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Alla sua sinistra, belati di terrore riempivano il recinto delle pecore; il gregge si agitava come se cercasse una via di fuga. Ombre scure passavano davanti alle finestre illuminate sulla facciata della casa e il rumore di acciaio contro acciaio risuonava nel buio. A un tratto, una finestra esplose verso l’esterno, con una pioggia di vetri e di schegge: Tam, spada in pugno, era balzato all’aperto. Atterrò in piedi, ma invece di scappare lontano dalla casa, si lanciò di corsa verso il retro, senza badare alle mostruose creature che uscivano dalla finestra e dalla porta distrutte e lo inseguivano.

Rand lo fissò, incredulo. Perché non cercava di allontanarsi? Poi capì. Il suo grido d’avvertimento era giunto dal retro della casa. «Padre!» gridò. «Sono qui!»

Tam si girò di scatto: non corse verso Rand, ma in un’altra direzione. «Scappa, figliolo!» gridò, muovendo la spada come se avesse qualcuno davanti. «Nasconditi!» Una decina di sagome enormi sciamarono al suo inseguimento, fra grida rauche e striduli ululati.

Rand si ritrasse nell’ombra dietro la stalla. Lì non potevano vederlo dalla casa, se dentro c’era ancora qualcuno. Per il momento era al sicuro. Ma Tam no. Tam cercava di portarsi dietro quelle creature, lontano dal figlio. Rand serrò le mani sul manico di zappa e strinse i denti per non ridere. Un manico di zappa! Affrontare una di quelle creature armato d’un manico di zappa era come combattere con il bastone ferrato contro Perrin. Ma non poteva lasciare che Tam le affrontasse da solo.

«Se mi muovo come quando m’avvicino di nascosto a un coniglio selvatico» mormorò a se stesso «non mi sentiranno né mi vedranno.» Le grida spettrali echeggiarono nel buio e Rand deglutì. «Sembrano un branco di lupi affamati.» Senza far rumore si allontanò dalla stalla in direzione della foresta, stringendo il manico di zappa, con tanta forza da sentire male alle mani.

All’inizio, circondato dagli alberi, si sentì confortato: le piante lo nascondevano. Però, mentre strisciava nel bosco, le ombre proiettate dalla luna si muovevano e pareva quasi che pure il buio della foresta cambiasse e si movesse. Gli alberi incombevano come creature malevole, agitavano i rami verso di lui. Ma erano solo alberi e rami? Rand quasi udiva il ridacchiare rauco e soffocato, mentre lo aspettavano. Gli ululati degli inseguitori di Tam non riempivano più la notte, ma ora, nel silenzio, Rand trasaliva ogni volta che il vento spingeva un ramo contro l’altro. Si tenne acquattato e si mosse sempre più lentamente. Quasi non osava respirare per paura che lo udissero.

All’improvviso, da dietro, una mano gli tappò la bocca e una stretta d’acciaio gli bloccò il polso. Con la mano libera cercò freneticamente da sopra la spalla di artigliare l’assalitore.

«Non rompermi il collo, figliolo.» Il mormorio rauco di Tam.

Rand fu invaso dal sollievo che gli mutò in acqua i muscoli. Quando suo padre lo lasciò, cadde carponi e ansimò come se avesse corso per miglia intere. Tam si lasciò cadere al suo fianco, sostenendosi sul gomito.

«Non ci avrei provato, se avessi pensato quanto sei cresciuto negli ultimi mesi» disse piano Tam. Muoveva gli occhi in continuazione, scrutava nelle tenebre. «Ma dovevo assicurarmi che tu non gridassi. Certi Trolloc hanno l’udito d’un cane. Forse più acuto.»

«Ma i Trolloc sono solo...» Rand non concluse la frase. Non erano solo storie, dopo quella notte. Quelle creature potevano essere Trolloc o il Tenebroso in persona, per quanto lui ne sapeva. «Sei sicuro?» sussurrò. «Voglio dire, sono proprio Trolloc?»

«Certo. Ma cosa li abbia portati nei Fiumi Gemelli... Non ne avevo mai visto uno, prima d’ora, ma ho parlato con gente che li ha visti, perciò ne so qualcosa. Forse quanto basta a restare vivi. Ascoltami bene. Nel buio i Trolloc vedono meglio degli uomini, ma la luce li rende ciechi, per un poco. Forse solo per questo siamo sfuggiti a tanti di loro. Certi sanno seguire una pista, con il fiuto o l’udito, ma si dice che siano pigri. Se riusciamo a stare lontano dalle loro grinfie il tempo sufficiente, dovrebbero rinunciare alla caccia.»

