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«Va bene così, anche perché non c’è controprova. Vedi, figliolo, le Aes Sedai sono ingannatrici. Non dicono menzogne apertamente, ma la loro verità spesso non è quella che pensi. Stai attento, con lei.»

«Conosco le storie» replicò Rand. «Non sono un bambino.»

«No, non lo sei.» Tam sospirò, poi scrollò le spalle, irritato. «Dovrei accompagnarti lo stesso. Il mondo esterno è assai diverso dai Fiumi Gemelli e da Emond’s Field.»

C’era l’occasione per chiedere a Tam se aveva viaggiato fuori dei Fiumi Gemelli, ma Rand non la colse: rimase invece a bocca aperta. «Tutto qui? Non mi dici di restare? Credevo che avresti trovato cento motivi per non farmi andare via.» Capì in quel momento che aveva sperato davvero che ci fossero cento motivi per restare, e validi, anche.

«Cento forse no» sbuffò Tam «ma alcuni mi vengono in mente. Solo, non contano molto. Se i Trolloc ti danno la caccia, a Tar Valon sarai più al sicuro. Ma ricorda d’essere prudente. Le Aes Sedai non fanno niente, senza una ragione; e non sempre è quella che pensi.»

«Il menestrello mi ha detto più o meno la stessa cosa.»

«Allora ti ha parlato a ragion veduta. Tieni le orecchie tese, rifletti bene e frena la lingua. È un consiglio sempre valido, fuori dei Fiumi Gemelli, ma soprattutto nei confronti delle Aes Sedai. E dei Custodi. Se dici una cosa a Lan, è come se l’avessi detta a Moiraine. Se è un Custode, allora è legato a lei e non le nasconderà nulla.»

Rand sapeva poco del legame fra Aes Sedai e Custodi, anche se aveva parte importante in ogni storia. Era collegato al Potere, un dono al Custode o forse una sorta di scambio. I Custodi ottenevano ogni genere di benefici, a dar retta alle storie: guarivano più in fretta delle persone normali e resistevano più a lungo senza cibo, acqua, sonno. Si pensava che intuissero la presenza dei Trolloc e di altre creature del Tenebroso; questo spiegava come mai Lan e Moiraine avessero cercato di avvertire il villaggio prima dell’assalto. Sui benefici che le Aes Sedai ricavavano da quel legame, le storie tacevano; ma Rand era sicuro che qualcosa ricavassero anche loro.

«Sarò prudente» promise. «Mi piacerebbe solo sapere il perché. Non ha senso. Perché proprio io? Perché proprio noi?»

«Vorrei saperlo anch’io, figliolo. Sangue e ceneri, vorrei proprio saperlo.» Tam sospirò. «Be’, è inutile rimettere l’uovo nel guscio, una volta rotto. Quando parti? Fra un paio di giorni sarò in piedi e cercherò di procurarmi un nuovo gregge. Oren Dautry ha delle buone pecore di cui sarebbe disposto a liberarsi, vista la mancanza di pascoli, e anche Jon Thane.»

«Moiraine... l’Aes Sedai ha detto che devi restare a letto. Per alcune settimane. E ne ha parlato a comare al’Vere.»

«Oh. Be’, forse riuscirò a convincere Marin.» Ma non parve contarci molto. Rivolse a Rand un’occhiata penetrante. «Da come hai evitato di rispondere, significa che partirai presto. Domani? O stanotte?»

«Stanotte» disse Rand, piano.

Tam annuì, rattristato. «Già. Se non se ne può fare a meno, meglio non perdere tempo. Ma vedremo come andrà a finire, questa storia di “settimane".» Tormentò le coperte, irritato. «Forse tra qualche giorno ti seguirò comunque. Ti raggiungerò per strada. Vedremo se Marin riuscirà a tenermi a letto.»

Bussarono alla porta e Lan sporse la testa. «Saluta in fretta, pastore, e vieni via. Forse ci sono guai.»

«Guai?» ripeté Rand.

Il Custode brontolò d’impazienza. «Cerca solo di sbrigarti!»

Rand si affrettò a prendere il mantello e cominciò a sganciarsi il cinturone.

«Tienila» disse Tam. «Ne avrai bisogno più di me. Stai attento, figliolo. Hai sentito?»

Senza badare a Lan, Rand si chinò ad abbracciare il padre. «Tornerò, te lo prometto.»

«Certo che tornerai» rise Tam. Restituì debolmente l’abbraccio e diede a Rand un colpetto sulla schiena. «Lo so. E avrò il doppio di pecore, quando tornerai. Adesso vattene, prima che lui perda la pazienza.»

