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Mat annuì con aria cupa e si appoggiò alla ruota del carretto. «Anche il mio. L’ho raccontato a Dav e a Elam Dowtry. Da allora tengono gli occhi aperti come falchi, ma non hanno visto niente. Ora Elam pensa che volessi prenderlo in giro. Dav crede che il cavaliere nero sia venuto da Taren Ferry... un ladro di pecore o di polli. Un ladro di polli!» Si chiuse in un silenzio imbronciato.

«Comunque, forse sono solo sciocchezze» disse Rand, deciso. «Forse è davvero un semplice ladro di pecore.» Cercò di raffigurarselo, ma era come immaginare un lupo che prendesse il posto d’un gatto davanti alla tana del topo.

«Be’, non m’è piaciuto come mi ha guardato. E a te neppure, visto come mi sei saltato addosso. Bisognerebbe parlarne a qualcuno.»

«Ci abbiamo già provato tutt’e due, Mat. E non ci hanno creduto. Riusciresti a convincere mastro al’Vere, senza che anche lui lo veda? Ci manderebbe da Nynaeve a farci visitare.»

«Ma l’abbiamo visto in due, adesso. Nessuno crederebbe che tutt’e due abbiamo immaginato la stessa cosa.»

Rand si grattò la testa, cercando una risposta. Mat era proverbiale, nel villaggio. Pochi erano sfuggiti ai suoi scherzi. Ormai spuntava sempre il suo nome, ogni volta che una corda con i panni stesi finiva nella polvere o una sella mal legata mandava a gambe all’aria un contadino. Non era neppure necessario che Mat fosse nei paraggi. Quindi una sua conferma rischiava di peggiorare le cose.

Dopo un momento, Rand disse: «Tuo padre penserebbe che mi hai istigato tu; e il mio...» Girò lo sguardo sopra il carretto, verso il punto dove Tam, Bran e Cenn discutevano, e si trovò a fissare negli occhi suo padre. Il sindaco continuava a fare la predica a Cenn, che ora l’accettava in silenzio.

«Ciao, Matrim» disse Tam vivacemente, sollevando sulla Sponda del carretto un barilotto di acquavite. «Vedo che sei venuto ad aiutare Rand a scaricare il sidro. Bravo ragazzo.»

Alla prima parola Mat balzò in piedi e cominciò ad arretrare. «Buon giorno, mastro al’Thor. Mastro al’Vere... mastro Buie. Possa la Luce risplendere su tutti voi. Mio padre mi ha mandato a...»

«Certo che ti ha mandato» disse Tam. «E senza dubbio, poiché sei un ragazzo che sbriga subito le commissioni, hai già terminato. Bene, prima vi sbrigate a portare il sidro nella cantina di mastro al’Vere, prima vedrete il menestrello.»

«Menestrello!» esclamò Mat, bloccandosi; nello stesso momento Rand domandò: «Quando arriverà?»

In vita sua Rand aveva visto solo due menestrelli e la prima volta era tanto piccolo da stare a cavalluccio sulle spalle di Tam, per guardare. Che ce ne fosse uno, proprio lì, per la festa di Bel Tine, con l’arpa e il flauto e le storie e tutto il resto... a Emond’s Field ne avrebbero parlato ancora da lì a dieci anni, anche senza i previsti fuochi d’artificio.

«Sciocchezze» brontolò Cenn, ma si zittì all’occhiata di Bran, che aveva tutto il peso della carica di sindaco.

Tam si appoggiò alla fiancata del carretto, usando come bracciolo il barilotto d’acquavite. «Sì, un menestrello. È già qui. Secondo mastro al’Vere, si trova in una stanza della locanda.»

«È arrivato nel cuore della notte, è arrivato.» Il locandiere scosse la testa, in segno di disapprovazione. «A furia di bussare alla porta principale ha svegliato tutta la famiglia. Se non fosse per la Festa, gli avrei detto di mettere nella stalla il cavallo e di dormire con lui, menestrello o no. Ma pensa un po’, arrivare così, a notte fonda.»

Rand lo fissò, stupito. Visti i tempi, nessuno viaggiava fuori del villaggio, di notte, e per giunta da solo. Cenn Buie brontolò qualcosa sottovoce, troppo piano perché Rand capisse più d’un paio di parole: “pazzo” e “innaturale".

«Non porta un mantello nero, no?» domandò a un tratto Mat. Il pancione di Bran tremolò per la risata. «Nero! Il suo è come quello di tutti i menestrelli che ho visto. Più toppe che mantello e più colori di quanti ne conosci.»

Rand si sorprese a ridere, una risata di puro sollievo. L’idea che il minaccioso cavaliere nero fosse un menestrello era assurda, eppure... Si tappò la bocca, imbarazzato.

