«Certo» disse lui. Era nato davvero fuori dei Fiumi Gemelli. «Certo.» Forse Tam delirava per la febbre e forse aveva trovato un neonato dopo la battaglia. «Perché a lei non l’hai detto?»
«Non sono affari degli estranei.»
«Anche qualcuno degli altri è nato fuori dei Fiumi Gemelli?» Ma subito scosse la testa. «No, non dirmelo. Non sono affari miei.» Eppure gli sarebbe piaciuto sapere se Moiraine aveva un interesse speciale nei suoi confronti.
«No, non sono affari tuoi» convenne Nynaeve. «Forse non significa niente. Forse lei cerca alla cieca una ragione qualsiasi che spieghi perché quelle creature ti danno la caccia. Vi danno la caccia.»
Rand riuscì a sorridere. «Allora credi che davano la caccia proprio a noi.»
Nynaeve scosse la testa ironicamente. «Hai imparato a girare le frasi, da quando l’hai incontrata.»
«E ora cosa intendi fare?»
Nynaeve lo studiò; Rand ne sostenne lo sguardo. «Al momento, vado a fare il bagno. Per il resto, staremo a vedere, no?»
17
Osservatori e cacciatori
Lasciata la Sapiente, Rand si recò nella sala comune. Aveva bisogno di sentire la gente ridere, per dimenticare le parole di Nynaeve e anche i guai che lei avrebbe potuto provocare. La sala era davvero affollata, ma nessuno rideva, anche se tutte le sedie e le panche erano occupate e c’era gente in piedi lungo le pareti. Thom teneva di nuovo spettacolo, in piedi sopra un tavolo contro la parete più lontana. Raccontava ancora La grande Cerca del Corno, ma nessuno se ne lamentava, naturalmente. C’erano moltissime storie riguardanti ogni partecipante alla Cerca, per cui due storie non erano mai uguali. L’intera saga avrebbe richiesto una settimana o più. L’unico rumore che rivaleggiava con l’arpa e con la voce del menestrello era lo scoppiettio del fuoco nei camini.
«...Agli otto angoli del mondo si recarono i cavalieri della Cerca, alle otto colonne dei cieli, dove soffiano i venti del tempo e il fato afferra per il ciuffo sia i potenti, sia gli umili. Ora, il più grande di loro è Rogosh di Talmour, Rogosh Occhio d’Aquila, famoso alla corte del Gran Monarca, temuto sulle pendici di Shayol Ghul...» I cavalieri della Cerca erano sempre eroi possenti, tutti.
Rand individuò i suoi due amici e li raggiunse; Perrin gli lasciò un po’ di posto, all’estremità della panca. Il profumo di cucina ricordò a Rand che era affamato, ma anche gente con davanti a sé il piatto pieno non badava al cibo. Le cameriere, anziché servire a tavola, guardavano affascinate il menestrello, ma nessuno sembrava farci caso. Ascoltare era meglio di mangiare, per quanto buono fosse il cibo.
«...fin dal giorno della nascita, il Tenebroso aveva segnato Blaes come sua, ma lei non è di quest’idea: non è Amica delle Tenebre, Blaes di Matuchin! Blaes dai capelli d’oro. Disposta a morire, ma non a cedere. Ed ecco! Dalle torri della città, le trombe squillano, forti e chiare. Gli araldi proclamano l’arrivo di un eroe alla sua corte. I tamburi rullano e i cimbali risuonano! Rogosh Occhio d’Aquila viene a rendere omaggio...»
"L’accordo di Rogosh Occhio d’Aquila” giunse alla fine, ma Thom si fermò solo per bagnarsi la gola con un boccale di birra, prima di lanciarsi ne “La resistenza di Lian", seguita a sua volta da “La caduta di Aleth-Loriel” e “La spada di Gaidal Cain” e “L’ultima cavalcata di Buad di Albhain". Le pause si allungarono, col passare della sera; quando Thom posò l’arpa e prese il flauto, tutti capirono che non avrebbe raccontato altre storie. Due uomini si unirono a Thom, con un tamburo e un dulcimero a martelletti, ma si sedettero accanto al tavolo, mentre lui rimaneva in piedi.
