Sotto gli alberi era già il crepuscolo e la fetta di cielo visibile fra i neri rami della quercia era di un azzurro lavanda. Colin stava trascinando un tronco caduto nel centro della radura.
– Nel caso che abbiamo perso l'ultima apertura e che si debba aspettare due ore — spiegò, e Dunworthy si sedette con gratitudine.
– Come facciamo a sapere dove metterci quando la rete si aprirà? — chiese Colin a Kivrin.
– Dovremmo poter vedere la condensa — rispose lei, accostandosi alla quercia e chinandosi per spazzare via la neve alla sua base.
– E se diventasse buio? — insistette Colin.
Kivrin sedette sotto l'albero, mordendosi un labbro mentre si adagiava fra le radici. Colin si accoccolò fra lei e Dunworthy.
– Non ho portato fiammiferi per accendere il fuoco — disse.
– Non importa — garantì Dunworthy.
Il ragazzo accese la torcia tascabile poi tornò a spegnerla.
– Meglio risparmiare le pile nel caso che qualcosa vada storto — dichiarò.
Fra i salici ci fu un movimento che lo indusse a scattare in piedi.
– Credo che stia cominciando! — esclamò.
– È lo stallone — spiegò Dunworthy. — Sta mangiando.
– Oh — mormorò Colin, rimettendosi a sedere. — Non è che la rete si è già aperta e non lo abbiamo visto a causa del buio, vero?
– No — rispose Dunworthy.
– Forse Badri ha avuto un'altra ricaduta e non ha potuto tenere la rete aperta — suggerì ancora il ragazzo, che appariva più eccitato che spaventato.
Attesero, mentre il cielo si scuriva fino a farsi purpureo e le stelle cominciavano ad apparire fra i rami della quercia. Colin sedette sul tronco accanto a Dunworthy e riprese a parlare delle Crociate.
– Tu sai tutto sul medioevo — disse a Kivrin, — quindi ho pensato che forse potresti aiutarmi a prepararmi… sai, insegnarmi le cose necessarie.
– Non sei abbastanza grande — obiettò lei. — È molto pericoloso.
– Lo so, ma ci voglio andare davvero. Mi devi aiutare. Per favore.
– Non sarà assolutamente come tu ti aspetti — avvertì Kivrin.
– Il cibo è necrotico? Ho letto su quel libro che mi ha dato il Signor Dunworthy che mangiavano carne marcia, e cigni e cose del genere.
Kivrin abbassò lo sguardo sulle proprie mani per un lungo minuto.
– La maggior parte è stata terribile — mormorò, — ma ci sono state alcune cose meravigliose.
Cose meravigliose. Dunworthy pensò a Mary, appoggiata contro il cancello di Balliol mentre gli parlava della Valle dei Re, dicendo: 'Non lo dimenticherò mai.' Cose meravigliose.
– Cosa mi dici dei cavoletti di Bruxelles? — domandò Colin. — Nel medioevo li mangiavano?
– Non credo che fossero ancora stati inventati — replicò Kivrin, quasi sorridendo.
– Bene! — esclamò il ragazzo, balzando in piedi. — Avete sentito? Credo che stia cominciando. Sembra il suono di una campana.
Kivrin sollevò il capo, ascoltando.
– Una campana stava suonando quando sono arrivata — disse.
– Andiamo — incitò Colin, issando Dunworthy in piedi. — Non riesce a sentirla?
Era una campana, molto lontana.
– Proviene da qui — disse Colin, e saettò verso il limitare della radura. — Venite.
Kivrin puntellò la mano contro il terreno per sostenersi e si sollevò in ginocchio, portando involontariamente al fianco la mano libera. Dunworthy le porse la propria per aiutarla ma lei non la prese.
– Sto bene — ribadì, in tono quieto.
– Lo so — rispose lui, e lasciò ricadere la mano.
Kivrin si alzò con cautela, sorreggendosi al tronco ruvido della quercia, poi si raddrizzò e rimase in piedi senza sostegno.
– Ho registrato tutto — affermò. — Tutto quello che è successo.
Come John Clyn, pensò Dunworthy, guardando i suoi capelli arruffati e tagliati malamente, il suo volto sporco. Una vera storica, che scriveva in una chiesa vuota, circondata da tombe.
Io, vedendo tanti mali, ho scritto tutte queste cose di cui sono stato testimone, per evitare che cose che dovrebbero essere ricordate periscano con il tempo.
Kivrin girò i palmi verso l'alto e si guardò i polsi alla luce del crepuscolo.
– Padre Roche e Agnes e Rosemund e tutti loro — disse. — Ho registrato tutto. — E seguendo con il dito una linea all'interno del polso mormorò: — Io suiicien lui dami amo, sei qui al posto degli amici che amo.
– Kivrin — chiamò Dunworthy.
– Venite! — esclamò Colin. — Sta cominciando. Non sentite la campana?
– Sì — rispose Dunworthy. Era la Signora Piantini, che come tenore stava dando gli accordi per «Quanto Infine Viene il Mio Salvatore».
Kivrin venne a porsi accanto a Dunworthy e congiunse le mani come se stesse pregando.
– Posso vedere Badri! — gridò Colin, poi piegò le mani a coppa intorno alla bocca e urlò: — Sta bene! L'abbiamo salvata!
La campana tenorile della Signora Piantini rintoccò e le altre si unirono gioiosamente ad essa. L'aria cominciò a scintillare, come se fosse pervasa da fiocchi di neve.
– Apocalittico! — dichiarò Colin, radioso in volto.
Kivrin si protese a prendere la mano di Dunworthy e la strinse con forza nella propria.
– Sapevo che sarebbe venuto — disse, e la rete si aprì.
Note:
*O Signore, accondiscendi a mandare il Tuo santo angelo dal cielo perché regga, custodisca, protegga, visiti e difenda tutti coloro che sono riuniti in questa casa.
*Ascolta la mia preghiera e lascia che il mio grido venga a Te.
*Affrettati ad aiutarmi.