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Comparvero altre due guardie e si fermarono a fissare con sorpresa il gruppetto di otto persone in attesa di uscire. Sollecitati dalla prima guardia, si accostarono alla grande ruota che sollevava la pesante sbarra e si dedicarono a spalancare i battenti. Il meccanismo a manovella e ruota dentata mandò un rapido ticchettio, ma i battenti sui cardini ben oliati si mossero silenziosamente verso l’esterno. Pero, prima che fossero aperti per un quarto, dal buio provenne una voce gelida.

«Cosa succede? Non c’è l’ordine che le porte restino chiuse fino al levar del sole?»

Cinque uomini dal mantello bianco entrarono nel riquadro di luce proiettato dal posto di guardia. Portavano il cappuccio alzato a nascondere il viso, ma il sole d’oro a sinistra sul petto rivelava chiaramente chi erano. Mat borbottò sottovoce. Le guardie smisero di girare la manovella e si scambiarono occhiate incerte.

«Non sono affari vostri» replicò la prima guardia, in tono bellicoso. Cinque cappucci bianchi si girarono verso di lui e l’uomo concluse, in tono più blando: «I Figli non hanno potere, qui. Il Governatore...»

«I Figli della Luce» disse con calma l’uomo dal cappuccio bianco che aveva parlato per primo «hanno potere dovunque gli uomini camminino nella Luce. Solo dove regna l’Ombra del Tenebroso, i Figli sono ricusati.» Spostò lo sguardo su Lan e subito diede al Custode una seconda occhiata, più sospettosa.

Lan non si era mosso; a dire il vero, pareva completamente a suo agio. Ma ben pochi potevano guardare con tanta noncuranza i Figli, come se fossero lustrascarpe.

Insospettito, il Manto Bianco riprese: «Che sorta di gente vuole lasciare le mura cittadine di notte in tempi come questi? Con i lupi che si aggirano nel buio e l’opera del Tenebroso che vola sopra la città?» Notò la striscia di cuoio intrecciato che circondava la fronte di Lan per tenere indietro i capelli. «Sei del settentrione, eh?»

Rand si ingobbì sulla sella. Un Draghkar. Si trattava certamente di un Draghkar, a meno che quell’uomo non definisse opera del Tenebroso tutto ciò che non capiva. Con un Fade nella Cervo e Leone, era logico aspettarsi anche un Draghkar; ma in quel momento pensava solo che gli pareva di riconoscere la voce del Manto Bianco.

«Viaggiatori» rispose Lan, calmo. «Di nessun interesse per te e i tuoi.»

«Tutti interessano i Figli della Luce.»

Lan scosse leggermente la testa. «Cerchi davvero altri guai con il Governatore? Ha limitato il vostro numero in città e hai accettato. Cosa farà, quando scoprirà che infastidisci onesti cittadini alle sue porte?» Si girò verso le guardie. «Perché vi siete fermati?» Gli uomini esitarono, poi ripresero ad azionare la manovella; esitarono di nuovo, quando il Manto Bianco replicò.

«Il Governatore non sa cosa gli accade sotto il naso. C’è un male che lui non vede né percepisce. Ma i Figli della Luce vedono.» Le guardie si scambiarono occhiate; aprirono e chiusero le mani come se rimpiangessero le lance lasciate nel corpo di guardia. «I Figli della Luce fiutano il male.» Il Manto Bianco girò lo sguardo sul gruppo a cavallo. «Lo fiutiamo e lo sradichiamo. Dovunque si trovi.»

Rand cercò di farsi ancora più piccolo, ma il movimento attirò l’attenzione dell’altro.

«Chi abbiamo qui? Uno che non vuol farsi vedere? Cosa vorresti... Ah!» L’uomo scostò il cappuccio e Rand si trovò a guardare il viso che già s’aspettava. Bornhald annuì, con chiara soddisfazione. «Guardia, è evidente che ti ho salvato da un grande disastro. Stavi per aiutare alcuni Amici delle Tenebre a sfuggire alla Luce. Meriteresti che facessi rapporto al Governatore o che ti affidassi agli Inquisitori per scoprire i tuoi veri intenti.» S’interruppe per osservare la paura della guardia. «Non ti piacerebbe, eh? Invece porterò al nostro campo questi bricconi, in modo che siano interrogati nella Luce... al posto tuo, eh?»

«Porterai me, al tuo campo, Manto Bianco?» La voce di Moiraine giunse all’improvviso da tutte le direzioni. All’arrivo dei Figli si era ritirata nel buio e le ombre l’avvolgevano. «Interrogherai me?» Le tenebre vibrarono, quando lei avanzò d’un passo; la fecero sembrare più alta. «Mi sbarrerai la strada?»

