Выбрать главу

Per tutta la chiacchierata Lan era rimasto appoggiato alla parete, come se dormisse. Ora balzò in piedi e con due lunghi passi fu alla porta. Accostò l’orecchio al pannello e rimase in ascolto, poi socchiuse l’uscio e sporse la testa nel corridoio. «Se ne sono andati» disse infine, richiudendo la porta. «Possiamo parlare in pace.»

«Hai detto che non bisogna fidarsi di nessuno» disse Egwene. «Ma se sospetti del locandiere, perché ci siamo fermati qui?»

«Sospetto di lui come di chiunque» replicò Lan. «E finché non saremo a Tar Valon, sospetterò di tutti. Laggiù, sospetterò solo a metà.»

Rand fece per sorridere, pensando che quella del Custode fosse una battuta. Poi si accorse che non c’era traccia di divertimento, sul viso di Lan. Avrebbe sospettato anche della gente di Tar Valon. Ma c’era, un posto sicuro?

«Esagera» disse Moiraine, per tranquillizzarli. «Mastro Fitch è un brav’uomo, onesto e affidabile. Ma gli piace parlare; e anche con la migliore volontà di questo mondo, potrebbe lasciarsi scappare qualcosa davanti alle persone sbagliate. Ancora non mi sono fermata in una locanda dove metà delle cameriere non origli alla porta e non passi più tempo a spettegolare che a rifare i letti. Sediamoci, prima che la cena si raffreddi.»

Presero posto intorno al tavolo, con Moiraine e Lan alle estremità; per un poco furono troppo occupati a riempirsi il piatto per parlare. Forse non era un banchetto, ma dopo una settimana di gallette e di carne affumicata, ne aveva proprio il gusto.

Dopo un poco Moiraine domandò: «Cosa hai saputo, nella sala comune?» Coltelli e forchette si fermarono a mezz’aria e tutti gli occhi si puntarono sul Custode.

«Di buono, poco» rispose Lan. «Avin aveva ragione, almeno a quanto si dice. Nel Ghealdan c’è stata una battaglia e ha vinto Logain. Su questo concordano tutte le voci.»

Logain? Si trattava certamente del falso Drago. Era la prima volta che Rand ne udiva il nome. Sembrava quasi che Lan lo conoscesse di persona.

«Le Aes Sedai?» domandò Moiraine a bassa voce. Lan scosse la testa.

«Non so. Alcuni dicono che sono state uccise tutte. Altri, che non è morta nessuna.» Sbuffò. «Altri ancora dicono perfino che si sono unite a Logain. Tutte voci poco attendibili; ma non potevo mostrarmi troppo curioso.»

«Sì» disse Moiraine. «Notizie che servono a poco.» Con un profondo sospiro riportò l’attenzione alla tavola. «E per quanto ci riguarda più da vicino?»

«In questo andiamo meglio: non ci sono stati eventi insoliti, non si sono visti forestieri che potrebbero essere Myrddraal e di sicuro nemmeno Trolloc. I Manti Bianchi sono impegnati a prendersela col governatore Adan perché non vuole cooperare. Non ci noteranno, se non ci metteremo in mostra.»

«Bene. Concorda con quanto ha detto l’inserviente dei bagni. I pettegolezzi hanno i loro vantaggi.» Si rivolse all’intero gruppetto. «Ci aspetta ancora un lungo viaggio; l’ultima settimana non è stata facile, per cui propongo di restare qui stanotte e domani notte; ce ne andremo dopodomani di buon’ora.» I tre ragazzi sorrisero: una città, per la prima volta. Anche Moiraine sorrise, ma aggiunse: «Sentiamo cosa ne pensa mastro Andra.»

Lan rimase serio. «Per me va bene, se una volta tanto badano ai miei avvertimenti.»

Thom sbuffò sotto i baffi. «Gente di campagna, lasciata libera in... in una città.» Tornò a sbuffare e scosse la testa.

Dato l’affollamento, erano disponibili solo tre camere: una per Moiraine e Egwene, due per gli uomini. Rand divise con Lan e con Thom una stanza al terzo piano, sul retro, quasi sotto le grondaie sporgenti, con una sola finestrella che dava sul cortile della stalla.

Lo spazio, già scarso, era ulteriormente ridotto dall’aggiunta di un terzo letto per Thom, anche se i letti erano assai stretti. E duri, scoprì Rand, quando si buttò sul suo. Non era proprio la stanza migliore.

