— Ci sono altri candidati? — chiese il comandante, — Se non vi sono altri candidati, possiamo procedere con la votazione. — Di nuovo, li guardò a uno a uno, quasi implorandoli. Heinz era un candidato impossibile, e certamente lo sapevano tutti. Aveva fatto il suo nome solo per lanciare una provocazione, per smuovere le acque. Ma cosa avrebbe fatto se tutti avessero continuato a tacere? Poteva permettere che il comando andasse a uno come Heinz?
Il salvataggio arrivò in modo del tutto imprevisto. Fu lo stesso Heinz che propose, con un sorriso maligno: — Per me, l’unica a poter assumere il comando è Julia.
Qualcuno ridacchiò per la sua audacia; tuttavia, il comandante si aspettava una cosa del genere da Heinz, un giorno o l’altro. Gli occhi di tutti si spostarono verso Julia. Heinz l’aveva presa alla sprovvista. Il suo volto grazioso appariva rosso come un peperone.
— Julia, intende accettare? — le chiese il comandante.
Sebbene confusa, esitò solo per un istante. — Sì, io… accetto.
Il comandante provò un’ondata di sollievo. L’avrebbe amata per quello, si disse. — Grazie, Julia — disse, cercando di suonare distaccato come sempre. — Vi sono altri candidati? Oppure qualcuno vuole proporre la mozione di chiusura delle candidature?
Combattuto sino alla fine, Paco disse: — Io candido Huw.
— Rifiuto — replicò Huw all’istante. E poi, velocemente: — Io candido Paco.
— Che carogna — commentò amabilmente Paco, e tutti risero. Tutti tranne il comandante, che vedeva l’elezione degenerare in farsa e non lo gradiva affatto. Guardò nuovamente i suoi compagni, cercando di zittire la risata che ancora scuoteva nervosamente il gruppo. Poi il suo sguardo si posò su Noelle. Era la sola persona tranquilla, in quel momento. Come sempre, era in piedi da sola, con espressione serena e impassibile come se assistesse a quella riunione solo fisicamente e la sua mente vagasse su qualche lontano pianeta. E forse era vero. Molto probabilmente stava parlando con Yvonne, raccontando ciò che stava accadendo con l’elezione del nuovo comandante.
— Paco, non rifiuta la sua proposta a candidato? — chiese il comandante.
— Certo che no. Anzi, credo proprio che voterò per me stesso.
Il comandante si sforzò di sopprimere la rabbia. — Abbiamo tre candidati, dunque — dichiarò con tono forzatamente ufficiale. Se fossero diventati più di tre, si disse, sarebbe stato difficile raggiungere il quorum del trentatré percento, i diciassette voti validi per procedere alla nomina. — Qualcun altro vuole intervenire?
— Intervengo io — disse Elizabeth. — Per dire che è ora di votare.
— Approvato — fece eco Roy.
Avrebbero votato notificando al computer di bordo la loro scelta. Il comandante li osservò mentre si mettevano in coda davanti ai terminali, svolgendo qualche veloce calcolo mentale. Le donne, si disse, avrebbero votato quasi certamente compatte per Julia, non solo perché era una donna ma perché non si fidavano dei modi estrosi e irriverenti di Heinz e guardavano con generale ostilità il grezzo atteggiamento di Paco verso la maggior parte delle faccende di qualche importanza. E, con tutta probabilità, anche molti uomini la pensavano così. Pertanto, Julia sarebbe diventata il nuovo comandante. Non era un cattivo risultato. Julia era una persona tranquilla ma decisa, certamente in grado di ricoprire degnamente quell’incarico. Con la sua irriverente ironia, Heinz gli aveva fatto un gran favore: per lui poteva solo provare gratitudine. Ma la maggiore gratitudine andava naturalmente a Julia, che aveva accettato di candidarsi nonostante il pesante carico di lavoro che le dava in quel periodo il controllo della propulsione nel non-spazio. Era per lui che lo faceva, si disse. Doveva aver intuito, nonostante lui non gliene avesse mai parlato, quanto era ansioso di lasciare il comando e di partecipare all’esplorazione del pianeta A.
La votazione richiese solo pochi minuti. Il comandante, che fu l’ultimo a votare, diede il suo voto a Julia.
