«Lan è del Malkier» disse piano Nynaeve, alzando lo sguardo. Parve turbata.
Non era una domanda, ma Agelmar annuì. «Sì, lady Nynaeve, è il figlio di al’Akir Mandragoran, ultimo re incoronato dei malkierani. Come divenne Custode? La causa iniziale, forse, fu Lain. Per sfida, Lain Mandragoran, fratello del re, guidò le sue lance nella Macchia fino alle Terre Inaridite, forse allo stesso Shayol Ghul. La moglie di Lain, Breyan, causò quella sfida, invidiosa che al’Akir fosse salito al trono al posto del marito. Il re e Lain erano vicini quanto possono esserlo due fratelli, vicini come due gemelli anche dopo che il prefisso reale “al” fu aggiunto al nome di Akir, ma l’invidia travolse Breyan. Lain era acclamato per le sue imprese, e a ragione, ma nemmeno lui poteva risplendere più di al’Akir. Come al’Akir, uomo e re, ne nasce uno ogni cento anni, forse. La Pace ne conservi il ricordo, suo e di el’Leanna.
«Lain morì nelle Terre Inaridite, con la maggior parte di coloro che lo seguirono, uomini che il Malkier non poteva permettersi di perdere; e Breyan diede la colpa al re, dicendo che Shayol Ghul stesso sarebbe caduto, se al’Akir avesse guidato gli altri malkierani insieme con suo marito. Per vendicarsi, complottò con Cowin Gemallan, detto Cowin Cuordoro, per impadronirsi del trono in favore del proprio figlio, Isam. Cowin era un eroe amato quasi quanto lo stesso al’Akir, e uno dei Grandi Signori, ma quando questi ultimi avevano eletto il re, solo due voti dividevano Cowin da Akir, e Cowin non poteva dimenticare che se due uomini avessero messo un sassolino di colore diverso nella Pietra dell’Incoronazione, si sarebbe trovato sul trono al posto di Akir. Fra tutt’e due, Cowin e Breyan richiamarono dalla Macchia i soldati per impadronirsi delle Sette Torri, riducendo a semplici guarnigioni le Fortezze di Confine.
«Ma l’invidia di Cowin aveva radici ancora più profonde.» La voce di Agelmar si tinse di disgusto. «Cowin l’eroe, le cui imprese nella Macchia erano cantate in tutte le Marche di Confine, era un Amico delle Tenebre. Indebolite le Fortezze, i Trolloc si riversarono nel Malkier come un fiume in piena. Re al’Akir e Lain insieme forse avrebbero rianimato il paese, com’era accaduto in precedenza. Ma la sciagurata fine di Lain nelle Terre Inaridite aveva scosso la popolazione e l’arrivo dei Trolloc infranse il coraggio degli uomini e il desiderio di opporre resistenza. Nemici in grande superiorità numerica spinsero i malkierani nell’interno.
«Breyan fuggì, portando con sé il figlio neonato, Isam, e fu assalita dai Trolloc mentre cavalcava verso meridione. Nessuno conosce con certezza la loro sorte, ma è facile immaginare quale sia stata. Provo pietà solo per il piccino. Quando si scoprì il tradimento di Cowin Cuordoro e costui fu catturato dal giovane Jain Charin, già soprannominato Jain Farstrider... quando Cowin fu portato in catene alle Sette Torri, i Grandi Signori chiesero che la sua testa fosse mozzata e infilata su di una picca. Ma dal momento che nel cuore del popolo era stato secondo solo a al’Akiri e a Lain, il re lo affrontò a singolar tenzone e lo uccise. Al’Akir pianse, quando uccise Cowin. Alcuni dicono che pianse un amico che si era votato all’Ombra, altri dissero che pianse il Malkier.» Il signore di Fal Dara scosse tristemente la testa.
«Il primo rintocco del destino funesto delle Sette Torri era risuonato. Mancava il tempo di radunare aiuti nello Shienar o nell’Arafel e non c’era speranza che il Malkier resistesse da solo, con cinquemila lance morte nelle Terre Inaridite e le Fortezze di Confine travolte.
«Al’Akir e la regina el’Leanna ordinarono che Lan, ancora nella culla, fosse portato alla loro presenza. In quelle mani di neonato misero la spada dei re di Malkier, quella che lui oggi porta al fianco. Un’arma forgiata dalle Aes Sedai durante la Guerra di Potere, la Guerra dell’Ombra che pose termine all’Epoca Leggendaria. Gli unsero d’olio la testa e lo nominarono Dai Shan, Signore Incoronato, consacrandolo futuro re di Malkier, e a nome suo pronunciarono l’antico giuramento dei re e delle regine malkierani.» Agelmar indurì il viso, mentre ripeteva le parole, come se anche lui avesse pronunciato quel giuramento, o uno simile. «Opporsi all’Ombra finché il ferro non si piegherà e la pietra resisterà. Difendere il popolo di Malkier, fino all’ultima goccia di sangue. Vendicare quel che non si può impedire.» Le parole echeggiarono nella stanza.