Thom si trattenne solo il tempo sufficiente a togliere dall’astuccio flauto e arpa, poi uscì. Lan andò con lui.

Solo una settimana fa, si disse Rand, rigirandosi nello scomodo letto, sarebbe sceso dabbasso in fretta e furia, se c’era la possibilità anche remota di vedere all’opera un menestrello. Ma per una settimana aveva ascoltato ogni sera le storie di Thom, e il menestrello sarebbe stato lì anche la sera seguente, e quella dopo, e il bagno caldo gli aveva sciolto groppi di muscoli irrigiditi e il primo pasto caldo da sette giorni a quella parte gli aveva messo sonnolenza. Si domandò se Lan conosceva davvero il falso Drago, Logain. Dal pianterreno provenne un clamore attutito: nella sala comune la gente aveva salutato l’ingresso di Thom. Ma Rand già dormiva.

Nel corridoio di pietra, quasi buio e pieno d’ombre, c’era soltanto Rand. Il ragazzo non sapeva dire da dove provenisse la fioca luce: alle pareti spoglie non c’erano candele né lumi, niente che giustificasse il debole bagliore. L’aria era ferma e umida; in lontananza l’acqua sgocciolava con un rumore sordo e continuo. Non era certo un corridoio della locanda. Rand inarcò le sopracciglia e si lisciò la fronte. Locanda? Aveva mal di testa e non riusciva a concentrarsi. C’era stato qualcosa a proposito di... una locanda? Il pensiero svanì.

Rand si umettò le labbra. Aveva una sete spaventosa. Fu lo sgocciolio a fargli prendere la decisione. Non avendo altro su cui basarsi, tranne la sete, si diresse verso quel continuo plic, plic, plic.

Il corridoio si estendeva senza diramazioni e in apparenza senza il minimo cambiamento. Le uniche caratteristiche erano le rozze porte poste a intervalli regolari, una per parte: il legno era screpolato e secco, nonostante l’aria umida. Le ombre arretravano davanti a lui, immutate, e lo sgocciolio non si avvicinava affatto. Dopo un bel po’, Rand decise di provare una porta. L’uscio si aprì facilmente e lui entrò in una stanza dalle pareti di pietra e dall’aria sinistra.

Una parete aveva una serie di archi che davano su una balconata di pietra grigia, al di là della quale c’era un cielo come non ne aveva mai visti. Nuvole striate di nero e di grigio, di rosso e di arancione, correvano come spinte da vento di tempesta, mescolandosi senza fine. Nessuno aveva mai visto un cielo del genere: non poteva esistere.

Rand staccò lo sguardo dalla balconata, ma il resto della stanza non era migliore. Presentava curve bizzarre e angoli insoliti, come se l’avessero ricavata quasi a caso dalla roccia, e colonne che parevano crescere dal pavimento grigio. Nel camino le fiamme ruggivano come in una forgia sotto l’azione del mantice, ma non davano calore. Bizzarre pietre ovali formavano il focolare. Se le fissava, sembravano semplici pietre, umide e scivolose nonostante il fuoco; ma se le guardava con la coda dell’occhio, parevano invece facce di uomini e di donne che si torcessero negli spasimi e urlassero senza emettere suono. Le sedie dall’alta spalliera e il tavolo al centro della stanza erano assai comuni, ma proprio per questo accentuavano la bizzarria del resto. Alla parete era appeso uno specchio, ma tutt’altro che comune. Quando vi si guardò, Rand vide solo una macchia confusa anziché la propria immagine. Ogni cosa vi era rispecchiata esattamente, tranne lui.

Un uomo era fermo davanti al camino. Rand non l’aveva visto entrare: se non avesse saputo che era impossibile, avrebbe detto che non c’era, finché non aveva guardato da quella parte. Vestito d’abiti scuri di buona fattura, pareva nel fiore della maturità e Rand immaginò che le donne l’avrebbero trovato di bell’aspetto.

«Ancora una volta ci troviamo a faccia a faccia» disse l’uomo; e, solo per un istante, la bocca e gli occhi divennero aperture spalancate in caverne infinite e fiammeggianti.

Con un grido Rand si ritrasse dalla stanza, con tanta violenza da urtare la parete opposta del corridoio e spalancare l’altra porta. Si girò di scatto, afferrò la maniglia per non cadere a terra... e si trovò a fissare a occhi sbarrati una stanza di pietra, un impossibile cielo al di là degli archi della balconata, un camino...