— Per questa missione servono tre volontari — disse. — Huw, è ancora convinto di voler assumere il comando della squadra?
Con un largo sorriso, Huw replicò: — Lei mi ha appena convinto a fare il mio dovere sino in fondo, amico mio.
— Innelda — chiamò quindi il comandante. — Lei si offre volontaria per scendere laggiù?
Innelda, una donna dagli occhi a mandorla slanciata e imperiosa, non venne presa alla sprovvista più di Huw da quella richiesta. Tutti a bordo erano addestrati ad analizzare dei possibili ambienti alieni e a reagire alle insidie che quegli ambienti potevano presentare: le loro vite potevano dipendere, in ultima analisi, dalla razionalità con cui affrontavano delle situazioni ignote. Tuttavia, le conoscenze di Innelda in quel campo non erano solo parte dell’addestramento, ma costituivano la sua specializzazione scientifica.
— E infine — aggiunse il comandante, suscitando grande attesa da parte di tutti per il nome del terzo prescelto — dato che mi sembra necessario saperne di più sulla vita animale e vegetale di questo pianeta, ho deciso di integrare la squadra con un esperto biochimico. Il suo compito sarà di stabilire se l’organismo umano potrà alimentarsi con le piante e gli animali presenti sul pianeta o se sarà necessario creare delle fonti di cibo alternative, manipolando geneticamente ciò che abbiamo portato dalla Terra. — Il suo sguardo si fermò su Giovanna. — Questo è il suo campo, immagino. Vuole scendere laggiù con gli altri, Giovanna?
La reazione generale fu di attonita sorpresa. Non perché aveva chiesto a un biochimico di scendere sul pianeta A con gli altri, dato che Giovanna era qualificata come il comandante per occupare il terzo posto, ma perché l’aveva chiesto a un’altra donna. Tutti, ormai, avevano sentito e discusso la tesi di Paco sull’inopportunità di rischiare la vita di possibili madri nell’esplorazione di pianeti sconosciuti, e ora il comandante si accingeva a mandare sul pianeta A non una sola donna ma due, cioè l’otto per cento della parte femminile dell’equipaggio. Si trattava forse di un velato rimprovero a Paco? Oppure il comandante concordava pienamente con Paco e quello era il suo modo di far capire loro che la forzata rielezione lo obbligava a mandare Giovanna?
Nessuno lo sapeva e nessuno aveva intenzione di chiederlo, anche perché, chiaramente, il comandante non aveva alcuna intenzione di rispondere. La scelta era caduta su Huw, Innelda e Giovanna e loro avevano accettato, per cui sarebbero scesi. Huw e Giovanna, ricordarono alcuni, stavano insieme all’inizio del viaggio ed erano rimasti buoni amici: senza dubbio avrebbero lavorato bene. Perlomeno, la loro scelta incontrò il favore generale.
Ciò a cui il comandante dedicava i suoi pensieri, comunque, era il fatto di rischiare la vita senza prezzo e insostituibile di tre membri del suo equipaggio. Uomini o donne, non faceva alcuna differenza: lui non voleva perdere nessuno, ma ormai bisognava rischiare, e personalmente odiava quell’idea. L’unica, quindi, era comporre la squadra esplorativa in modo tale che le eventuali perdite, se proprio dovevano verificarsi, non avrebbero messo in pericolo il proseguimento della missione.
Ormai, inviare una squadra umana era un passo necessario. Fino a quel momento, tutti i controlli effettuati sull’abitabilità del pianeta A avevano dato risultati positivi, e qualcuno doveva pur scendere per verificare di persona che tipo di ambiente vi regnava. Tuttavia, i primi a scendere potevano anche non tornare più. Esisteva sempre la possibilità che una sorpresa orribile e persino fatale attendesse i primi esseri umani che vi ponevano piede. Volendo, in effetti, anche il viaggio sulla navetta di esplorazione rappresentava un pericolo. La navetta automatizzata che avrebbero utilizzato per l’esplorazione offriva la massima semplicità e robustezza ed era stata provata e riprovata, ma era solo una macchina. E le macchine potevano guastarsi. Alcune di esse si guastavano rapidamente, altre dopo migliaia e migliaia di ore di funzionamento, ma comunque tutte si guastavano. E un guasto in quella situazione rappresentava un evento dalla portata imprevedibile.