«El’Leanna pose al collo del figlio un medaglione, per ricordo; il piccino, avvolto in fasce intessute dalla regina stessa, fu affidato a venti soldati scelti fra le guardie del corpo del re, i migliori spadaccini e i combattenti più micidiali, con l’ordine di portarlo a Fal Moran.
«Solo allora al’Akir e el’Leanna guidarono i malkierani ad affrontare per l’ultima volta l’Ombra. E lì morirono, al Guado di Herot, e morirono i malkierani, e le Sette Torri furono distrutte. Shienar, Arafel e Kandor affrontarono i Mezzi Uomini e i Trolloc alla Scala di Jehaan e li respinsero, ma non lontano come prima. Gran parte del Malkier rimase nelle mani dei Trolloc; anno dopo anno, miglio dopo miglio, la Macchia ha ingoiato il paese.» Agelmar sospirò, addolorato. Quando proseguì, negli occhi e nella voce aveva un tono orgoglioso e triste.
«Solo cinque Guardie Reali arrivarono vive a Fal Moran: ognuna di loro era ferita, ma il piccino era illeso. Fin dalla culla gli insegnarono tutto quel che sapevano. Il bambino imparò a usare le armi come gli altri imparano a giocare e per lui la Macchia fu quello che per gli altri era l’orto materno. Il giuramento pronunciato sopra la sua culla è scolpito nella sua mente. Non rimane niente da proteggere, ma lui può ancora vendicare. Non accetta titoli, eppure nelle Marche di Confine è chiamato Re senza corona, e se mai alzasse la Gru Dorata di Malkier, un esercito lo seguirebbe. Ma lui non porterà nessuno alla morte. Nella Macchia corteggia la morte come un pretendente corteggia una fanciulla, ma non porterà altri a morire.
«Se dovete entrare nella Macchia, e senza molta scorta, non c’è uomo migliore per accompagnarvi e per riportarvi indietro sane e salve. Lui è il migliore dei Custodi, e questo significa il migliore dei migliori. Tanto varrebbe lasciare qui i tre ragazzi a fare un po’ d’esperienza e riporre tutta la fiducia in Lan. La Macchia non è posto per ragazzi privi d’addestramento.»
Mat aprì la bocca, ma la richiuse all’occhiata di Rand. “Imparasse una buona volta a tenerla chiusa!" si disse quest’ultimo.
Nynaeve aveva ascoltato a occhi sgranati, come Egwene; ma ora, pallida in viso, fissava di nuovo la coppa. Egwene le toccò il braccio e le rivolse un’occhiata comprensiva.
Nel vano della porta comparve Moiraine, con Lan alle calcagna. Nynaeve girò loro la schiena.
«Cos’ha rivelato?» domandò subito Rand. Mat si alzò, imitato da Perrin.
«Zotici di campagna» brontolò Agelmar, sottovoce. In tono normale soggiunse: «Hai appreso qualcosa, Aes Sedai? O è semplicemente pazzo?»
«È pazzo» rispose Moiraine «o assai vicino alla pazzia, ma non c’è niente di semplice, in Padan Fain.» Un servitore in livrea nera e oro le porse, con un inchino e un’occhiata ansiosa a Agelmar, una bacinella azzurra e un vassoio d’argento con una brocca, una forma di sapone giallo e una salvietta. Moiraine gli indicò di lasciare tutto sul tavolo. «Ti chiedo scusa se ho dato ordini ai tuoi servitori, lord Agelmar» disse. «Mi sono presa la libertà di chiedere il necessario per lavarmi le mani.»
Agelmar annuì al servitore, che depose tutto sul tavolo e uscì in fretta. «I miei servitori sono ai tuoi ordini, Aes Sedai.»
L’acqua che Moiraine versò nella bacinella fumava come se fosse bollente. L’Aes Sedai si rimboccò le maniche e si lavò vigorosamente le mani, senza badare alla temperatura dell’acqua. «Ho detto che era peggio che abbietto, ma non ci sono andata nemmeno vicino. Non credo di avere mai incontrato qualcuno così depravato e nello stesso tempo così lurido. Mi sento sporca per averlo toccato, e non mi riferisco alla sporcizia della pelle. Sporca qui dentro.» Si toccò il petto. «La degradazione della sua anima mi fa quasi dubitare che ne abbia una. È peggiore degli Amici delle Tenebre.»