«Sei Rand, vero?» continuò la ragazza. «Mi chiamo Min.»
«Non sono nei guai» rispose lui. Non sapeva che cosa Moiraine avesse detto alla ragazza, ma ricordò l’ammonimento di Lan: non attirare l’attenzione. «Cosa te lo fa credere? I Fiumi Gemelli sono un luogo tranquillo e noi siamo gente tranquilla. I nostri guai, se ci sono, riguardano solo il raccolto o le greggi.»
«Tranquilla?» disse Min, con una traccia di sorriso. «Ho udito la gente parlare di voi dei Fiumi Gemelli. E le storielle sui pastori dalla testa di legno; e poi c’è gente che è stata davvero giù nelle campagne.»
«Testa di legno?» disse Rand, corrugando la fronte. «Quali storielle?»
«Chi vi conosce» continuò lei, come se non fosse stata interrotta «dice che siete tutti sorrisi e gentilezza, mansueti, teneri come burro. In superficie, almeno. Sotto, siete duri come radici d’una vecchia quercia. Scavando ancora, viene alla luce la pietra. Ma la pietra non è sepolta molto in profondità, in te e nei tuoi amici. Come se una tempesta avesse spazzato via la maggior parte del rivestimento. Moiraine non mi ha detto tutto, ma anch’io ho gli occhi.»
Radici di vecchia quercia? Pietra? Non parevano proprio discorsi tipici dei mercanti o delle loro guardie, si disse Rand. Ma nell’udire l’ultima frase trasalì.
Si guardò rapidamente intorno: il cortile della stalla era deserto e le finestre più vicine erano chiuse. «Non conosco nessuno che si chiami... come hai detto?»
«Lady Alys, se preferisci» rispose Min, con un’occhiata di divertimento che fece arrossire Rand. «Non c’è nessuno a portata d’orecchio.»
«Cosa ti fa credere che lady Alys abbia un altro nome?»
«Il fatto che me l’abbia detto» rispose Min, paziente. «Ma non credo che avesse scelta. Ho visto subito che era... diversa. Quando si è fermata qui alla locanda, prima di proseguire per la campagna. Sapeva di me. Ho già parlato con... altre come lei.»
«Hai visto che era diversa?»
«Be’, non credo che ti precipiterai dai Figli, considerando con chi viaggi. Ai Manti Bianchi non piacerebbe quel che faccio io più di quanto non piaccia quel che fa lei.»
«Non capisco.»
«Lei dice che vedo frammenti del Disegno.» Con una risatina Min scosse la testa. «Mi sembra un’esagerazione. Ma vedo delle cose, quando guardo la gente, e a volte ne capisco il significato. Guardo un uomo e una donna che non si sono mai scambiati neppure una parola e so che si sposeranno. E loro si sposano. Cose di questo genere. Lei voleva che ti guardassi. Te e tutti gli altri insieme.»
Rand rabbrividì. «E cos’hai visto?»
«Quando siete in gruppo? Scintille che turbinano intorno a te, migliaia di scintille; e una grossa ombra, più nera della notte. Così intensa che mi domando come mai nessun altro la scorga. Le scintille cercano di vincere l’ombra e l’ombra cerca d’inghiottire le scintille.» Scrollò le spalle. «Siete tutti legati insieme in qualcosa di pericoloso, ma non riesco a capirne di più.»
«Tutti?» mormorò Rand. «Anche Egwene? Ma davano la caccia solo a... voglio dire...»
Min non parve notare il passo falso. «La ragazza? Anche lei ne fa parte. E il menestrello. Tutti voi. Tu sei innamorato della ragazza.» Lo fissò. «Me ne accorgo anche senza la seconda vista. Pure lei ti ama, ma non è per te, né tu sei per lei. Non nel modo che tutt’e due vorreste.»
«E questo cosa significherebbe?»
«Quando la guardo, vedo le stesse cose di quando guardo... lady Alys. Anche altre cose, che non capisco; ma so qual è il significato. Lei non rifiuterà.»
«Tutte sciocchezze» protestò Rand, a disagio. Il mal di testa si era calmato, ma si sentiva intontito, come se avesse il cranio pieno di lana. Voleva allontanarsi da quella ragazza e dalle cose che lei vedeva. Tuttavia... «Cosa vedi, quando guardi... il resto del gruppo?»
