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— Voglio un esame del sangue completo — ordinò Mary, tenendosi alla portiera per scendere a terra. — CF, HI e ID antigenico.

Dunworthy scese a terra dietro di lei e la seguì dentro il Pronto Soccorso.

— Mi serve l'anamnesi del paziente — stava spiegando Mary all'addetta all'accettazione. — Il suo nome è Badri… qual è il suo cognome, James?

— Chaudhuri — rispose Dunworthy.

— Numero del Servizio Sanitario Nazionale? — chiese l'addetta all'accettazione.

— Non lo so — replicò lui. — Lavora a Balliol.

— Sarebbe tanto gentile da scandire il suo cognome lettera per lettera, per favore?

— C-H-A-… — cominciò Dunworthy, poi si accorse che Mary era scomparsa all'interno del Reparto Pronto Soccorso e accennò a seguirla.

— Mi dispiace, signore — intervenne l'addetta all'accettazione, saettando da dietro la sua consolle per bloccargli il passo. — Se per favore si vuole sedere…

— Devo parlare con il paziente che avete appena ricoverato — protestò Dunworthy.

— Lei è un parente?

— No, sono il suo datore di lavoro. È una cosa molto importante.

— Adesso è nella sala di esaminazione — spiegò l'addetta. — Chiederò che le sia permesso di vederlo non appena gli esami saranno stati completati.

Tornò quindi a sedere al suo posto, pronta però a scattare di nuovo in piedi se lui avesse accennato a muoversi.

Dunworthy prese in esame l'idea di fare irruzione nella sala di esaminazione, ma non voleva correre il rischio di vedersi negare del tutto l'accesso all'ospedale e comunque Badri non era in condizione di parlare, visto che quando lo avevano tirato fuori dell'autombulanza era quasi privo di conoscenza e con una temperatura di 39,5 C°. Qualcosa non andava.

— Le dispiacerebbe fornirmi di nuovo quel cognome lettera per lettera? — chiese l'addetta, scrutandolo con sospetto.

Lui fornì l'esatta dizione di Chaudhuri, poi chiese dove poteva trovare un telefono.

— Appena più in giù lungo il corridoio — rispose l'addetta. — Età?

— Non lo so — replicò Dunworthy. — Venticinque anni, forse. Si trova a Balliol da quattro anni.

Rispose quindi alle altre domande come meglio sapeva e dopo aver scoccato un'occhiata in direzione della porta per vedere se Gilchrist fosse arrivato raggiunse il telefono per chiamare Brasenose. Gli rispose il portiere, che era intento a decorare un albero di Natale artificiale posato sul bancone della portineria.

— Devo parlare con Puhalski — disse Dunworthy, sperando che quello fosse il nome esatto del tecnico del primo anno.

— Non è qui — replicò il portiere, drappeggiando una ghirlanda d'argento sui rami con la mano libera.

— Non appena ritorna, lo avverta per favore che gli devo parlare. È molto importante, ho bisogno che mi decifri i dati di verifica di una transizione. Mi troverà al… — Dunworthy attese con espressione piccata che il portiere finisse di disporre la ghirlanda e si degnasse ad annotare il numero del telefono dell'ospedale, che infine si decise a scribacchiare sul coperchio di una scatola di decorazioni natalizie, poi proseguì: — Se non dovesse riuscire a contattarmi a questo numero gli dica di chiamare il Pronto Soccorso dell'Infermeria. Fra quanto pensa che sarà di ritorno?

— È difficile dirlo — replicò il portiere, togliendo la velina di protezione ad un angelo. — Alcuni tornano con qualche giorno di anticipo, ma i più non si fanno vedere fino al primo giorno del trimestre.

— Cosa significa? Non risiede al college?

— Era qui, perché doveva gestire la rete per conto della Sezione Medievale, ma quando ha scoperto che non c'era bisogno di lui è andato a casa.

— Allora mi serve il suo indirizzo, e anche il suo numero di telefono.

— Credo che abiti da qualche parte nel Galles, ma per avere l'indirizzo dovrebbe parlare con la segretaria del college, e neppure lei è qui.

— Quando tornerà?

— Non saprei dirlo, signore. È andata a Londra per fare qualche compera natalizia.

