Выбрать главу

«Con il Corno, Moiraine, non conta più quanti Mezzi Uomini o quanti Trolloc rimangano. Appena gli eroi d’un tempo torneranno dalla tomba, marceremo verso le Terre Inaridite e spianeremo Shayol Ghul.»

«No!» esclamò Moiraine. Agelmar rimase a bocca aperta per lo stupore, ma l’Aes Sedai soggiunse, con calma: «Non ti ho mostrato il Corno per provocarti, ma per farti sapere che nello scontro a venire la nostra forza sarà pari a quella dell’Ombra. Il campo di battaglia non è qui. Bisogna portare il Corno a Illian. Laggiù, in previsione di altre battaglie, devono radunarsi le forze della Luce. Ti chiedo una scorta dei tuoi uomini migliori perché il Corno arrivi a Illian senza pericolo. Esistono ancora Amici delle Tenebre, oltre a Mezzi Uomini e Trolloc; e coloro che risponderanno al richiamo del Corno, seguiranno chiunque lo suoni. Deve arrivare a Illian.»

«Sarai accontentata, Aes Sedai» disse Agelmar. Ma quando il coperchio del cofano si chiuse, il Signore di Fal Dara parve una persona a cui negassero l’ultimo sguardo alla Luce.

Sette giorni dopo, a Fal Dara le campane rintoccavano ancora. La popolazione era tornata da Fal Moran e si era unita ai festeggiamenti dei soldati; grida e canti si mischiavano ai rintocchi. Fermo sulla veranda che dava sui giardini privati di Agelmar, rigogliosi e fioriti, Rand non diede neppure una seconda occhiata allo spettacolo. Anche se il sole era alto, nello Shienar la primavera era più fredda di quella a cui lui era abituato; eppure il sudore gli imperlava le spalle e il petto nudi, mentre lui muoveva la spada col marchio dell’airone, con mosse precise ma distanti dal punto dove lui galleggiava nel vuoto. Anche così assorto, si domandava quanta gioia avrebbe invaso la città, se la gente avesse saputo dello stendardo che Moiraine teneva ancora nascosto.

«Bene, pastore» disse Lan, appoggiato a braccia conserte alla ringhiera, osservandolo con occhio critico. «Ti comporti bene, ma non eccedere nell’impegno. In qualche settimana diventerai uno spadaccino provetto.»

Il vuoto svanì come una bolla forata. «Non m’interessa diventare spadaccino.»

«Quella è una lama da spadaccino, pastore.»

«Voglio solo che mio padre sia orgoglioso di me» replicò Rand. Serrò le dita sul cuoio scabro dell’elsa. “Voglio solo che Tam sia mio padre” pensò. Con un colpo secco rinfoderò la spada. «Comunque, non dispongo di settimane.»

«Allora non hai cambiato idea?»

«Tu l’avresti cambiata?» Lan non mutò espressione. «Non cercherai di fermarmi? Tu, o Moiraine Sedai?»

«Puoi fare come vuoi, pastore, o come il Disegno tesse per te.» Il Custode si raddrizzò. «Ora ti lascio.»

Rand si girò a guardare Lan che si allontanava e scoprì Egwene ferma lì vicino.

«Cambiare quale idea, Rand?»

Rand raccolse camicia e giubba, infreddolito all’improvviso. «Me ne vado, Egwene.»

«Dove?»

«Da qualche parte. Non so.» Non voleva incontrare il suo sguardo, ma non riusciva a smettere d’ammirarla. Egwene portava fiori rossi di rosa selvatica intrecciati fra i capelli che le ricadevano sulle spalle; si stringeva nel mantello, blu scuro e bordato di ricami a forma di fiori bianchi, nello stile dello Shienar, e i fiori formavano una linea dritta verso la sua faccia. Non erano meno pallidi delle sue guance; gli occhi sembravano grandi e cupi. «Via.»

«Sono sicura che a Moiraine non piacerà che tu te ne vada. Dopo... dopo la tua impresa, meriti una ricompensa.»

«Moiraine non sa nemmeno se sono vivo. Ho fatto quel che voleva e la storia finisce qui. Non mi parla nemmeno, se vado da lei. Non ho cercato di starle vicino, certo; ma lei mi evita. Non le importa se me ne vado, e a me non importa che cosa ne pensa lei.»

«Moiraine non si è ancora rimessa completamente, Rand.» Esitò. «Devo andare a Tar Valon, per l’addestramento. Viene anche Nynaeve. E Mat ha ancora bisogno d’essere guarito dal legame che lo unisce a quel pugnale. E Perrin vuole vedere Tar Valon, prima di andare... chissà dove. Potresti venire con noi.»