Un guasto, un’esplosione durante la discesa, un cattivo atterraggio, una partenza difettosa avrebbero comportato una terribile perdita, sia dal punto di vista umano che da quello della missione. Razionalmente parlando, i componenti dell’equipaggio della Wotan non erano certo facilmente spendibili, ma in quel momento alcuni risultavano più necessari di altri. Il comandante ci aveva pensato a lungo prima di effettuare le sue scelte. A bordo dell’astronave c’era una considerevole abbondanza di capacità, certo, ma diversi membri dell’equipaggio erano assolutamente indispensabili, e perderne anche uno solo sarebbe stato un brutto colpo da assorbire. Huw era uno di quelli. Nessuno meglio di lui poteva affrontare l’imprevedibilità degli ambienti alieni, ma proprio per questo doveva far parte della prima missione. Il comandante poteva solo augurarsi che Huw tornasse indietro, anche perché continuava a dubitare che quello fosse il pianeta giusto, e quindi prevedeva nuove missioni esplorative su altri pianeti. Aveva trascorso ore e ore a pensare a possibili alternative a quella scelta, ma sembrava proprio che non ne esistessero. Per contro, la perdita di Giovanna o di Innelda sarebbe stato un duro colpo, ma altri a bordo potevano svolgere i loro compiti altrettanto bene. E se una delle due donne, o tutte e due, si fosse rifiutata di scendere, aveva in mente altri cinque, sei nomi di elementi che poteva inviare senza particolari problemi pratici. Alcuni, però, non avevano mai fatto parte della sua lista. Quelli che non poteva mai rischiare in nessuna circostanza erano Hesper, Paco, Julia e Leon: Hesper perché localizzava i pianeti di tipo terrestre da esplorare, Paco perché vi dirigeva l’astronave, Julia perché faceva seguire all’astronave la rotta tracciata da Paco e Leon perché li manteneva tutti in perfetta salute, in attesa di trovare il pianeta giusto per stabilirvi la colonia. Vista l’incertezza del momento sull’abitabilità del pianeta A per gli esseri umani, era possibile che dovessero ricorrere a nuovi balzi nel non-spazio. E, senza le capacità fondamentali di quei quattro elementi, non vi sarebbe stato bisogno neppure delle capacità degli altri, l’agronomo, il supervisore della banca degli embrioni, l’ingegnere edile e via dicendo.
A bordo vi era un’altra persona non spendibile: Noelle. Il comandante considerava completamente assurda l’ipotesi di aggregarla a qualsiasi titolo a una squadra di esplorazione planetaria. “Noelle, sei un fiore raro e prezioso, sei la salvezza della Terra. Non metterei mai a rischio la tua vita, mai, mai!”
Non molto dopo, il comandante la convocò nella sua cabina. — Com’è oggi la qualità del contatto?
Negli ultimi tempi la strana interferenza andava e veniva, presentandosi o scomparendo senza alcuna ragione apparente. In ogni caso, sembrava non riguardare la loro posizione nello spazio o la prossimità di certi tipi di stelle.
Quello era uno dei giorni migliori, gli riferì subito Noelle.
— Bene — disse lui. — Invii subito il messaggio, allora. Faccia sapere alla Terra che stiamo per effettuare il nostro primo atterraggio su un pianeta. Dica loro di incrociare le dita. E che preghino, se ricordano ancora come si fa. E, se non lo ricordano, che consultino qualche vecchio libro di preghiere.
Sembrava che Noelle non avesse capito cosa intendeva.
— Preghiere?
— Oh… sono suppliche alle forze universali per ottenere qualche favore — spiegò. E poi: — Non importa. Si limiti a dire loro che stiamo per inviare tre persone sul pianeta A per verificare se si tratta davvero di un posto sul quale possiamo vivere.
Per Huw, quello era il grande momento della sua carriera, il momento in cui avrebbe preso possesso della scena per mantenerlo. Stava per diventare il primo essere umano a porre piede su un pianeta di tipo terrestre orbitante in un altro sistema solare.