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Un’altra pigra risatina. — Ne so quanto voi, ragazzi, e cioè zero. Non vorrete certo che mi metta a spiarlo. So solo che si aggira sull’astronave furtivo come un gatto e che conosce ogni angolo di questi dannati corridoi come e anche meglio dell’uomo che li ha progettati. E, siccome non posso credere che un uomo tanto forte e virile non si dia ogni tanto da fare, ritengo che si veda con qualcuno in qualche angolo nascosto. Naturalmente perché la cosa funzioni anche la sua partner, o forse il suo partner, deve mantenere un assoluto riserbo su tutta la faccenda. Secondo me è così che vanno le cose.

— Spero che tu abbia ragione — dichiarò Elizabeth, obbligandosi a un ampio, lascivo sorriso poco in sintonia con l’austero e squadrato profilo del suo volto. — E quando si sarà stancato di questo qualcuno, chiunque sia, io sarò felice di offrirmi volontaria come sua prossima playmate.

— Tanto lui non ti vuole — dichiarò Paco con convinzione.

Elizabeth liquidò quel convinto rigetto delle sue fantasie con uno sprezzante gesto della mano. — Oh, non credo proprio che tu possa esserne tanto sicuro.

— Ah, certo che ne sono sicuro — replicò Paco. — È così ovvio! Continui a mandargli segnali, gli sorridi, lo guardi e lo riguardi come un’adolescente innamorata e cosa ottieni in cambio? Nulla. Lo zero più assoluto. Non voglio stroncare i tuoi sentimenti, Lizzy. Lo sai che ci sono un sacco di uomini a bordo che ti trovano molto attraente. Lui però non è uno di loro — concluse. Elizabeth lo guardava fisso con grandi occhi da cui traspariva sofferenza, ma Paco non aveva alcuna intenzione di tacere. — Non c’è… come dire? Non c’è sintonia fra te e il comandante. Oppure lui è un maestro nel nascondere i suoi sentimenti: chi può saperlo con un uomo che un tempo faceva l’attore? Tuttavia, la mia impressione è che non gli interessi molto, amore mio. Probabilmente non sei il suo tipo, o chissà cosa. Proprio come lui non è il tipo di Heinz. Non c’è spiegazione per queste cose, lo sai.

Heinz convenne tristemente: — Credo che Paco abbia ragione, ma secondo me non ha centrato esattamente il problema.

— Davvero?

— Tu puoi essere o non essere il tipo del comandante. Chi può saperlo? Ho già detto che si è trovato qualcuno per fare un po’ di sesso di quando in quando, e se sapessimo chi è potremmo almeno avere un’idea dei suoi gusti. Tuttavia, il problema va ben oltre la scelta del partner del momento. Qualunque cosa faccia, i suoi pensieri sono focalizzati altrove. E stavolta la faccenda è troppo complicata perché tu possa farci qualcosa, mia dolce Lizzy. Il comandante è innamorato, non lo avete ancora capito? Non sto parlando di sesso, ma di amore. E per giunta di un amore impossibile da consumare.

— Ma certo, hai ragione. Si è innamorato di se stesso — commentò ironicamente Paco.

— Paco, certe volte sei così stupido! — esclamò Elizabeth di getto, per poi guardare Heinz. — Ma di che stai parlando? Di chi credi sia innamorato?

— Di colei che è intoccabile per eccellenza, colei che vaga nelle nostre vite, e forse nelle nostre menti, come un’entità aliena proveniente da una diversa sfera di esistenza. La ragazza cieca, ecco l’impossibile amore del nostro comandante. Glielo si legge in faccia non appena la vede: Noelle, amor mio! Solo che ha paura di aprirsi con lei e questo lo fa soffrire terribilmente. Agonia d’amore. Accidenti, non ditemi che non ve ne siete mai resi conto!

5

— Comandante? — fece Noelle. — Sono io, Noelle.

Il comandante alzò lo sguardo sorpreso. Non si aspettava quella visita. Era tardo pomeriggio, il pomeriggio dell’ultimo giorno del quinto mese di viaggio. Stava lavorando da solo nella sala di controllo, intento a esaminare una spessa pila di documenti che Zed Hesper gli aveva portato: un nuovo insieme di analisi formali su tre o quattro pianeti appena scoperti, redatte con un’abbondanza di dettagli mai vista prima e con tanto di prospettive di atterraggio.