Rand tentò di trattenersi ancora, di trovare le parole per la domanda che voleva rivolgergli, ma Lan entrò a prenderlo per il braccio e lo tirò nel corridoio. Il Custode aveva indossato una veste verdegrigia, opaca, di scaglie metalliche sovrapposte. Parlò con voce rauca per l’irritazione.

«Dobbiamo sbrigarci. Non capisci cosa significa guai

Nel corridoio c’era Mat, con giubba e mantello, arco in mano e faretra appesa alla cintura. Spostava il peso del corpo da un piede all’altro e continuava a dare occhiate verso le scale, con espressione che pareva metà d’impazienza e metà di paura. «Non sembra affatto una storia, vero, Rand?» disse con voce rauca.

«Guai di che tipo?» domandò Rand; invece di rispondere, il Custode lo precedette di corsa, scendendo gli scalini a due a due. Mat si precipitò dietro di lui, rivolgendo a Rand il gesto di seguirli.

Rand indossò il mantello e li raggiunse ai piedi delle scale. Solo una debole luce illuminava la stanza comune: le candele erano per metà spente e per metà quasi consumate. Non c’era nessuno, a parte loro tre. Mat, fermo accanto alla finestra, scrutava fuori cercando di non farsi scorgere. Lan socchiuse la porta e osservò il cortile della locanda.

Incuriosito, Rand si avvicinò al Custode. Lan gli mormorò di fare attenzione, ma socchiuse maggiormente la porta per consentirgli di guardare fuori.

Sulle prime Rand non capì che cosa accadeva. Una folla di paesani, una trentina di uomini, era raccolta intorno ai resti bruciati del carro dell’ambulante; alcuni avevano torce che disperdevano il buio della notte. Moiraine li confrontava, spalle alla locanda, appoggiata con noncuranza al bastone. Hari Coplin era in prima fila, insieme col fratello Darl e con Bili Congar. C’era anche Cenn Buie, che sembrava a disagio. Rand vide con stupore che Hari agitava il pugno in direzione di Moiraine.

«Vattene da Emond’s Field!» gridò il contadino, torvo in viso. Qualche voce, tra la folla, riprese il grido, ma nessuno venne avanti. Forse erano disposti ad affrontare tutti insieme una Aes Sedai, ma nessuno voleva mettersi in evidenza. Soprattutto nei confronti di una Aes Sedai che aveva ogni ragione di risentirsi.

«Hai portato quei mostri!» ruggì Darl. Agitò in alto la torcia e ci furono altre grida: «Li hai portati tu!» e: «Tutta colpa tua!» orchestrate da suo cugino Bili.

Hari diede di gomito a Cenn Buie, che mise il broncio e gli lanciò un’occhiata astiosa. «Questi... questi Trolloc sono comparsi solo dopo il tuo arrivo» borbottò Cenn, con voce che si udì appena. Mosse la testa da una parte e dall’altra, come se rimpiangesse di trovarsi lì e cercasse il modo di svignarsela. «Sei una Aes Sedai. Non vogliamo gente della tua risma, nei Fiumi Gemelli. Le Aes Sedai portano guai. Se resti, ne arriveranno altri.»

Il discorsetto non suscitò reazione nei paesani e Hari s’infuriò. Strappò a Darl la torcia e l’agitò in direzione di Moiraine. «Vattene!» gridò. «O ti scacceremo col fuoco!»

Nell’improvviso silenzio si udì chiaramente lo strusciare di piedi di chi si ritraeva. La gente dei Fiumi Gemelli sapeva combattere, se assalita, ma non conosceva la violenza né le minacce. Cenn Buie, Bili Congar e i Coplin rimasero da soli in prima fila. Anche Bili aveva l’aria di volersi ritirare.

Hari trasalì alla mancanza di sostegno, ma si riprese subito. «Vattene!» gridò di nuovo, imitato da Darl e, più piano, da Bili. Lanciò agli altri un’occhiataccia. Nella folla, molti evitarono il suo sguardo.

A un tratto dal buio emersero Bran al’Vere e Haral Luhhan; si fermarono a breve distanza dall’Aes Sedai e dalla folla. Il sindaco reggeva con noncuranza la pesante mazza di legno che usava per piantare lo zipolo nei barili. «Qualcuno ha suggerito di bruciare la mia locanda?» disse a voce bassa.

I due Coplin arretrarono d’un passo, Cenn Buie si scostò da loro, Bili Congar si mescolò alla folla.

«Questo no» rispose in fretta Darl. «Noi non l’abbiamo detto, Bran... ah... sindaco.»