«Vedi, Tam» disse Bran «ci sono state ben poche risate nel villaggio, dall’arrivo dell’inverno. Ora anche il manto d’un menestrello strappa una risata. Basta questo, a giustificare la spesa per farlo venire da Baerlon.»

«Pensala come vuoi» disse all’improvviso Cenn «ma secondo me è sempre uno stupido spreco di denaro. Come i fuochi d’artificio che tutti avete insistito per comprare.»

«Allora i fuochi ci sono» disse Mat.

Ma Cenn continuò: «Dovevano essere qui un mese fa, con il primo ambulante dell’anno, ma non si sono visti ambulanti, no? Se non arriva entro domani, cosa ce ne facciamo? Teniamo un’altra Festa solo per usarli? Sempre che li porti, naturalmente.»

«Cenn» sospirò Tam «tu hai tanta fiducia quanto uno di Taren Ferry.»

«Dov’è, allora? Dimmelo tu, al’Thor.»

«Perché non ce l’avete detto?» protestò Mat, in tono offeso. «L’intero villaggio si sarebbe divertito ad aspettarlo quasi quanto a guardare il suo spettacolo. Non vedete come sono tutti entusiasti solo per la voce dei fuochi d’artificio?»

«Vedo» rispose Bran, con un’occhiata di storto a Cenn Buie. «E se sapessi con certezza come si è sparsa la voce... se pensassi, per esempio, che qualcuno si è lamentato dei costi in presenza d’altri, mentre doveva restare un segreto...»

Cenn si schiarì la voce. «Le mie ossa sono troppo vecchie per questo vento. Se non v’importa, andrò a vedere se comare al’Vere mi prepara un po’ di vino caldo per togliermi il gelo di dosso. Sindaco, al’Thor.» Ancora prima di terminare, si era diretto alla locanda; quando la porta sbatté alle spalle di Cenn, Bran mandò un sospiro.

«A volte penso che Nynaeve abbia ragione, a proposito... Be’, ormai non importa. Voi ragazzi, riflettete un minuto. Tutti sono eccitati per i fuochi, è vero, e si tratta solo di una voce. Ma come ci resteranno, dopo tanta attesa, se l’ambulante non arriva? E col maltempo di questo periodo, chissà quando arriverà. Saranno cento volte più entusiasti per la presenza di un menestrello.»

«E cento volte più delusi, se non venisse» disse Rand. «Perfino Bel Tine non migliorerebbe molto il morale della gente.»

«Hai la testa sulle spalle, quando vuoi usarla» disse Bran. «Un giorno il ragazzo prenderà il tuo posto al Consiglio, Tam. Ricorda le mie parole. Anche adesso non farebbe più danni di chi so io.»

«Però intanto il carretto resta carico» disse vivacemente Tam, porgendo al sindaco il primo barilotto d’acquavite. «Voglio un fuoco caldo, la pipa e un boccale della tua birra migliore.» Si mise in spalla il secondo barilotto. «Sono sicuro che Rand ti ringrazierà per l’aiuto, Matrim. Ricorda, più presto il sidro è in cantina...»

Mentre Tam e Bran sparivano dentro la locanda, Rand guardò l’amico. «Non sei obbligato ad aiutarmi. Dav non terrà a lungo quel tasso.»

«Oh, perché no?» disse Mat, rassegnato. «Come ha detto tuo padre, più presto è nella cantina...» Prese a due braccia un barile di sidro e si diresse a passo rapido verso la locanda. «Forse Egwene è in giro. Osservare te che la guardi come un bue appena macellato è divertente quanto un tasso.»

Rand si bloccò nell’atto di posare sul carretto arco e faretra. Era riuscito davvero a non pensare a Egwene... fatto, di per sé, straordinario. Ma era probabile che la ragazza fosse in giro per la locanda. Non c’erano molte possibilità di evitarla. Certo, non la vedeva da settimane.

«Allora?» gli gridò Mat, dalla porta della locanda. «Non ho detto che avrei scaricato da solo. Ancora non sei nel Consiglio!»

Rand trasalì, prese un barile e seguì Mat. Forse Egwene non era in casa, dopotutto. Eppure, pensando a questa possibilità non si sentì affatto meglio.

2

Forestieri

Quando Rand e Mat, con i primi due barili, attraversarono la sala comune, mastro al’Vere riempiva due boccali della sua miglior birra scura, spillandola da una delle botti allineate lungo la parete. Scratch, il fulvo gatto della locanda, se ne stava accucciato sopra la botte, con gli occhi chiusi e la coda raccolta intorno alle zampe. Tam si era accomodato di fronte al grande camino di pietra e pressava nel fornello della pipa il tabacco preso dal barattolo che il locandiere teneva sempre sulla mensola. Il camino, alto quasi quanto una persona, occupava metà parete dell’ampia sala quadrata; il fuoco scoppiettante teneva a bada il freddo dell’esterno.