Lo sfogo di Sieglinde convinse il comandante che la riunione era durata abbastanza. Trattenne gli altri ancora qualche minuto per riassumere il lavoro svolto e stabilire gli argomenti della riunione successiva, e poi lasciò tutti liberi di andare.
Sieglinde fu la prima ad alzarsi, una frazione di secondo dopo il termine della riunione. Senza pronunciar parola, attraversò la stanza a grandi passi, i passi marziali delle valchirie, infilò la porta e se ne andò. Portava un nome sbagliato, si disse il comandante: avrebbero dovuto chiamarla Brunilde, non Sieglinde. Paco e Roy si avviarono con molta calma dietro di lei, ridendo e scherzando, diretti con tutta probabilità alla loro milionesima partita di Go. Julia seguì poco dopo.
Solo Heinz rimase nella stanza, in piedi davanti al comandante. Oscillò un poco avanti e indietro sui talloni, poi chiese: — È preoccupato?
Il comandante alzò lo sguardo: — Per cosa?
— Per l’ipotesi di Sieglinde, il malfunzionamento del propulsore.
— Assolutamente no. Perché dovrei esserlo?
Heinz sorrise stranamente, come se quel sorriso ne nascondesse un altro. — Quel propulsore ci porterà da un capo all’altro della galassia e mille volte dentro e fuori dal non-spazio senza darci il minimo problema. Posso garantirlo, comandante.
I loro occhi s’incontrarono per un attimo quando il comandante scrutò a fondo l’espressione del suo interlocutore. Era sempre difficile stabilire se Heinz mentisse o meno. Aveva gli occhi azzurri come i suoi, ma con un’espressione molto più gioiosa e una sfumatura diversa, un caldo azzurro cielo per nulla simile al fiero blu ghiaccio degli occhi del comandante. Entrambi gli uomini avevano capelli biondi, ma di nuovo con tonalità diverse: ai capelli fluenti e luminosi di Heinz, dorati con sfumature rosse, si contrapponevano gli scarsi e rigidi capelli del comandante, più argentei che biondi non per l’età ma per naturale assenza di pigmento. Anche in altre cose i due erano vagamente simili e tuttavia profondamente diversi. Per quanto riguardava i rapporti tra loro, il comandante non considerava Heinz un amico nel vero e proprio senso della parola; anzi, se un giorno avesse provato il desiderio di cercare degli amici a bordo, una cosa per lui enormemente complicata, Heinz non ne avrebbe certamente fatto parte. Tuttavia provava stima per quell’uomo, e una buona dose di rispetto.
Dopo un lungo minuto di silenzio, il comandante chiese: — Voleva dirmi qualcosa, Heinz?
— Sì, avevo una domanda da farle, comandante.
— Forza allora.
— Ultimamente mi sono chiesto se c’è qualche problema con Noelle.
Il comandante fece di tutto per non mostrare il minimo cambiamento di espressione. — Problema di che genere?
— Mi è parsa molto tesa in diverse occasioni, insolitamente preoccupata.
— Noelle è una persona complessa in una situazione complessa.
— Il che è vero per ognuno di noi — replicò Heinz con disinvoltura. — Ciononostante, Noelle sembra diversa, ultimamente. Pareva sempre così serena… quasi una santa, se mi concede questa definizione. Be’, questa serenità è andata perduta. Da quando ha cominciato a giocare a Go con noi non è più la stessa. Il suo volto è sempre molto tirato, adesso, e i suoi movimenti troppo nervosi. Gioca a Go con un’intensità tanto strana e indescrivibile da lasciarci tutti perplessi. E fa di tutto per vincere.
— Il fatto che vinca la mette a disagio?
— Mi mette a disagio il fanatismo che mostra. Anche Roy vinceva sempre, ma lui giocava tanto bene da vincere praticamente senza sforzo. Noelle gioca a Go come se fosse questione di vita o di morte.
— Forse per lei lo è — ribatté il comandante.