Dunworthy lasciò un altro messaggio mentre il portiere raddrizzava le ali dell'angelo, poi chiuse la comunicazione e cercò di pensare se ad Oxford erano rimasti altri tecnici durante quel periodo di vacanza. Era chiaro che non c'era nessuno, altrimenti Gilchrist non avrebbe pensato inizialmente di servirsi di un apprendista del primo anno.

Provò lo stesso a chiamare Magdalen, ma non gli rispose nessuno; dopo aver riagganciato rifletté per un minuto e chiamò Balliol, ma anche lì non ebbe risposta: Finch doveva essere ancora impegnato a mostrare ai suonatori di campane americani le campane di Great Tom. Un'occhiata all'orologio gli rivelò che erano soltanto le due e mezza, anche se sembrava che fosse passato molto più tempo. Era possibile che i visitatori fossero soltanto a pranzo.

Provò a chiamare il numero del telefono presente nell'atrio di Balliol ma di nuovo non ebbe risposta e infine tornò nella sala di attesa aspettandosi di trovarvi Gilchrist; dentro c'erano però soltanto i due paramedici che erano venuti a Brasenose e che stavano parlando con un'infermiera. Probabilmente Gilchrist era tornato a Brasenose per progettare la prossima transizione o quella ancora successiva: forse avrebbe deciso che al terzo tentativo valeva la pena di mandare Kivrin direttamente nel periodo in cui imperversava la Morte Nera, in modo che potesse effettuare osservazioni dirette.

— Eccola qui — disse l'infermiera. — Temevo che se ne fosse andato. Da questa parte.

Dunworthy aveva supposto che la donna stesse parlando con lui, ma anche i due paramedici la seguirono oltre la porta e lungo un corridoio.

— Siamo arrivati — annunciò l'infermiera, tenendo una porta aperta per loro, e mentre entravano aggiunse: — Sul carrello c'è del tè e il WC è da questa parte.

— Quando potrò veder Badri Chaudhuri? — domandò Dunworthy, trattenendo il battente per impedire all'infermiera di chiuderlo.

— La Dottoressa Ahrens vi raggiungerà fra breve — replicò la donna, poi chiuse la porta nonostante i suoi sforzi.

Uno dei due paramedici, la donna, si era già seduto su una sedia con le mani in tasca, mentre l'uomo si era avvicinato al carrello per infilare la spina della teiera elettrica; lungo il corridoio nessuno dei due aveva rivolto domande di sorta all'infermiera, quindi forse quella era una prassi abituale, sebbene Dunworthy non riuscisse a immaginare perché quei due dovessero voler vedere Badri. O perché fossero stati portati lì.

Quella sala d'attesta sì trovava in un'ala del tutto diversa dell'ospedale rispetto al Pronto Soccorso, anche se aveva le stesse sedie massacranti per la spina dorsale, gli stessi tavolini con opuscoli promozionali sparsi su di essi e le stesse ghirlande natalizie drappeggiate sul carrello del tè e fissate con rametti di agrifoglio finto. Qui però non c'erano finestre, non c'era neppure un vetro inserito nella porta: era un ambiente chiuso e privato, il genere di stanza in cui si aspettava di ricevere cattive notizie.

Dunworthy si sedette, sentendosi improvvisamente stanco. Cattive notizie. Un'infezione di qualche tipo. Pressione 96, polso 120, temperatura 39,5… e l'unico altro tecnico in tutta Oxford era da qualche parte nel Galles, mentre la segretaria di Basingame era fuori per le compere natalizie. E Kivrin era da qualche parte nel 1320, spostata di giorni o forse anche di settimane dalla data in cui sarebbe dovuta arrivare. O perfino di mesi.

Il medico versò latte e zucchero in una tazza e cominciò a girare mentre aspettava che la teiera si scaldasse; la sua collega sembrava essersi addormentata.

Dunworthy la fissò senza vederla, continuando a pensare allo slittamento temporale. Badri aveva affermato che i calcoli preliminari indicavano uno slittamento minimo, ma si era trattato appunto soltanto di dati preliminari rispetto ai quali aveva più senso la precedente affermazione del tecnico che aveva previsto uno slittamento di un paio di settimane.