Egwene sbarrò gli occhi, guardando la gemma, e si umettò varie volte le labbra. «Quella gemma... ha il Potere?»
«No, certo» rispose Moiraine. «Gli oggetti non hanno il Potere, bambina. Perfino un angreal è solo un utensile. Questa è una semplice gemma azzurra. Ma può dare luce. Così.»
Le mani di Egwene tremavano, mentre Moiraine deponeva la pietra sulla punta delle dita. Egwene cercò di ritrarsi, ma l’Aes Sedai le strinse le mani nella sua e con gentilezza le toccò la tempia.
«Guarda la gemma» disse piano. «Meglio così, che procedere a tastoni da sola. Libera la mente di tutto, tranne la gemma. Libera la mente, lasciati andare alla deriva. C’è solo la gemma e il vuoto. Inizierò io. Lasciati guidare da me. Non pensare a niente. Rilassati.»
Nella gemma sbocciò una luce, un semplice lampo azzurro che subito svanì, vivido come una lucciola; ma Rand trasalì come se ne fosse rimasto abbagliato. Egwene e Moiraine fissavano la gemma, senza espressione sul viso. Ci fu un altro lampo, un terzo, finché la luce azzurrina non pulsò come battito di cuore. “È opera dell’Aes Sedai” si disse Rand, disperato. “Opera di Moiraine, non di Egwene."
Dopo un ultimo, debole scintillio, la gemma tornò a essere un semplice gioiello. Rand trattenne il fiato.
Per un momento Egwene continuò a fissare la gemma, poi guardò Moiraine. «Mi... mi è parso di sentire... qualcosa, ma... Forse ti sei sbagliata. Mi dispiace averti fatto sprecare tempo.»
«Non ho sprecato niente, bambina.» Sulle labbra le aleggiò un lieve sorriso di soddisfazione. «L’ultimo guizzo di luce era solo tuo.»
«Sul serio?» esclamò Egwene, ma subito si rattristò. «Era appena visibile.»
«Adesso ti comporti come una sciocca ragazzina di villaggio. Quasi tutte quelle che vengono a Tar Valon devono studiare per molti mesi, prima di riuscire a fare quel che tu hai appena fatto. Puoi arrivare lontano. Forse perfino all’Amyrlin Seat, se studi duramente e se ti impegni a fondo.»
«Vuoi dire...» Con un gridolino di gioia, Egwene le gettò le braccia al collo. «Oh, grazie. Rand, hai sentito? Diventerò un’Aes Sedai!»
13
Scelte
Prima che si mettessero a dormire, Moiraine si accostò a ognuno di loro e gli posò sulla testa le mani. Lan brontolò di non averne bisogno, era inutile che sprecasse energie per lui, ma non cercò di fermarla. Egwene non vedeva l’ora di provare l’esperienza; Mat e Perrin, chiaramente spaventati, avevano paura di opporsi. Thom si ritrasse di scatto dalle mani dell’Aes Sedai, ma lei gli afferrò la testa, con un’occhiata che non ammetteva comportamenti da stupido. Il menestrello la guardò di storto per tutto il tempo. Nel togliere le mani, Moiraine gli rivolse un sorriso beffardo. Thom accentuò il cipiglio, ma parve davvero rinvigorito, come tutti gli altri.
Rand si era ritirato in una nicchia della parete, con la speranza che lei lo trascurasse. Avrebbe voluto chiudere gli occhi, ma si costrinse a guardare. Soffocò uno sbadiglio. Gli sarebbe bastato un paio d’ore di sonno. Ma Moiraine non si dimenticò di lui.
Al tocco freddo delle sue dita sul viso, Rand trasalì. Disse: «Non...» e sgranò gli occhi per la meraviglia. La stanchezza fluiva via come acqua che scorresse a valle; dolori e indolenzimenti divennero un ricordo confuso e svanirono. Rand fissò a bocca aperta l’Aes Sedai. Moiraine si limitò a sorridere e ritrasse le mani.
«Fatto» disse, alzandosi con un sospiro; e Rand ricordò che lei non poteva fare la stessa cosa per sé. A dire il vero, Moiraine bevve soltanto un po’ di tè e, nonostante l’insistenza di Lan, rifiutò il pane e formaggio; si rannicchiò accanto al fuoco, si avvolse nel mantello e parve addormentarsi all’istante.