Per la prima volta sentiva di dover prestare seria attenzione agli studi di Hesper. Entro sei mesi sarebbe scaduto il suo mandato, e lui cominciava a pensare oltre quel lungo anno, al momento in cui sarebbe tornato alla sua vera qualifica di xenobiologo. Tuttavia era impossibile applicare le sue cognizioni a bordo della Wotan. Aveva bisogno di un pianeta alieno, un pianeta su cui si era sviluppata la vita. Già conosceva i pianeti del sistema solare, non solo i pianeti più vicini alla Terra, ma anche le pallide, ostili lune dei pianeti oltre l’orbita di Marte: Titano, Giapeto, Callisto, Ganimede, Io. L’aver trovato tracce di vita su quei freddi, proibitivi pianetoidi, microorganismi extraterrestri resistenti oltre ogni immaginazione, rappresentò il momento culminante della sua carriera e l’esultanza che accompagnò la scoperta riempì di gioia il suo intero essere. Tutto cominciò nel paesaggio sulfureo di Io, e poi di nuovo su Titano, quando si chinò e raccolse quei campioni di ghiaccio macchiati d’arancio che spiccavano stranamente nella tormenta di neve d’ammoniaca e metano. Ecco perché si era dichiarato immediatamente pronto a far parte della squadra che per prima avrebbe esplorato i pianeti abitabili eventualmente scoperti. Sentiva che le sue capacità intuitive si sarebbero rivelate preziose su un pianeta ricco di forme di vita aliene e forse pericolose, e comunque dalle caratteristiche biochimiche sconosciute e imprevedibili. Tuttavia sarebbe dovuto restare a bordo per sei mesi ancora, in ogni caso, mentre altri meno esperti di lui avrebbero dovuto farsi carico di rischiose esplorazioni. Questo era l’onere del comando.

Era tempo, dunque, di cominciare a esaminare ogni pianeta da vicino per scegliere il luogo del primo atterraggio e dirigervi l’astronave nel periodo relativamente breve che mancava al termine del primo anno. In questo modo, il dado era tratto: lui avrebbe effettuato la scelta, e l’arrivo sul primo pianeta da studiare sarebbe avvenuto con perfetto tempismo, in modo da consentirgli di passare lo scettro del comando al suo successore, e partecipare direttamente all’esplorazione.

Ma, silenziosa come un fantasma, ecco spuntare Noelle nella cabina in cui stava lavorando. Sembrava più provata e decisamente meno raggiante di come l’avesse mai vista, stanca e tirata al punto da apparirgli quasi malata. Per un attimo esitò a chiederle cos’era accaduto, per paura di vederla scoppiare in lacrime.

— Io… io ho ricevuto il messaggio di ritorno di Yvonne — disse. C’era un che di timoroso, di spaventato nella sua voce. Lui si chiese se qualcosa di terribile era accaduto sulla Terra. In tal caso doveva trattarsi di un fenomeno naturale: che altro poteva accadere su quel mondo tanto sonnolento?

Lei gli porse il piccolo, trasparente cubo di memoria su cui aveva registrato l’ultimo contatto con sua sorella sulla Terra. Naturalmente il cubo non registrava le onde cerebrali: a mano a mano che Yvonne parlava nella mente di Noelle, lei ripeteva ad alta voce il messaggio in un sensore e il cubo registrava la sua voce.

Lui guardò il cubo nella sua mano aperta e le chiese: — Si sente bene, Noelle? Ha un’aria molto stanca.

Una fievole alzata di spalle: — Ecco, c’è un piccolo problema.

Lui attese. Sembrava che Noelle avesse qualche remora ad articolare i suoi pensieri.

— Che tipo di problema? — le chiese infine.

— Un problema con la trasmissione. Ho avuto molte difficoltà a riceverla. O meglio… era disturbata. Stranamente disturbata.

— Disturbata — ripeté il comandante con voce piatta.

— Distorta, ecco. Non del tutto, no, ma c’era una specie di scarica statica che copriva in parte la voce di Yvonne.

— Una scarica statica — ripeté lui di nuovo, cercando di guadagnare tempo, di capire, anche se non aveva idea di come riuscire a comprendere, limitandosi a ripetere ciò che gli diceva lei. Tuttavia che altro poteva fare? — Una scarica statica mentale — concluse infine, guardandola con un sorriso.