di nuovo, di scherno; Rand avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non udirlo, ma si costrinse a non muovere le mani. Però gli tremavano, quando infine la risata terminò.

«Verme, tu non sai niente. Ignorante come uno scarafaggio sotto una pietra, schiacciato con altrettanta facilità. Questa lotta prosegue dal momento della creazione. Gli uomini pensano sempre che sia una guerra nuova, ma è sempre la stessa, riscoperta. Solo ora il mutamento soffia nel vento del tempo. Stavolta non ci sarà ritorno. Quelle orgogliose Aes Sedai che pensano di potersi opporre a me... le vestirò di catene e le manderò a correre nude per ubbidire al mio volere, o riempirò delle loro anime il Pozzo del Destino, dove urleranno per l’eternità. Tutte, tranne coloro che già mi servono. Loro staranno solo un gradino al di sotto di me. Puoi scegliere di stare con loro, mentre il mondo striscia ai tuoi piedi. Per l’ultima volta, ti offro la possibilità. Sarai al di sopra di loro, al di sopra d’ogni potere e d’ogni dominazione, a parte me. Ci sono state delle volte in cui hai fatto questa scelta e sei vissuto abbastanza a lungo da conoscere il tuo potere.»

Negalo! Rand si afferrò a quel che poteva negare. «Non ci sono Aes Sedai al tuo servizio. Un’altra menzogna!»

«Così t’hanno detto? Duemila anni fa, con i miei Trolloc, girai il mondo e persino fra le Aes Sedai trovai anime che conoscevano la disperazione, che sapevano che il mondo non poteva opporsi a Shai’tan. Per duemila anni l’Ajah Nera è vissuta fra le altre, invisibile, nell’ombra. Forse comprende perfino coloro che sostengono d’aiutarti.»

Rand scosse la testa, nel tentativo di scacciare i dubbi che, vi si ingigantivano, tutti i dubbi avuti nei confronti di Moiraine, di quello che l’Aes Sedai voleva da lui, dei piani che lei aveva fatto su di lui. «Cosa vuoi da me?» gridò.

«In ginocchio!» Ba’alzamon indicò il pavimento davanti a sé. «In ginocchio! Riconosci in me il tuo padrone! Alla fine, lo farai. Sarai una mia creatura, oppure morirai.»

L’ultima parola continuò a echeggiare nella stanza, tanto che Rand sollevò le braccia come per proteggersi la testa. Barcollò all’indietro, urtò il tavolo, gridò per soffocare l’eco che lo perseguitava. «Noooooooo!»

Si girò di scatto e col braccio spazzò il piano del tavolo, gettando a terra le statuine. Sentì una puntura alla mano, ma non vi badò; pestò le figurine di creta, le ridusse a una macchia informe. Ma quando smise di gridare, l’eco continuò con forza sempre maggiore:

...morirai-morirai-morirai-morirai-morirai-Morirai-Morirai-Morirai-Morirai-Morirai-MORIRAI-MORIRAI-MORIRAI-MORIRAI-MORIRAI-MORIRAI...

Lo afferrò come un gorgo, lo travolse, strappò a brandelli il vuoto cui s’aggrappava. La luce si affievolì e la visione si restrinse a un tunnel in cui Ba’alzamon si ergeva nell’ultima chiazza di luce e rimpiccioliva fino alle dimensioni di una mano, di un’unghia, svaniva. L’eco turbinò intorno a Rand, lo travolse nelle tenebre e nella morte.

L’urto con cui toccò terra svegliò Rand, mentre cercava ancora di strapparsi da quelle tenebre. La stanza era buia, ma meno di quella del sogno. Freneticamente Rand cercò di concentrarsi sulla fiamma, di spalarvi la paura, ma non riuscì a raggiungere la calma del vuoto. Aveva tremiti alle braccia e alle gambe, ma si aggrappò all’immagine della fiamma, finché il sangue non smise di ronzargli nelle orecchie.

Nell’altro letto, Mat si agitava e gemeva nel sonno. «...ti nego, ti nego, ti nego...» Il borbottio svanì in un gemito incomprensibile.

Rand allungò la mano per scuoterlo e svegliarlo; al primo tocco, Mat balzò a sedere, con un grugnito soffocato. Per un momento rimase a guardarsi intorno, poi trasse un sospiro e si strinse la testa. Di colpo si girò e infilò la mano sotto il guanciale; poi si lasciò ricadere e strinse al petto il pugnale col rubino sull’elsa. Girò la testa a guardare Rand, restando col viso nascosto nell’ombra. «È tornato, Rand» disse.

«Lo so.»

Mat annuì. «C’erano tre statuette...»

«Le ho viste anch’io.»

«Sa chi sono, Rand. Ho preso la statuetta col pugnale e lui ha detto: “Ah, ecco chi sei!" Quando ho guardato di nuovo, la statuetta aveva il mio viso. Il mio viso, Rand! Sembrava di carne. Al tatto era simile alla carne. Santa Luce, mi sentivo stretto dalle mie stesse mani, come se fossi io la statuetta.»

Per un istante Rand rimase in silenzio. «Devi continuare a negarlo, Mat.»

«L’ho negato e lui ha riso. Ha continuato a parlare di una guerra eterna e a dire che ci siamo incontrati in quello stesso modo migliaia di volte e... Luce santa, Rand, il Tenebroso mi conosce.»

«A me ha detto la stessa cosa. Non credo che sappia... Non penso che sappia quale di noi...» Ma non sapeva come concludere la frase.

Mentre si alzava, sentì alla mano una fitta di dolore. Si accostò al tavolo e dopo tre tentativi riuscì ad accendere la candela; allargò alla luce la mano. Conficcata nel palmo c’era una scheggia di legno scuro, liscia e lucida da un lato. Rand la fissò, trattenendo il fiato. All’improvviso ansimò e cercò di estrarre in fretta la scheggia.