Gli altri, tranne Lan, si distesero e chiusero gli occhi, ma Rand non capiva perché avessero sonno. Lui si sentiva come se avesse avuto una notte intera di riposo in un comodo letto. Però, appena si appoggiò alla parete, anche lui si addormentò di colpo. Quando, un’ora dopo, Lan lo svegliò, si sentiva come se avesse dormito tre giorni filati.
Il Custode svegliò tutti, tranne Moiraine, e disse di non fare rumore per non destarla. Ma concesse loro solo una breve permanenza nella comoda grotta. Prima che il sole salisse all’orizzonte, non c’era più traccia che qualcuno si fosse fermato lì e il gruppetto, rimontato a cavallo, si muoveva verso settentrione, alla volta di Baerlon, ad andatura moderata, per risparmiare i cavalli. Gli occhi dell’Aes Sedai erano velati, ma la donna sedeva dritta in sella.
Dietro di loro, sopra il fiume, la nebbia era ancora fitta: una muraglia grigia che resisteva ai deboli sforzi del sole per disperderla e che nascondeva i Fiumi Gemelli. Mente cavalcava, Rand si guardò indietro, con la speranza di dare un’ultima occhiata anche solo a Taren Ferry, quando il banco di nebbia fosse svanito.
«Non avrei mai creduto di essere tanto lontano da casa» commentò, quando infine gli alberi nascosero il fiume e il banco di nebbia. «Vi ricordate di quando Watch Hill sembrava lontanissimo?» E pensò: “Due giorni fa, lo era davvero. Un’eternità".
«In un paio di mesi torneremo» disse Perrin, con voce tesa. «Pensa a quante cose avremo da raccontare.»
«Neppure i Trolloc possono darci la caccia per sempre» disse Mat. «Prima o poi la smetteranno.» Drizzò le spalle, con un profondo sospiro, poi tornò ad abbassarle, come se neanche lui ci credesse.
«Ah, gli uomini!» sbuffò Egwene. «Hanno l’avventura da sempre sognata e già parlano di tornare a casa.» Teneva alta la testa, ma Rand notò un tremito nella voce, ora che il territorio dei Fiumi Gemelli era fuori vista.
Moiraine e Lan non dissero una parola per tranquillizzarli, per assicurare che sarebbero tornati. Rand cercò di non trarre conclusioni avventate. Aveva già abbastanza dubbi, per cercarne di nuovi. Ingobbito sulla sella, iniziò a fantasticare: insieme con Tam, badava alle pecore in un pascolo d’erba alta e rigogliosa, mentre le allodole cantavano nel mattino di primavera; e andava a Emond’s Field, festeggiava Bel Tine come una volta, ballava nel Parco senza altra preoccupazione se non quella di non sbagliare passo. Per un bel pezzo riuscì a perdersi in questo sogno a occhi aperti.
Il viaggio fino a Baerlon richiese quasi una settimana. Lan brontolò per la lentezza con cui procedevano, ma era lui a stabilire l’andatura e costringere gli altri a mantenerla. Verso se stesso e il suo cavallo, Mandarb (significava “Spada", nella Lingua Antica) non era molto tenero: percorreva il doppio di strada degli altri, andava al galoppo in avanscoperta, col mantello dai colori mutevoli che svolazzava al vento, per esaminare il terreno, oppure restava indietro a controllare le tracce. Chi tentava d’allungare il passo, però, riceveva rimproveri taglienti perché non si prendeva cura del cavallo, o commenti mordaci su come se la sarebbero cavata a piedi, se fossero comparsi i Trolloc. Nemmeno Moiraine sfuggiva alle sue frecciate, se si azzardava a far aumentare l’andatura alla giumenta bianca. Quest’ultima si chiamava Aldieb, che nella Lingua Antica significava “Vento di Ponente", il vento che porta le piogge di primavera.
Le esplorazioni del Custode non rivelarono mai segni d’inseguimento né pericoli d’imboscate. Lan riferiva solo a Moiraine quel che aveva visto, e sottovoce, in modo che gli altri non udissero; e l’Aes Sedai diceva ai compagni di viaggio quel che riteneva dovessero sapere. All’inizio Rand si guardava di frequente alle spalle. Non era il solo: Perrin sfiorava spesso l’ascia e Mat teneva una freccia incoccata. Ma il territorio era privo di Trolloc o di cavalieri dal mantello nero e nel cielo non volava alcun Draghkar. A poco a poco Rand cominciò a pensare che la fuga fosse riuscita davvero.