— Bene — disse, alzando lo sguardo verso la griglia da cui emergeva la voce elettronica del computer. — Adesso il risultato, grazie.
E il computer riferì che Julia aveva ricevuto cinque voti, Heinz due, Paco uno. Astensioni: quarantadue.
Per un istante il comandante rimase allibito. Cercò di parlare, ma per un momento non vi riuscì. Poi in qualche modo l’addestramento di Lofoten gli tornò alla mente e disse, quasi calmo: — Si direbbe proprio che non abbiamo raggiunto il quorum.
— Cosa facciamo adesso? — chiese Zena. — Votiamo di nuovo?
— No. Sarebbe inutile — commentò lentamente il comandante con durezza. Li guardò in faccia a uno a uno, lottando per sopprimere la rabbia che sapeva di non poter esprimere apertamente. — La vostra posizione è più chiara di quanto non sembri. Nessuno di voi vuole fare il comandante.
— Vogliamo che “lei” continui a fare il comandante — gridò Elizabeth.
— Già. Già. Questo in qualche modo l’avevo capito. Grazie. Grazie mille!
Alcuni lo guardarono preoccupati. Stava lasciando trapelare la sua rabbia, pensò.
— E va bene — disse, — L’elezione non ha portato ad alcun risultato. Mi arrendo alla vostra apparente volontà. Resterò in carica un altro anno ancora.
Nel loro posto segreto del magazzino, Julia tentò di consolarlo dall’amaro risultato delle elezioni. Ma, grazie all’addestramento di Lofoten, il comandante aveva già superato la crisi riconciliandosi con se stesso per l’impossibilità di scendere sul pianeta A. Ci sarebbero stati altri mondi da visitare oltre quel primo pianeta e un giorno o l’altro non sarebbe più stato comandante e avrebbe potuto unirsi alle squadre che li avrebbero esplorati. Oppure, era proprio quello il pianeta su cui si sarebbero stabiliti, e quindi lo avrebbe visto e studiato in breve tempo. In ogni caso, non c’era ragione di rimanere in collera. E quindi, il comandante accettò felicemente il conforto del corpo di Julia, dei suoi seni, delle sue labbra, delle sue cosce e del caldo rifugio che si trovava tra di esse, rifiutando però dolcemente qualsiasi tipo di consolazione verbale. Tuttavia, pensò bene di dirle quanto le era grato per aver accettato la candidatura al solo scopo di consentirgli di far parte della squadra di atterraggio. Ciò di cui si guardò bene dal parlare fu quella sensazione molto simile all’amore provata per lei quando aveva accettato la candidatura. Si trattava, comprese in seguito, non di vero amore ma di un caldo impulso di gratitudine. Amore e gratitudine sono cose diverse: uno non si innamora di un altro semplicemente per dei favori ricevuti. Julia gli piaceva, certo; per lei nutriva attrazione e rispetto, e sicuramente amava tutto ciò che accadeva tra loro nell’intimità della loro piccola alcova. Tuttavia non pensava affatto di amarla, e non gli pareva il caso di complicare con discorsi illusori la loro relazione.
Dal canto suo Noelle, estranea alle cose del mondo come sembrava sempre, mostrò una sorprendente comprensione del significato di quella rielezione e dell’effetto che aveva su di lui. — Lei è terribilmente deluso, vero? Ora non potrà più far parte della missione esplorativa — disse il giorno dopo, quando si trovarono da soli per la trasmissione del mattino.
— Deluso, già. Ma non per forza “terribilmente”. Far parte di quella missione era uno dei miei obiettivi, tuttavia sopravviverò anche restando a bordo.
— Le spiace davvero fare il comandante per un altro anno?
— Mi spiace solo di non poter lasciare l’astronave. Restare in carica un secondo anno non mi dà particolarmente fastidio; è una responsabilità che accetto semplicemente come qualcosa che devo fare.
Si voltò verso di lui, trovando i suoi occhi con quella precisione che sembrava negare la sua cecità. — Se qualcun altro fosse stato eletto comandante — disse — io e lei non ci saremmo più incontrati in questo modo. Julia, Paco o Heinz mi avrebbero dettato i messaggi da inviare sulla Terra.