«E aspettare che un’altra Aes Sedai scopra cosa sono e cerchi di domarmi?» La voce era rauca, quasi un ringhio, ma lui non riusciva a cambiare tono. «È questo, che vuoi?»

«No.»

Non sarebbe mai riuscito a dirle quanto le era grato perché non aveva esitato prima di rispondere.

«Rand, non hai paura che...» Erano da soli, ma Egwene si guardò intorno ugualmente e abbassò la voce. «Moiraine Sedai dice che non sei obbligato a toccare la Vera Fonte. Se non tocchi Saidin, se non cerchi di usare il Potere, sarai al sicuro.»

«Oh, non lo toccherò mai più. Nemmeno se dovessi mozzarmi la mano.» “E se non ci riuscissi?" pensò. “Non ho mai provato a servirmene, nemmeno nell’Occhio. Ma in caso contrario?"

«Andrai a casa, Rand? Tuo padre morirà dalla voglia di rivederti. Anche il padre di Mat avrà voglia di rivederlo, ormai. L’anno prossimo tornerò a Emond’s Field. Per un poco, almeno.»

Rand strusciò il palmo sull’elsa della spada, sentì l’airone di bronzo. “Mio padre. Casa mia. Luce santa, quanto desidero vedere..."

«No, non a casa» disse. “Da qualche altra parte, dove non ci siano persone a cui nuocere, se non riesco a fermarmi. Da qualche parte dove possa stare da solo."

All’improvviso provò una sensazione di gelo, sulla balconata. «Vado via, ma non torno a casa.» “Egwene, Egwene, perché dovevi essere una di queste..."

Con il braccio le circondò le spalle e le mormorò fra i capelli: «Mai più, a casa.»

Nel giardino privato di Agelmar, sotto un folto pergolato ricco di fiori bianchi, Moiraine si agitò sulla sedia a sdraio. Teneva in grembo i frammenti del sigillo; la piccola gemma che a volte portava fra i capelli girava e scintillava, appesa a una catenella d’oro sorretta fra due dita. Il debole bagliore azzurrino della pietra si affievolì e un sorriso toccò le labbra di Moiraine. La pietra in sé non aveva alcun potere; ma lei, da bambina, nel palazzo reale di Cairhien, aveva imparato a usare l’Unico Potere utilizzando proprio quella pietra per ascoltare la gente che credeva d’essere troppo distante perché altri origliassero.

«Le Profezie si avvereranno» mormorò l’Aes Sedai. «Il Drago è Risorto.»

Fine

del Libro Primo

di La Ruota del Tempo

GLOSSARIO

Nota sulle date.

Il Calendario Tomano (ideato da Toma dur Ahmid) fu adottato circa due secoli dopo la morte dell’ultimo Aes Sedai e registrò gli anni Dopo la Frattura del Mondo (d.F.). Molte registrazioni andarono distrutte durante le Guerre Trolloc, al punto che al termine c’erano discussioni a proposito dell’anno esatto secondo l’antico sistema. Tiam di Gazar propose un nuovo calendario, per celebrare la presunta liberazione dalla minaccia dei Trolloc, nel quale ogni anno era registrato come Anno Libero (A.L.). Nel giro di vent’anni dalla conclusione delle Guerre, il calendario gazarano fu ampiamente accettato. Artur Hawkwing tentò di istituire un nuovo calendario basato sulla fondazione del proprio impero (F.I., dalla fondazione dell’impero), ma al giorno d’oggi esso è noto solo agli storici, gli unici a farvi riferimento. Dopo l’estesa distruzione, la morte e il disgregamento provocati dalla Guerra dei Cento Anni, un quarto calendario fu ideato da Uren din Jubai, “il Gabbiano che si leva in alto", uno studioso del Popolo del Mare, e promulgato dal panarca Farede di Tarabon. Il calendario faredese, che partiva dalla data, arbitrariamente stabilita, della conclusione della Guerra dei Cento Anni e registrava gli anni della Nuova Era (N.E.), è quello d’uso corrente.

Aes Sedai: Chi esercita l’Unico Potere. Dal Tempo della Follia, tutte le Aes Sedai sopravvissute sono donne. Ampiamente sospettate e temute, perfino odiate, da molti sono incolpate della Frattura del Mondo e in genere sono sospettate di immischiarsi negli affari delle nazioni. D’altra parte pochi governanti fanno a meno d’un consigliere Aes Sedai, anche nelle terre dove l’esistenza di un simile legame dev’essere tenuta segreta. Vedi anche: Ajah; Amyrlin Seat.