Lan disse qualcosa, ma Rand udì solo la risposta di Moiraine. «Devi occupartene tu» disse l’Aes Sedai. «Già così ricorderà fin troppo, ma non possiamo evitarlo. Se risaltassi nei suoi pensieri...»
Con irritazione Rand si aggiustò sulle spalle il mantello ormai bagnato, tenendosi vicino agli altri. Mat e Perrin brontolavano sottovoce, con esclamazioni soffocate quando urtavano un ostacolo invisibile. Anche Thom Merrilin borbottava: alle orecchie di Rand giunsero parole come “pasto caldo", “fuoco", “vino speziato"; ma né il Custode né l’Aes Sedai vi badarono. Egwene procedeva in silenzio, a schiena dritta e a testa alta, ma senza l’abituale scioltezza di movimenti, perché anche lei, come gli altri, non era abituata alle cavalcate.
Egwene aveva l’avventura che desiderava, si disse Rand, e almeno per il momento non notava piccole cose come la nebbia, l’umidità, il freddo. C’era una differenza, nel modo di vedere le cose, a seconda se si cercava o no l’avventura. Le storie riuscivano senza dubbio a rendere entusiasmante una galoppata nella gelida nebbia, inseguiti da un Draghkar e chissà cos’altro. Egwene si entusiasmasse pure: lui sentiva solo il freddo e l’umidità ed era lieto di trovarsi di nuovo in un villaggio, anche se era Taren Ferry.
All’improvviso urtò un ostacolo grande e tiepido: il destriero di Lan. Il Custode e Moiraine si erano fermati. Tutti li imitarono e ciascuno accarezzò il proprio cavallo per confortare tanto l’animale quanto se stesso. In quel punto la nebbia era un po’ più rada, quanto bastava perché ognuno vedesse gli altri. Basse volute simili ad acqua grigia nascondevano ancora i piedi. Le case parevano scomparse.
Con cautela Rand tirò Cloud un po’ più avanti e fu sorpreso di udire sotto i piedi il rumore di assi di legno: il pontile del traghetto. Subito si ritrasse. Aveva sentito dire che l’approdo di Taren Ferry era simile a un ponte, ma arrivava solo fino al traghetto. Il Taren era ampio e profondo, pieno d’infide correnti che avevano ragione anche del nuotatore più robusto. Con l’aggiunta della nebbia... Con sollievo sentì di nuovo sotto i piedi il terreno.
«Sst!» sibilò Lan. Si avvicinò a Perrin e gli scostò il mantello in modo che l’ascia fosse ben visibile. Rivolse agli altri un gesto. Rand ubbidì, anche se non capiva lo scopo, e si gettò sulla spalla un lembo del mantello in modo che si vedesse la spada. Nella nebbia comparvero alcune luci ballonzolanti e si udì rumore soffocato di passi.
Sei uomini dal viso stolido, rozzamente vestiti, seguivano mastro Torralta. Reggevano torce che creavano intorno a loro una chiazza di luce. Quando si fermarono, il gruppetto giunto da Emond’s Field fu chiaramente visibile, nel cerchio di luce circondato da una muraglia grigia che sembrava ancora più fitta per il riflesso. Il traghettatore esaminò i forestieri, con la testa piegata di lato e le narici che vibravano come quelle di una donnola che fiutasse il vento per paura d’una trappola.
Lan si appoggiò alla sella, con apparente noncuranza, ma tenne la mano sull’elsa, in modo che tutti vedessero. Dava l’impressione di una molla compressa, pronta a scattare.
Rand si affrettò a copiare la posa del Custode... almeno per quanto riguardava la mano sull’elsa. Non sarebbe mai riuscito ad avere quella sua aria micidiale, si disse. E pensò: “Si metterebbero a ridere, se ci provassi".
Perrin sganciò il fermaglio dell’ascia e si piantò a gambe larghe, pronto a impugnarla. Mat posò la mano sulla faretra, ma Rand non credeva che la corda dell’arco fosse in buone condizioni, dopo tutta quell’umidità. Thom Merrilin avanzò maestosamente d’un passo e protese la mano vuota, rigirandola; all’improvviso eseguì uno svolazzo e un pugnale gli comparve fra le dita; Thom batté l’elsa sul palmo e con noncuranza iniziò a pulirsi le unghie.
Da Moiraine provenne una risatina di divertimento. Egwene batté le mani come se assistesse a uno spettacolo, ma si bloccò subito e parve imbarazzata, pur conservando il sorriso.