«Cose d’ogni genere» disse Min, con un sorriso, come se sapesse che cosa lui voleva realmente chiedere. «La Guerra... ah... mastro Andra ha sette torri in rovina intorno alla testa, e un bimbo in culla regge una spada, e...» Scosse la testa. «Uomini come lui, capisci, hanno sempre un mucchio d’immagini che si accavallano. Le immagini più forti intorno al menestrello mostrano un uomo, non lui, che col fuoco fa giochi di prestigio, e la Torre Bianca, e questo non ha senso, per un uomo. Le immagini più forti che vedo intorno al tipo robusto e ricciuto sono un lupo, una corona infranta, alberi che gli fioriscono intorno. E per l’altro... un’aquila rossa, un occhio sul piatto d’una bilancia, un pugnale con un rubino, un corno, una faccia che ride. Ci sono altre cose, ma capisci cosa intendo. Stavolta non riesco a trarne senso.» Allora rimase in attesa, continuando a sorridere, finché alla fine lui si schiarì la voce.
«E intorno a me?»
Il sorriso si bloccò l’attimo prima di diventare risata vera e propria. «Lo stesso genere di cose che vedo negli altri. Una spada che non è una spada, un’aurea corona di foglie d’alloro, un bastone di mendicante, tu che versi acqua sulla sabbia, una mano insanguinata e un ferro rovente, tre donne in piedi accanto a un catafalco dove tu sei disteso, roccia nera bagnata di sangue...»
«E va bene» la interruppe Rand, a disagio. «Non occorre che le elenchi tutte.»
«La maggior parte delle volte vedo fulmini intorno a te: alcuni ti colpiscono, altri provengono da te. Non so cosa significhi, ma so una cosa. Tu e io ci incontreremo di nuovo.» Gli scoccò un’occhiata incuriosita, come se neppure lei capisse.
«E perché non dovremmo? Passerò da qui, tornando a casa.»
«Immagino di sì.» A un tratto sorrise di nuovo, con ironia e aria di mistero, e gli diede un buffetto sulla guancia. «Ma se ti dicessi tutto quello che vedo, ti verrebbero i capelli ricci come quelli del tuo amico tutto spalle.»
Rand si sottrasse di scatto, come se la mano di lei fosse un ferro rovente. «Che vuoi dire? Vedi qualcosa riguardante i topi? O i sogni?»
«Topi! No, niente topi. In quanto ai sogni, forse tu pensi che sia un sogno, non io.»
Rand si domandò se fosse pazza, per sogghignare in quel modo. «Devo andare» disse, girandole intorno. «Devo... devo raggiungere i miei amici.»
«Vai, allora. Ma non sfuggirai.»
Rand non si mise a correre, ma ogni suo passo fu più svelto del precedente.
«Corri, se vuoi» gli gridò dietro Min. «Non puoi sfuggire a me.»
La sua risata lo spinse ad attraversare in fretta il cortile e a uscire in strada, fra la folla. Le ultime parole assomigliavano troppo a quelle di Ba’alzamon. Correndo, urtò alcune persone, si guadagnò occhiatacce e imprecazioni, ma rallentò solo quando fu a parecchie vie di distanza dalla locanda.
Dopo un poco cominciò di nuovo a fare attenzione a dove si trovava. Si sentiva intontito, ma si guardava intorno e si divertiva ugualmente. Pensava che Baerlon fosse una città magnifica, anche se diversa dalle città delle storie di Thom. Andò a zonzo per vie larghe, quasi tutte lastricate, e per vicoli tortuosi, dovunque il caso e il movimento della folla lo portavano. Nella notte era piovuto e nelle vie in terra battuta c’era uno strato di fanghiglia, ma per Rand il fango non era una novità: a Emond’s Field non c’erano vie lastricate.
A dire il vero nella città non c’erano palazzi e solo alcune case erano molto più grandi di quelle del suo paesello, ma tutte avevano un tetto d’ardesia o di tegole bello come quello della Fonte di Vino. Rand immaginò che i palazzi fossero invece a Caemlyn. Per quanto riguardava le locande, ne contò nove, nessuna più piccola della Fonte di Vino e quasi tutte grandi quanto il Cervo e Leone; ma aveva ancora un mucchio di vie da visitare.
Botteghe punteggiavano ogni via, con tendoni stesi a proteggere i banchi per l’esposizione delle merci, dalle stoffe ai libri, dal vasellame agli stivali. Sembrava che cento carri di venditori ambulanti avessero riversato lì il proprio contenuto. Rand rimaneva incantato a guardare, tanto che diverse volte fu costretto a filarsela per le occhiate di sospetto del bottegaio. La prima volta non aveva capito perché il padrone della bottega lo guardasse a quel modo. Quando infine capì, si sentì salire la mosca al naso, ma poi ricordò d’essere un forestiero, in quella città. Comunque, non avrebbe potuto comprare molto: rimase a bocca aperta, quando vide quante monete di rame occorrevano per comprare una decina di mele scolorite o una manciata di rape vizze: roba che nei Fiumi Gemelli avrebbero dato ai cavalli, ma che lì la gente sembrava ansiosa d’acquistare.