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L’ometto, in mantello e giubba pieni di rammendi, reggeva in mano il berretto di tela e chinava la testa a ogni frase. Scrutò quelli che smontavano dietro Lan e Moiraine e scosse la testa. «Gente di campagna» disse e sorrise. «Come mai, lady Alys, ti metti a raccattare bifolchi che hanno ancora fieno nei capelli?» Guardò Thom Merrilin. «Tu non sei un pecoraio. Ricordo d’averti fatto uscire, qualche giorno fa. In campagna non hanno apprezzato i tuoi trucchi, eh, menestrello?»

«Mi auguro che tu abbia dimenticato d’averci fatto uscire, mastro Avin» disse Lan, mettendogli nella mano libera una moneta. «E che dimentichi anche d’averci fatto rientrare.»

«Non ce n’è bisogno, mastro Andra. Non ce n’è bisogno. Mi hai dato abbastanza, quando siete usciti. Fin troppo.» Nonostante la protesta, Avin fece scomparire con destrezza la moneta, come se fosse anche lui un giocoliere. «Non ho parlato con nessuno, né parlerò. Soprattutto coi Manti Bianchi» terminò, torvo. Sporse le labbra per sputare, guardò Moiraine e invece deglutì.

Rand, sorpreso, tenne la bocca chiusa e gli altri lo imitarono, anche se a Mat costò un certo sforzo. I Figli della Luce! Le storie che li riguardavano, raccontante da venditori e mercanti e guardie di mercanti, andavano dall’ammirazione all’odio, ma concordavano sul fatto che i Figli odiavano tanto le Aes Sedai quanto gli Amici delle Tenebre. Forse altri guai erano già in vista.

«I Figli sono a Baerlon?» domandò Lan.

«Oh, certo! Se ricordo bene, sono giunti il giorno stesso in cui ve ne siete andati. Qui nessuno li può soffrire. Ma non lo dà a vedere, è ovvio.»

«Hanno detto perché sono venuti?» domandò Moiraine, pensierosa.

«Perché sono venuti, Lady?» Per lo stupore, Avin dimenticò perfino di abbassare la testa. «Certo che l’hanno detto... Oh, dimenticavo, siete stati giù nelle campagne. Da quelle parti avrete udito solo belati di pecore. Sono venuti a causa degli avvenimenti nel Ghealdan. Il Drago, sapete... be’, quello che si definisce Drago. Dicono che questo tizio scatena il male e che loro sono qui per soffocarlo, solo che lui è nel Ghealdan, non qui. Una scusa per immischiarsi negli affari della gente, secondo me. Sulla porta di qualcuno si è già vista la Zanna del Drago.» Questa volta sputò.

«Allora hanno già provocato molti guai?» domandò Lan. Avin scosse con vigore la testa.

«No. Ma non per mancanza di volontà, secondo me» precisò. «Nemmeno il Governatore si fida di loro. Ne lascia entrare una decina per volta. Sono furibondi, per questo. Ho sentito dire che si sono accampati poco lontano, verso settentrione. Scommetto che i contadini non fanno che guardarsi alle spalle. Quelli in città si limitano a girare per le vie, con il loro mantello bianco, guardando dall’alto in basso i galantuomini. Camminate nella Luce, dicono, ed è un ordine. Più d’una volta hanno rischiato di venire alle mani con i carrettieri e i minatori e i fonditori e tutti gli altri, perfino con le Guardie, ma il Governatore vuole che ci sia pace e per ora così è stato. Se danno la caccia al male, dico io, perché non sono nella Saldaea? Lassù ci sono disordini, ho sentito dire. Oppure nel Ghealdan? Laggiù c’è stata una grande battaglia, dicono. Grande davvero.»

Moiraine trasse un sospiro. «Ho saputo che le Aes Sedai andavano nel Ghealdan.»

«Sì, Lady, ci sono andate.» Avin ricominciò a muovere a scatti la testa. «Sono andate nel Ghealdan, d’accordo, e proprio questo ha scatenato la battaglia. Alcune Aes Sedai sono morte, si dice. Forse tutte. So che a certuni le Aes Sedai non piacciono, ma chi altri può fermare un falso Drago? E quei maledetti pazzi che credono di poter essere Aes Sedai maschi. E loro? Certo, dicono alcuni... non i Manti Bianchi, bada bene, e neppure io, ma alcune persone... che forse quel tizio è davvero il Drago Rinato. Fa cose straordinarie, dicono. Adopera l’Unico Potere. Lo seguono a migliaia.»