Torralta parve tutt’altro che divertito. Fissò Thom, poi si schiarì rumorosamente la voce. «Si è parlato di altro oro per la traversata» disse. Girò intorno lo sguardo arcigno e subdolo. «Quel che mi avete già dato è ormai al sicuro, capito? Dove non potete mettere le mani.»
«Avrai il resto dell’oro quando saremo dall’altra parte» disse Lan. «Scosse il borsello di cuoio appeso alla cintura, che mandò un tintinnio.»
Il traghettatore si guardò ancora intorno, ma alla fine annuì. «Procediamo, allora» borbottò e si diresse al pontile, seguito dai sei aiutanti. La nebbia si dissipò intorno a loro, man mano che avanzavano; grigie volute si richiusero alle loro spalle e riempirono in fretta lo spazio lasciato vuoto. Rand si mosse per non restare indietro.
Il traghetto era una chiatta di legno con alte fiancate su tre lati e una rampa che, alzata, chiudeva il quarto. Funi grosse come il polso correvano ai lati; erano legate a pali massicci posti all’estremità del pontile e sparivano nel buio sopra il fiume. Gli aiutanti infilarono le torce in apposite staffe di ferro infisse sulle fiancate del traghetto, attesero che ciascuno spingesse sulla chiatta il proprio cavallo e alzarono la rampa. L’assito scricchiolò sotto gli zoccoli e il traghetto s’inclinò per il peso.
Torralta brontolò sottovoce e disse di tenere fermi i cavalli e di stare al centro per non intralciare gli aiutanti. Incitò a gran voce i suoi uomini, ma quelli continuarono a muoversi con la stessa riluttanza. Anche lui pareva esitante: spesso s’interrompeva per alzare la torcia e scrutare nella nebbia. Alla fine smise di gridare, andò a prua e rimase a fissare la nebbia che ricopriva il fiume. Si mosse solo quando un aiutante gli toccò il braccio; trasalì e lo guardò con rabbia.
«Cosa? Ah, sei tu. Tutto pronto? Era ora. Che aspetti?» Agitò le braccia, senza badare alla torcia e ai nitriti dei cavalli che cercavano di farsi indietro. «Molla gli ormeggi! Muoviti!» L’uomo si allontanò per eseguire l’ordine e Torralta riprese a scrutare nella nebbia.
Tolti gli ormeggi, il traghetto si mosse di scatto, afferrato dalla corrente; poi si arrestò bruscamente, trattenuto dalle funi di guida. Gli aiutanti, tre per lato, afferrarono le funi all’altezza della prua e faticosamente andarono all’indietro, borbottando a disagio, mentre il traghetto avanzava nel fiume ammantato di grigio.
Il pontile scomparve; la nebbia li circondò ed esili filamenti s’insinuarono fra le torce. La chiatta rollò piano nella corrente. L’unico movimento era il passo deciso dei sei uomini, avanti ad afferrare le funi e indietro a tirarle. Nessuno aprì bocca. I passeggeri si mantennero il più possibile al centro del traghetto. I quattro di Emond’s Field avevano sentito dire che il Taren era molto più ampio dei fiumi che conoscevano e la nebbia lo rendeva smisurato.
Dopo un certo tempo, Rand si accostò a Lan. Fiumi che un uomo non potesse guadare o attraversare a nuoto o scorgerne la riva opposta innervosivano chi non aveva visto niente di più ampio o più profondo d’un laghetto del Waterwood. «Credi che avrebbero tentato davvero di derubarci?» domandò a bassa voce. «Lui si comportava come se avesse paura che fossimo noi a derubarlo.»
Prima di rispondere, anche lui sottovoce, il Custode lanciò un’occhiata al traghettatore e ai suoi aiutanti: pareva che nessuno tendesse l’orecchio. «Con la nebbia a nasconderli... be’, quando nessuno vede, a volte gli uomini trattano gli estranei in modi che non userebbero sotto gli occhi di qualcuno. E chi assalirebbe un forestiero è il primo a pensare che un forestiero possa assalire lui. Quello lì venderebbe sua madre ai Trolloc come stufato, se il prezzo fosse giusto. Non sono sorpreso della tua domanda. Ho sentito cosa dice la gente di Emond’s Field di quella di Taren Ferry.»
«Sì, ma... Be’, tutti dicono che loro... Ma non credevo che facessero davvero...» Rand si convinse che in realtà non sapeva molto, della gente di altri villaggi. «Potrebbe dire al Fade che abbiamo attraversato il fiume» concluse. «E traghettare i Trolloc.»