I tre di Emond’s Field cominciarono a battere le mani, alle prime note della canzone “Il vento che scuote il salice", e non furono i soli. Era un brano assai amato nei Fiumi Gemelli e anche a Baerlon, pareva. Qua e là alcuni cantarono anche le parole, senza stonare al punto da essere zittiti.
La seconda canzone era meno triste. Anzi, al confronto, “Un solo secchio d’acqua” parve più allegra del solito; e forse era questa l’intenzione del menestrello. La gente si affrettò a spostare i tavoli per ballare, battendo i piedi e girando in tondo, fino a far tremare le pareti. La prima danza terminò; i ballerini tornarono al proprio posto, senza fiato dal gran ridere e altri li rimpiazzarono.
Thom suonò le prime note de “Il volo dell’oca selvatica” e si fermò per dare modo alla gente di prendere posto per il reel.
«Voglio fare un paio di giri» disse Rand, alzandosi, subito imitato da Perrin. Mat fu il più lento e così si ritrovò a fare la guardia ai mantelli, oltre che alla spada di Rand e all’ascia di Perrin.
«Anch’io voglio fare un giro» gridò dietro ai due.
I ballerini formarono due lunghe file, l’una di fronte all’altra, una di uomini, una di donne. Prima il tamburo e poi il dulcimero segnarono il ritmo e i danzatori cominciarono a piegare a tempo le ginocchia. La ragazza di fronte a Rand, una moretta con le trecce che gli ricordarono casa, gli rivolse un sorriso timido e poi una strizzatina d’occhi tutt’altro che timida. Il flauto di Thom entrò in azione e Rand si mosse incontro alla ragazza; lei gettò indietro la testa e rise, mentre Rand la faceva girare lasciandola al cavaliere successivo.
Nella sala tutti ridevano, pensò Rand, mentre faceva volteggiare la nuova dama, una delle cameriere. L’unico a non sorridere era un tizio dal naso storto, rannicchiato accanto al focolare, con una cicatrice che gli attraversava il viso, dalla tempia alla mascella opposta, e gli piegava in basso l’angolo della bocca. L’uomo incontrò lo sguardo di Rand e fece una smorfia. Imbarazzato, Rand distolse gli occhi: forse, con quella cicatrice, l’uomo non poteva ridere.
Afferrò al volo la dama seguente e volteggiò con lei prima di lasciarla. Ballò con altre tre ragazze, mentre la musica accelerava; poi ritrovò la prima, per la rapida serie di passi che cambiò le file quasi completamente. Lei rideva ancora e gli strizzò di nuovo l’occhio.
L’uomo con la cicatrice lo fissava con aria torva. Rand barcollò e arrossì. Non aveva voluto metterlo in imbarazzo, non si era reso conto di fissarlo. Si girò a incontrare la dama seguente e subito scordò l’uomo con la cicatrice. La donna era Nynaeve.
Perdette il passo e rischiò d’inciampare e di pestarle i piedi. Nynaeve riuscì a compensare la sua goffaggine e gli sorrise.
«Ti credevo un ballerino migliore» rise, cambiando cavaliere.
Rand ebbe solo un istante per riprendersi, prima di cambiare dama, e si trovò a ballare con Moiraine. La goffaggine mostrata con Nynaeve non era niente, a confronto dell’imbarazzo con l’Aes Sedai. Moiraine scivolò lievemente sul pavimento, con la veste che le roteava intorno al corpo; lui quasi cadde due volte. Moiraine gli rivolse un sorriso di simpatia, che peggiorò le cose. Per Rand fu un sollievo passare alla dama seguente, anche se era Egwene.
Riacquistò un po’ di controllo. In fin dei conti, per anni aveva ballato con lei. Egwene portava ancora i capelli sciolti, ma se li era legati sulla nuca, con un nastro rosso. “Ancora non ha deciso se compiacere a Moiraine o a Nynaeve” pensò Rand, acidamente. Egwene socchiuse le labbra, come se volesse dire qualcosa, ma rimase zitta e Rand non se la sentì di parlare per primo. Soprattutto dopo il modo con cui lei aveva interrotto il suo ultimo tentativo, nella sala da pranzo riservata. Si guardarono appena e si staccarono senza una parola.