“Bene, e allora così sia, mi dissi. Tu sei un essere imperfetto che prova a seguire la via della perfezione, e quindi è del tutto normale che si presentino molti problemi prima del risultato finale. Io ho fatto del mio meglio, viste le limitazioni intrinseche del materiale con cui dovevo lavorare, e resto convinto che l’esperienza di Lofoten mi abbia avvicinato a ciò che sto cercando molto più di qualunque altra cosa abbia fatto in passato. Ma guardati adesso! Coraggio, guarda! Dov’è finita la mia inattaccabilità? Dov’è finita la liberazione dalla schiavitù degli scopi?
“Perché io voglio far parte della squadra che scenderà sul pianeta A.
“Lo voglio disperatamente. ’Disperatamente’.
“Sento montare dentro di me un’eccitazione irrefrenabile a mano a mano che ci avviciniamo a quel pianeta. Giorno e notte, la sento montare: nelle mie dita, nella mia gola, nel mio torace, nei miei occhi. Un nuovo mondo! ’Il’ nuovo mondo, per quanto ne sappiamo. Se questo è davvero il luogo dove ci stabiliremo, allora le prime persone a porvi piede diverranno figure leggendarie per secoli e secoli a venire, mitici eroi, figure divine. Davvero voglio che i miei discendenti mi considerino un eroe leggendario? Apparentemente sì. Oh, Lofoten, Lofoten, non sei mai stata così lontana, materialmente e spiritualmente! Tutti quei salutari bagni nei laghi gelati, le corse nei campi innevati, i digiuni, la meditazione, il concentrarsi sulla luce bianca e risplendente… ed eccomi qui, affamato di gloria. Quanto è stupido tutto questo, quanto è riprovevole, quanto è assurdo. Eppure è innegabile: io voglio far parte della squadra di esplorazione.
“Il che significa che devo trovare qualcuno disposto a subentrarmi come comandante. Ma chi? Chi? Finora nessuno si è fatto avanti. Nessuno sembra interessato al comando. Tutti sembrano felici di lasciarmi al mio posto. Che branco di pecore, tutti loro, e nessuno vuol fare il pastore al mio posto. Avrei dovuto pensarci, quando accettai di ricoprire l’incarico di comandante per il primo anno. Ma forse l’ho fatto: forse mi limitai a considerarla un’altra preziosa esperienza. Comandare un’astronave interstellare: qualcosa di utile, di affascinante. E forse sono giunto persino a pensare alla grande crescita spirituale che avrebbe comportato l’eventuale rinuncia a far parte di una squadra di esplorazione. Io sono certamente in grado di pensare a simili idiozie. Bene, l’ho fatto: e adesso mi ritrovo intrappolato.
“Noelle mi ha detto che le difficoltà di contatto con Yvonne sono lentamente scomparse nelle ultime settimane, cioè da quando ci siamo inoltrati in questo nuovo settore di spazio. Forse la teoria delle ’macchie solari’ era corretta, e qualche tipo di energia locale interferiva davvero nella comunicazione telepatica tra le due sorelle. Vedremo. Perlomeno la nostra missione conosce degli sviluppi positivi, e questi sono sempre i benvenuti. Tuttavia, Noelle continua ad apparire stranamente tesa e silenziosa. Siede giorno e notte nella sala comune giocando a Go come se fosse la cosa più importante del mondo, accettando ogni sfida e vincendo con la più grande facilità. Che mistero, quella ragazza! In questa astronave dallo strano equipaggio, lei è sicuramente la più strana di tutti.
“Se Paco non ha sbagliato i suoi calcoli, dovremmo ormai trovarci a qualche giorno di distanza dal pianeta A. Vista l’incertezza della mia situazione, sono quasi propenso a sperare che si tratti di un pianeta tanto ostile e inadatto alla vita da rendere superfluo qualsiasi tipo di ricognizione a terra. Ma mi rendo conto che si tratta di una pura e semplice idiozia. Dieci a uno che la squadra verrà inviata, e che certamente ne faranno parte Huw e Innelda. E io? Immagino che la mia presenza sia ancora dubbia. Il terribile timore di non poter andare è una buona misura del fallimento della mia ricerca interiore, dell’intero periodo di Lofoten; anzi, il mio livello di ansietà in proposito è quasi imbarazzante.
