«Sono appena giunto a Baerlon.» Un formicolio d’eccitazione gli percorse braccia e gambe: si sentì rosso in viso, quasi accaldato. «Non conosci per caso una buona locanda?»
«Eludi le domande» replicò, brusco, Bornhald. «Quale forza del male t’impedisce di rispondermi?» I suoi due compagni lo affiancarono, con viso duro e inespressivo. Nonostante le macchie di fango, adesso in loro non c’era niente di buffo.
Il formicolio lo riempì d’un calore febbrile. Rand si sentiva così bene da avere voglia di ridere. Una vocina nella testa gli gridava che c’era qualcosa di sbagliato, ma lui riusciva solo a pensare che era pieno d’energia, quasi da scoppiare. Sorridendo, si dondolò sui talloni e aspettò gli eventi. Vagamente si domandò quali sarebbero stati.
Il viso del capo s’indurì. Uno degli altri due estrasse in parte la spada, tanto da mostrare quattro dita d’acciaio, e parlò con voce vibrante di rabbia: «Quando i Figli della Luce fanno una domanda, zuccone dagli occhi grigi, si aspettano una risposta, altrimenti...» S’interruppe, mentre il capitano lo bloccava col braccio. Bornhald sollevò di scatto la testa per guardare la via.
La Guardia Cittadina era arrivata: una decina d’uomini in copricapo rotondo d’acciaio e gambali di cuoio rinforzati con borchie. Impugnavano bastoni dalla punta ferrata e avevano l’aria di saperli usare. Si fermarono a dieci passi, in silenzio, e guardarono la scena.
«Questa città ha perduto la Luce» brontolò l’uomo che aveva estratto in parte la spada. Alzò la voce. «Baerlon vive nell’Ombra del Tenebroso!» gridò alle Guardie. A un gesto di Bornhald, rinfoderò con un colpo secco la spada.
Bornhald si girò verso Rand. «Gli Amici delle Tenebre non ci sfuggono, bamboccio, neanche in una città che vive nell’Ombra. Ci incontreremo ancora. Stanne certo!»
Girò sui tacchi e si allontanò, con i due compagni alle calcagna, come se Rand avesse smesso di esistere. Quando arrivarono nel tratto affollato della via, lo stesso varco casuale si aprì intorno a loro. Gli uomini della Guardia esitarono, osservando Rand, poi si misero in spalla i bastoni ferrati e seguirono i tre dal mantello bianco. Furono costretti ad aprirsi la strada gridando: «Largo alla Guardia!» Ma pochi si scostarono, se non di malavoglia.
Rand si dondolava ancora sui talloni, aspettando. Il formicolio era tanto forte da farlo quasi tremare; gli pareva di bruciare.
Mat uscì dalla bottega e lo fissò. «Non sei malato» disse infine. «Sei impazzito!»
Rand trasse un sospiro profondo e all’improvviso quella sensazione di potere svanì come bolla punta da uno spillo. Barcollò, rendendosi conto solo allora dell’enormità del suo gesto. Si umettò le labbra a incrociò lo sguardo di Mat. «Penso che sia meglio tornare subito alla locanda» disse a disagio.
«Sì» convenne Mat. «Sì, penso proprio che sia meglio.»
Le vie si erano riempite di nuovo e più d’un passante fissò i due ragazzi e mormorò qualcosa ai compagni. Rand era sicuro che la storia si sarebbe diffusa. Un pazzo aveva cercato di attaccare briga con tre Figli della Luce. C’era di che parlarne per giorni. “Forse i sogni mi fanno impazzire davvero” pensò Rand.
Si smarrirono diverse volte nella confusione di vie, ma dopo un poco s’imbatterono in Thom Merrilin, che da solo formava una grandiosa processione tra la folla. Il menestrello disse d’essere uscito per sgranchirsi le gambe e respirare una boccata d’aria, ma ogni volta che qualcuno guardava due volte il mantello multicolore, lui annunciava con voce sonora: «Sono al Cervo e Leone, solo per stasera.»
Fu Mat, che iniziò a raccontargli confusamente il sogno, esprimendo il dubbio se bisognasse parlarne a Moiraine; ma anche Rand intervenne, perché c’erano delle differenze nel modo come lo ricordavano. O forse i due sogni erano davvero un po’ diversi l’uno dall’altro. Ma in gran parte coincidevano.
Quasi subito Thom si mise ad ascoltarli con grande interesse. Quando Rand menzionò Ba’alzamon, il menestrello afferrò per la spalla i due ragazzi e ordinò loro di tenere chiusa la bocca; si alzò sulla punta dei piedi per guardare al di sopra della folla, poi li spinse fuori della calca, in un vicolo cieco dove c’erano solo alcune casse e un cane rossiccio e scheletrico accucciato al riparo dal freddo.
