Perrin gli diede un’occhiata che rivelava chiaramente come anche lui avesse avuto la sua parte di prese in giro; poi sospirò e scostò il mantello per mostrare l’ascia. Non era un utensile da boscaiolo. L’ampia lama a mezzaluna da un lato e la punta dall’altro la rendevano insolita quanto la spada di Rand. Però Perrin vi posava sopra la mano in un modo che denotava una certa familiarità.
«Mastro Luhhan l’ha fabbricata due anni fa, per la guardia di un mercante di lana» disse. «Finito il lavoro, la guardia non voleva pagare il pattuito e mastro Luhhan non voleva cederla per meno. Me l’ha data quando...» si schiarì la voce e rivolse a Rand lo stesso cipiglio ammonitore rivolto a Mat «quando ha scoperto che mi allenavo a usarla. Ha detto che potevo tenermela, visto che lui non sapeva cosa farsene.»
«Ti allenavi» lo beffeggiò Mat; ma alzò subito le mani per calmarlo, quando lui drizzò la testa. «Certo, certo. Fa piacere che uno di noi sappia usare un’arma vera.»
«L’arco è un’arma vera» disse Lan all’improvviso. Appoggiò il braccio di traverso sulla sella del morello e li guardò con espressione seria. «Lo stesso vale per le fionde che ho visto usare a voi ragazzi del villaggio. Che vi servano solo per cacciare conigli selvatici o allontanare un lupo dal gregge non fa differenza. Qualsiasi cosa può essere un’arma, se chi la impugna ha il coraggio e la volontà di renderla tale. Trolloc a parte, è bene che l’abbiate chiaro in mente, prima di lasciare Emond’s Field e i Fiumi Gemelli, se volete arrivare vivi a Tar Valon.»
Il suo viso e la voce, gelidi come la morte e duri come pietre tombali appena sbozzate, soffocarono il sorriso e la lingua dei tre ragazzi. Perrin, con una smorfia, tirò il mantello a coprire l’ascia. Mat abbassò gli occhi e col piede smosse la paglia che ricopriva il pavimento. Il Custode borbottò e riprese i controlli; il silenzio si protrasse.
«Non è come nelle storie» disse infine Mat.
«Non so» disse Perrin, aspro. «Trolloc, un Custode, una Aes Sedai. Cosa vuoi di più?»
«Aes Sedai» mormorò Mat, come se all’improvviso avesse freddo.
«Tu le credi, Rand?» domandò Perrin. «Insomma, cosa possono volere da noi, i Trolloc?»
Tutt’e tre guardarono il Custode. Lan pareva concentrato sul sottopancia della giumenta bianca, ma i tre ragazzi si spostarono verso la porta della stalla, lontano da lui. E si accostarono l’uno all’altro e parlarono a bassa voce.
Rand scosse la testa. «Non so, ma aveva ragione sul fatto che hanno assalito solo le nostre fattorie. E qui al villaggio, per prima cosa la fucina e la casa di mastro Luhhan. Il sindaco me l’ha confermato. Che cercassero noi è una spiegazione buona quanto un’altra.» Si accorse a un tratto che gli altri due lo fissavano.
«Hai chiesto conferma al sindaco?» disse Mat, incredulo. «Lei ha detto di non parlarne a nessuno.»
«Non ho spiegato il motivo della domanda» protestò Rand. «Volete dire che non avete aperto bocca? Nessuno sa che ve ne andate?»
Perrin scrollò le spalle, sulla difensiva. «Moiraine Sedai ha detto di non parlarne a nessuno.»
«Abbiamo lasciato un biglietto» spiegò Mat. «Lo troveranno domattina. Rand, mia madre è convinta che Tar Valon sia la cosa più vicina a Shayol Ghul.» Ridacchiò per mostrare di non condividerne l’opinione, ma non fu convincente. «Mi avrebbe rinchiuso in cantina, se avesse sospettato che solo pensavo di andare laggiù.»
«Mastro Luhhan è testardo come un mulo» aggiunse Perrin «e la signora Luhhan è ancora peggio. Dovevi vederla, a scavare fra le macerie della casa dicendo che si augurava che i Trolloc tornassero per poter mettere le mani su di loro...»
«La Luce mi bruci, Rand!» disse Mat. «So bene che lei è una Aes Sedai, ma i Trolloc c’erano davvero. Ha detto di non parlare a nessuno. Se una Aes Sedai non sa cosa fare in un caso del genere, chi vuoi che lo sappia?»
«Non so.» Rand si strofinò la fronte. La testa gli doleva: non riusciva a togliersi di mente quel brutto sogno. «Mio padre le crede. Almeno, era d’accordo che ce ne andassimo.»