«Non dire sciocchezze» intervenne bruscamente Lan e Avin mostrò un’espressione ferita.

«Dico solo quel che ho udito, no? Solo le voci che girano, mastro Andra. Pare che muova l’esercito a oriente e a meridione, verso Tear.» Il tono era carico di significato. «L’ha chiamato il Popolo del Drago.»

«I nomi significano poco» disse Moiraine, con calma. Se era rimasta turbata dalle notizie, non lo dava a vedere. «Potresti chiamare Popolo del Drago il tuo mulo, se te ne venisse voglia.»

«Oh, non credo, Lady» ridacchiò Avin. «Non certo con i Manti Bianchi qui in giro. E nemmeno gli altri vedrebbero di buon occhio un nome simile. Capisco cosa vuoi dire, ma... no, Lady, non il mio mulo.»

«Saggia decisione. Ma ora dobbiamo andare.»

«E stai tranquilla, Lady» disse Avin, con un profondo inchino. «Io non ho visto nessuno.» Corse alla porta e cominciò a richiuderla, con rapidi strattoni. «Non ho visto nessuno e non ho visto niente.» La porta si chiuse con un tonfo e lui tirò giù la sbarra, servendosi dell’apposita fune. «Sono parecchi giorni, Lady, che questa porta non viene aperta.»

«La Luce t’illumini, Avin.»

Moiraine si allontanò dalla porta. Rand si guardò indietro: Avin sembrava intento a lucidare una moneta, con un angolo del mantello, e a ridacchiare.

Seguirono vie polverose larghe appena quanto due carri, deserte, costeggiate di magazzini e qualche alta staccionata. Per un poco Rand camminò accanto al menestrello. «Thom, cos’erano quei discorsi su Tear e il Popolo del Drago? Tear non è una città sul mare delle Tempeste?»

«Il ciclo di Karaethon» rispose Thom, concisamente.

Rand rimase sorpreso. Le profezie del Drago. «Nessuno racconta il... queste storie, nei Fiumi Gemelli. Non certo a Emond’s Field, in ogni caso. La Sapiente li spellerebbe vivi, se li udisse.»

«Penso proprio di sì» disse Thom, caustico. Lanciò un’occhiata a Moiraine, più avanti insieme con Lan, capì che non poteva udirlo e continuò: «Tear è il più grande porto sul mare delle Tempeste e la Pietra di Tear è la fortezza che lo protegge. Si dice che la Pietra sia la prima fortezza costruita dopo la Frattura del Mondo; da quando esiste, non è mai caduta, anche se più d’un esercito ha provato ad assalirla. Una Profezia dice che la Pietra di Tear non cadrà mai, finché non vi arriverà il Popolo del Drago. Un’altra dice che la Pietra non cadrà finché la mano del Drago non impugnerà la Spada Intoccabile.» Thom fece una smorfia. «La caduta della Pietra sarà una delle prove più significative della rinascita del Drago. Possa restare in piedi finché non sarò polvere!»

«La spada intoccabile?»

«Proprio così. Non so se sia realmente una spada. Comunque si trova nel Cuore della Pietra, la cittadella centrale della fortezza. Solo i Sommi Signori di Tear posso entrarvi e non parlano mai di quel che c’è all’interno. Non ai menestrelli, di sicuro.»

Rand corrugò la fronte. «La Pietra non può cadere finché il Drago non impugna la spada, ma come può impugnarla, se la Pietra non è già caduta? Il Drago è forse un Sommo Signore di Tear?»

«Non credo proprio. Tear odia qualsiasi cosa abbia a che fare col Potere, anche più di Amador; e Amador è la fortezza dei Figli della Luce.»

«Allora come può avverarsi la Profezia? Mi piacerebbe che il Drago non rinascesse mai, ma una profezia che non possa verificarsi non ha senso. Sembra una storia intesa a far credere alla gente che il Drago non rinascerà mai. È così?»

«Fai un mucchio di domande, ragazzo. Una profezia che si verifichi facilmente non varrebbe molto, eh?» A un tratto il tono di voce divenne più vivace. «Bene, siamo arrivati a destinazione. Quale che sia.»

Lan si era fermato in una zona di alte staccionate che parevano identiche alle altre già viste. Infilò fra due assi la lama del pugnale. Poi borbottò, soddisfatto: diede uno strattone e un pezzo di staccionata si spalancò come una porta. Era proprio una porta, vide Rand, anche se fatta per essere aperta solo dall’altro lato. Lo dimostrava il chiavistello di ferro che Lan aveva sollevato usando la punta del pugnale.