“Quello che devo fare adesso è riunire l’equipaggio e tenere questa maledetta elezione. E sistemare questa faccenda, in un modo o nell’altro, prima di perdere il poco rispetto per me stesso che ancora mi rimane.”
9
— Il regolamento stabilisce che basta la maggioranza semplice per procedere alla nomina — disse il comandante. — Questo, naturalmente, si applica nell’eventualità che vi sia più di un candidato. In ogni caso, il candidato eletto deve ricevere almeno il trentatré per cento dei voti. Bene. I candidati possono ora farsi avanti.
Come sempre accadeva quando tutto l’equipaggio si riuniva, la gente era ammassata nel corridoio del ponte principale e negli ambienti attigui, lasciando al comandante solo un minimo spazio per parlare. Lui era in piedi contro la paratia grigia che chiudeva il corridoio a prua. Da lì poteva guardare in faccia tutti coloro che aveva davanti. Il suo sguardo esplorò la folla passando da Leon a Elliot, a Huw, poi Giovanna, Sylvia, Natasha, David, Marcus, Zena, Heinz…
Nessuno però diceva nulla.
Chang e Roy, Noelle ed Elizabeth, Paco, Hesper, Marcus, Bruce, Jean-Claude, Edmund, Althea, Leila, Imogen, Charles. Il comandante guardava negli occhi tutti quanti, ricevendo in risposta solo sguardi inespressivi.
— Il mio mandato scade tra cinque giorni — esortò, ben sapendo di non dare certo una notizia inedita. — Allora, chi vuole succedermi si faccia avanti.
Un oceano di gente a disagio. Imbarazzo, occhiate sfuggenti, silenzio.
— Io propongo Leon — disse finalmente Paco.
— Rifiuto — replicò Leon quasi senza lasciarlo finire, sussultando all’idea di dover parlare. — Non posso fare il medico di bordo e il comandante allo stesso tempo.
— E perché? — chiese il comandante. — Avere una responsabilità non impedisce certo di assumersene altre.
— Per me sì — replicò Leon con lo sguardo torvo. — Non posso fare il comandante. Di conseguenza, devo rifiutare.
— Va bene. C’è qualcuno disposto a farsi avanti?
I suoi occhi cominciarono di nuovo a vagare tra la gente. Innelda, Sieglinde, Julia, Giovanna, Michael, Celeste, Chang, Elizabeth, Hesper, Marcus, Paco, Heinz, Imogen, Zena…
Uno qualsiasi. Uno qualsiasi.
Fu Elizabeth a rompere il lungo, imbarazzato silenzio. — Io propongo che lei, comandante, succeda a se stesso.
Il comandante chiuse gli occhi per un attimo. Eccolo, il colpo basso che si aspettava. — Io ho deciso di non ripresentarmi — rispose, obbligandosi a mantenere la calma.
— Nessuno è più qualificato di lei.
— Sono certo che non è così. Ne sono certo. Ripeto che non ho alcuna intenzione di restare in carica un altro anno.
Si guardò intorno di nuovo, stavolta vagamente disperato. Nessuno parlava. Un dubbio atroce gli attraversò la mente: si erano messi tutti d’accordo per obbligarlo a restare? Ma lui non glielo avrebbe permesso, no. Non potevano averla vinta.
— E va bene — disse allora. — Procederò io a nominare i candidati. Il regolamento non mi vieta di farlo, sapete?
Questo suonò decisamente inaspettato. Tutti si scambiarono delle attonite occhiate, assumendo un’aria inquieta. Nessuno gli stava più di fronte, tranne Noelle che evidentemente non temeva affatto di essere scelta come candidato.
— Heinz — disse il comandante. — Io candido lei, Heinz.
Freddo come sempre, Heinz replicò: — Ah, comandante, sa anche lei che è una pessima idea.
— Intende quindi rifiutare?
Heinz rispose con un’alzata di spalle. — No, no, farò il candidato, se proprio vuole. Ma chiunque voti per me è pazzo da legare.