All’improvviso Moiraine comparve sulla soglia. «Hai parlato del viaggio a tuo padre?» disse. Vestiva di grigio dalla testa ai piedi, con la sottana fatta a brache per stare a cavallo come un uomo; il suo unico ornamento era l’anello d’oro a forma di serpente.
Rand lanciò un’occhiata al bastone, che non mostrava segno di bruciature. «Non potevo andarmene senza dirgli niente» rispose.
Moiraine lo guardò per un attimo, seccata, prima di rivolgersi agli altri. «Anche voi avete deciso che un biglietto non bastava?» Mat e Perrin risposero insieme, assicurandola d’avere lasciato solo un biglietto, come lei aveva consigliato. Moiraine li zittì con un gesto e diede a Rand un’occhiata penetrante. «Cosa fatta è già intessuta nel Disegno» disse. «Lan?»
«I cavalli sono pronti» rispose il Custode. «Abbiamo provviste sufficienti per arrivare a Baerlon e avanzarne un poco. Possiamo partire in qualsiasi momento. Subito, direi.»
«Non senza di me.» Egwene s’infilò nella stalla. Reggendo un fagotto avvolto in uno scialle. A Rand venne quasi un colpo.
Lan aveva sguainato per metà la spada. Quando vide chi era, la rimise nel fodero, con sguardo a un tratto inespressivo. Perrin e Mat cominciarono a protestare confusamente per convincere Moiraine che loro non avevano detto niente a Egwene della partenza. L’Aes Sedai li ignorò; si limitò a fissare la ragazza, battendosi il dito sulle labbra, con aria assorta.
Il cappuccio del mantello marrone scuro di Egwene era tirato sugli occhi, ma non tanto da nascondere l’aria di sfida. «Ho con me tutto quel che mi serve, cibo compreso. E qui non ci resto. Non avrò mai più l’occasione di vedere il mondo al di là dei Fiumi Gemelli.»
«Non è una scampagnata nel Waterwood, Egwene» brontolò Mat. Arretrò d’un passo, quando lei lo guardò di storto.
«Grazie, Mat. Per fortuna mi hai aperto gli occhi. Pensate d’essere i soli a voler vedere il mondo? Anch’io l’ho sempre sognato e non intendo perdere l’occasione.»
«Come hai scoperto che stavamo per partire?» domandò Rand. «Comunque, non puoi venire con noi. Non ce ne andiamo per divertimento. I Trolloc ci danno la caccia.» Egwene gli scoccò un’occhiata piena di tolleranza e lui arrossì, indignato.
«Per prima cosa» rispose Egwene, paziente «ho visto Mat strisciare qui intorno cercando di non farsi notare. Poi ho visto Perrin nascondere sotto il mantello quell’ascia così ingombrante. Ho saputo che Lan aveva comprato un cavallo e mi sono domandata a cosa gli serviva. E se ne aveva comprato uno, poteva averne comprati altri. Sommando a questo il fatto che Mat e Perrin giravano di soppiatto come sempliciotti che si fingano volpi... be’, c’era solo una risposta. E forse non mi sorprende trovare qui anche te, Rand, dopo tutte le tue chiacchiere di sogni a occhi aperti. Se c’erano di mezzo Mat e Perrin, dovevo capire subito che anche tu eri coinvolto.»
«Sono costretto a partire, Egwene» disse Rand. «Tutt’e tre dobbiamo andarcene, altrimenti i Trolloc torneranno.»
«I Trolloc!» rise Egwene, incredula. «Rand, se hai deciso di vedere il mondo, fai pure, ma lascia perdere queste sciocchezze.»
«È vero» dissero insieme Perrin e Mat. «I Trolloc...»
«Basta così» intervenne Moiraine, a bassa voce, ma che bastò a zittirli. «Altri hanno notato i preparativi?» Il tono era calmo, ma Egwene deglutì e raddrizzò le spalle, prima di rispondere.
«Da ierinotte pensano solo a ricostruire e a cosa fare se dovesse accadere di nuovo. Non vedono altro, nemmeno se ce l’hanno sotto il naso. E non ho rivelato a nessuno i miei sospetti. A nessuno.»
«Bene» disse Moiraine, dopo un po’. «Puoi venire con noi.»
Un’espressione di sorpresa passò sul viso di Lan e sparì in un attimo. Sotto la calma esteriore, il Custode era incollerito. «No, Moiraine!»
«Ormai è parte del Disegno, Lan.»
«Ridicolo! Non c’è motivo che venga anche lei, e un mucchio di ragioni perché non venga.»