Thom controllò se qualcuno si era fermato a origliare, prima di rivolgere l’attenzione ai due ragazzi. I suoi occhi azzurri trafissero i loro, tra un’occhiata e l’altra per controllare l’imboccatura del vicolo. «Non dite mai quel nome dove degli estranei possono udirvi» attaccò, a voce bassa, ma in tono pressante. «Nemmeno dove potrebbero udirvi. È un nome pericolosissimo, anche se non ci sono Figli della Luce in giro per le vie.»
Mat sbuffò. «Avrei una bella storia, sui Figli della Luce» disse, con un’occhiata ironica a Rand.
Thom non gli badò. «Se questo sogno l’avesse fatto solo uno di voi due...» Si tirò furiosamente i baffoni. «Ditemi tutto quello che ricordate. Ogni minimo particolare.» Mentre ascoltava, non smise di sorvegliare la via.
«...ha fatto il nome degli uomini che secondo lui sono stati usati» concluse Rand. Pensava d’avere riferito tutto. «Guaire Amalasan. Raolin Darksbane.»
«Davian» aggiunse Mat. «E Yurian Stonebow.»
«E Logain» terminò Rand.
«Nomi pericolosi» brontolò Thom. I suoi occhi parvero scavare nei loro più profondamente di prima. «Pericolosi quasi quanto quell’altro, per certi versi. Tutti morti, ora, tranne Logain. Alcuni morti da molto tempo. Raolin Darksbane da quasi duemila anni. Ma pur sempre pericolosi. Meglio non pronunciarli ad alta voce, anche se siete da soli. Molti non li riconoscerebbero, ma se per caso vi ascoltasse la persona sbagliata...»
«Insomma, chi erano?» domandò Rand.
«Uomini» mormorò Thom. «Uomini che scossero le colonne del cielo e fecero traballare le fondamenta del mondo. Non importa. Cercate di dimenticarli. Sono polvere, adesso.»
«Le Aes... Furono usati, come ha detto lui?» domandò Rand. «E uccisi?»
«Si potrebbe dire che la Torre Bianca li ha uccisi. Mettiamola così.» Per un momento Thom serrò le labbra, poi scosse la testa. «Ma, usati? No, non mi pare. La Luce sa che l’Amyrlin Seat ha molte trame in atto, ma non credo che sia responsabile anche della loro morte.»
Mat rabbrividì. «Ha detto moltissime cose. Cose folli. Tutte quelle su Lews Therin Kinslayer e su Artur Hawkwing. E l’Occhio del Mondo. Luce santa, cosa sarebbe?»
«Una leggenda» rispose lentamente il menestrello. «Forse. Una leggenda grande come quella del Corno di Valere, almeno nelle Marche di Confine. Lassù i giovani cercano l’Occhio del Mondo come i giovani di Illian cercano il Corno. Forse è una leggenda.»
«Cosa facciamo, Thom?» disse Rand. «Lo diciamo a lei? Non voglio fare altri sogni come questo. Forse lei ha un rimedio.»
«Forse il suo rimedio non ci piacerà» brontolò Mat.
Thom li esaminò, riflettendo e lisciandosi i baffi. «Vi consiglio di stare zitti» disse infine. «Non parlatene a nessuno, almeno per il momento. Potete sempre cambiare idea, se è il caso; ma se la informate, non potete più tornare indietro e sarete legati più che mai a... a lei.» All’improvviso si raddrizzò. «L’altro ragazzo! Dite che ha fatto lo stesso sogno? Avrà il buonsenso di tenere la bocca chiusa?»
«Credo di sì» rispose Rand, nello stesso momento in cui Mat diceva: «Tornavamo alla locanda per avvisarlo.»
«Voglia la Luce che non sia troppo tardi!» Con il mantello che gli sbatteva intorno alle caviglie e le toppe colorate che svolazzavano al vento, Thom uscì dal vicolo guardandosi alle spalle senza fermarsi. «E allora? Siete incollati al terreno?»
Rand e Mat si affrettarono a seguirlo, ma Thom non attese che lo raggiungessero. Stavolta non si soffermò, quando la gente notava il suo mantello, né rispose a quelli che lo salutavano. Si aprì un varco nelle vie affollate, come se fossero deserte. Rand e Mat si lanciarono quasi di corsa per stargli alle calcagna. In minor tempo di quanto Rand non si aspettasse arrivarono al Cervo e Leone.