Rand si sentì un po’ meglio, ma non tanto. «Nelle storie, odiano gli uomini e servono il Tenebroso.»

«Se qualcosa appartiene alle greggi del Pastore della Notte, figliolo, questi sono i Trolloc. Uccidono per il piacere di uccidere, almeno così ho sentito dire. Ma non so altro. A parte il fatto che non ci si può fidare di loro se non hanno paura di te, e comunque non per molto.»

Rand rabbrividì. Non gli sarebbe piaciuto incontrare uno di cui i Trolloc avessero paura. «Credi che ci diano ancora la caccia?»

«Forse. Non sembrano molto intelligenti. Appena sono entrato nella foresta, non ho avuto difficoltà a mandare verso le montagne quelli che m’inseguivano.» Tam si tastò il fianco destro, poi si portò la mano all’altezza degli occhi. «Comunque, è meglio comportarsi come fossero intelligenti.»

«Sei ferito!»

«Parla sottovoce. Solo un graffio, ma tanto ora non posso farci niente. Sembra che faccia meno freddo.» Si distese, con un sospiro profondo. «Forse non sarà tanto brutto, passare la notte all’aperto.»

Invece Rand cominciava a rimpiangere la giubba e il mantello. Gli alberi riparavano dal vento, ma lasciavano passare raffiche taglienti come coltelli di ghiaccio. Esitando, Rand toccò il viso del padre e trasalì. «Ma tu scotti! Devo portarti da Nynaeve.»

«Fra poco, figliolo.»

«Non abbiamo tempo da perdere. La strada è lunga, nel buio.» Si tirò in piedi e cercò di far alzare il padre. Un gemito a denti stretti, appena soffocato, lo indusse subito a desistere.

«Fammi riposare un poco, figliolo. Sono stanco.»

Rand si batté il pugno sulla coscia. In casa, con fuoco e coperte, abbondanza d’acqua e di corteccia di salice, forse avrebbe aspettato l’alba, prima di attaccare Bela e portare Tam nel villaggio. Ma lì non aveva fuoco, né coperte, né carretto, né Bela. Forse poteva andarle a prendere, in parte, almeno. Se i Trolloc se n’erano andati. Dovevano andarsene, prima o poi.

Rand guardò il manico di zappa e lo lasciò cadere. Sguainò invece la spada di Tam. La lama brillò al chiaro di luna. La lunga elsa gli diede una sensazione bizzarra: peso e bilanciamento erano insoliti. Provò a menare colpi all’aria, ma smise quasi subito, con un sospiro. Così era facile. Se avesse dovuto colpire i Trolloc, probabilmente sarebbe scappato, o sarebbe rimasto lì fermo come una pietra, finché il Trolloc non avesse vibrato una di quelle spade bizzarre e... “Piantala!" si disse. “Così non ti fai certo coraggio!"

Si mosse per alzarsi, ma Tam lo afferrò per il braccio. «Dove vai?»

«Ci occorre il carretto» rispose Rand, in tono gentile. «E delle coperte.» Fu sorpreso della facilità con cui staccò la mano del padre. «Tu riposa. Tornerò presto.»

«Sii prudente» mormorò Tam.

Rand non vedeva il viso del padre, ma ne sentì lo sguardo. «Sarò prudente» lo rassicurò. “Come un topo che esplori un nido di falco” soggiunse tra sé.

Silenzioso come un’ombra, scivolò nel buio. Pensò a tutte le volte che, da bambino, nei boschi aveva giocato ad acchiapparsi con gli amici, e si avvicinava furtivamente a uno di loro, cercando di non farsi sentire finché non gli metteva la mano sulla spalla. Per quanto cercasse di convincersi, non era la stessa cosa.

Strisciando d’albero in albero, provò a fare un piano; quando raggiunse il limitare dei boschi, ne aveva fatti e scartati almeno dieci. Tutto dipendeva dalla presenza dei Trolloc sul posto. Se non c’erano, poteva entrare in casa e prendere quel che gli occorreva. Se erano ancora lì... poteva solo tornare da Tam. Non ne era entusiasta, ma non gli avrebbe reso un bel servizio, facendosi ammazzare.

Scrutò gli edifici della fattoria. La stalla e il recinto delle pecore erano solo macchie scure nel chiaro di luna. Però dalle finestre e dalla porta spalancata proveniva luce. “Le candele accese da mio padre o Trolloc in agguato?"