La sensazione che il comandante cercasse in ogni modo di sfuggire a quella conversazione infastidì parecchio Heinz. Quelle ripetizioni, quelle chiusure, rappresentavano il tipico modo di rispondere del comandante e nessuno vi faceva più caso, ormai. E comunque non avevano mai infastidito Heinz più di tanto fino a quel momento.
— Insomma, comandante — concluse Heinz — secondo me Noelle è molto vicina al punto di rottura. Non ho idea dei motivi, ma credo che sia importante richiamare la sua attenzione in proposito.
— Bene. La ringrazio.
— Noelle è sottoposta a una tensione maggiore del resto dell’equipaggio. Non vorrei vederla precipitare in qualche tipo di crisi.
— Neppure io, Heinz. Glielo assicuro.
Seguì un attimo di silenzio imbarazzato. Finalmente, Heinz disse: — Se fosse possibile scoprire cosa la infastidisce tanto e confortarla in qualche modo…
— Apprezzo molto i suoi riguardi — replicò con durezza il comandante. — La prego di credermi quando affermo di considerare Noelle uno dei membri più importanti della spedizione. Sto facendo tutto ciò che posso per preservarne la stabilità psichica,
— Tutto ciò che può?
— Tutto ciò che posso — ripeté il comandante con un tono che chiudeva inequivocabilmente la conversazione.
Noelle sognava di vedere. Una grande luce l’avvolse completamente, fenomenali cascate di brillante chiarore, poi lei aprì gli occhi, si mise a sedere, si guardò intorno con timore e meraviglia e cominciò a dire a se stessa: “Questo è un tavolo, questa una sedia, queste le mie statuette e quello dev’essere il mio riccio di mare”. Contemplò ogni cosa, stupita della sua bellezza. Infine si alzò e mosse in avanti, brancolando e incespicando sulle prime, per poi guadagnare magicamente equilibrio e contegno a mano a mano che imparava a camminare in quel nuovo modo, a valutare la posizione delle cose non tramite echi e correnti d’aria ma grazie semplicemente al miracoloso uso della vista. Una ridda di pensieri le affollò la mente. Camminò nella sua cabina prendendo in mano diversi oggetti, strofinandoli, collegando la loro forma all’aspetto e il modo familiare con cui sentiva gli oggetti alle loro caratteristiche, ora percepibili grazie a quel nuovo senso miracolosamente ritornato. Poi lasciò la sua cabina e si addentrò nei corridoi, scoprendo i volti dei suoi compagni di viaggio. Intuitivamente capì subito chi erano. “Lei dev’essere Roy, lei Sylvia, lei Heinz e lei il comandante.” Il loro aspetto era, con sua sorpresa, molto simile a quello che aveva immaginato. Roy robusto e rubicondo, Sylvia fragile e sottile, il comandante magro e fiero, Heinz bello e sempre sorridente, e così via con Elliot, Marcus, Chang, Julia, Hesper, Giovanna e gli altri, tutti mollo simili a ciò che si aspettava. Tutti bellissimi. Poi si avvicinò alla vetrata di cui tutti parlavano, quella che mostrava il non-spazio, e guardò fuori, immergendosi in quel celebrato grigiore. Sì, sì, la scena che vedeva attraverso la vetrata era precisamente come la descrivevano: un cosmo di meraviglie, un miracolo composto di complesse e pulsanti sfumature, livello dopo livello di incandescenti riverberi in rapido allontanamento verso il margine di quell’universo senza limiti. Non c’era nulla da vedere, e al contempo c’era tutto. Per circa un’ora contemplò, totalmente concentrata, quel marasma di energia increspata, dandoglisi completamente e assorbendolo dentro di sé. E poi, proprio mentre il momento culminante dell’illuminazione tanto cercata in quell’ultima ora stava per venire a lei, si accorse che qualcosa non andava. Yvonne non era lì. Noelle la cercò con la mente, ma non la trovò. Provò di nuovo, ma nulla da fare. Nessun contatto. Non riusciva a trovarla. In quel momento, comprese di aver rinunciato ai suoi eccezionali poteri telepatici in cambio del dono della vista.