Un altro passo. E Rand rimase a bocca aperta. Era davvero più alta, la testa era allo stesso livello della sua, e lui sedeva in sella al grigio. Le ombre si raccolsero intorno al viso di Moiraine, simili a nubi di tempesta.

«Aes Sedai!» gridò Bornhald. Cinque spade brillarono alla luce. «Muori!» Gli altri quattro esitarono, ma lui vibrò un fendente, con lo stesso movimento con cui sguainava la spada.

Rand mandò un grido, mentre il bastone di Moiraine si alzava a intercettare la lama. Il legno delicatamente intagliato non avrebbe fermato l’acciaio. La spada incontrò il bastone. Sprizzarono scintille e un sibilo ruggente scagliò Bornhald fra i suoi compagni dal mantello bianco. Tutt’e cinque caddero in un mucchio. Riccioli di fumo si levarono dalla spada di Bornhald, caduta a terra accanto a lui, con la lama piegata ad angolo retto, quasi fusa.

«Tu osi assalire me!» La voce di Moiraine ruggì come turbine d’uragano. Le ombre vorticarono attorno a lei, drappeggiarono come un mantello la sua figura; l’Aes Sedai si stagliò su di loro, alta come le mura della città. Gli occhi fissarono ferocemente i Figli ammucchiati per terra, come un gigante che guardasse degli insetti.

«Via!» gridò Lan. Con mossa fulminea balzò in sella e afferrò le redini della giumenta di Moiraine. «Subito!» ordinò. Con le spalle sfiorò i battenti, mentre il cavallo s’infilava nella stretta apertura, con la velocità d’una freccia.

Per un istante Rand rimase impietrito a guardare. Ora la testa e le spalle di Moiraine superavano le mura. Guardie e Figli si ritrassero da lei, facendosi piccoli piccoli, accucciati contro la parete del corpo di guardia. Il viso dell’Aes Sedai si perdeva nella notte, ma i suoi occhi, grandi come luna piena, brillarono d’impazienza, oltre che di collera, quando si posarono su Rand. Il ragazzo deglutì, spronò Cloud e seguì al galoppo gli altri.

A cinquanta passi dalle mura Lan ordinò di fermarsi e Rand si guardò indietro. La figura in ombra di Moiraine torreggiava al di sopra della palizzata di tronchi, circondata da un nimbo argenteo dovuto alla luna nascosta. Mentre Rand guardava a bocca aperta, l’Aes Sedai scavalcò le mura. Le guardie cominciarono freneticamente a chiudere le porte. Appena posò i piedi sul terreno, Moiraine riprese di colpo la statura normale.

«Non chiudete!» gridò una voce malferma, dentro le mura. Rand ritenne che fosse quella di Bornhald. «Dobbiamo inseguirli e catturarli!» Ma le guardie non rallentarono nemmeno e i battenti si chiusero con un tonfo; l’attimo dopo, la sbarra ricadde sui sostegni e bloccò la porta. Forse tra gli altri Manti Bianchi qualcuno non era ansioso d’affrontare Moiraine quanto Bornhald, si disse Rand.

Moiraine si accostò in fretta alla giumenta e le accarezzò il muso, prima di infilare il bastone sotto la cinghia della sella. Questa volta Rand non ebbe bisogno di guardare, per sapere che nel bastone non c’era nemmeno un’ammaccatura.

«Eri più alta di un gigante» disse Egwene, senza fiato, muovendosi a disagio in groppa a Bela. Nessun altro parlò, anche se Mat e Perrin spinsero il cavallo un po’ più lontano da Moiraine.

«Davvero?» rispose Moiraine, con aria assente, montando in arcione.

«Ti ho vista» protestò Egwene.

«La mente gioca degli scherzi, di notte. Gli occhi vedono cose che non esistono.»

«Non è il momento di giocare» cominciò con rabbia Nynaeve, ma Moiraine la interruppe.

«Proprio così, non è più tempo di giocare. Il vantaggio che avevamo guadagnato al Cervo e Leone forse l’abbiamo perso qui.» Si girò a guardare un attimo le porte e scosse la testa. «Se solo potessi credere che il Draghkar non vola!» Con uno sbuffo di rimprovero verso se stessa, continuò: «O che i Myrddraal siano davvero ciechi! Visto che sono solo desideri, tanto vale che riguardino cose davvero impossibili. Sanno la strada che dobbiamo percorrere, ma con un po’ di fortuna ci manterremo un passo avanti a loro. Lan!»